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Vita religiosa, militanza politica clandestina, intensa attività letteraria. Un trittico in cui le parti, apparentemente inconciliabili, sono l’essenza di una sola donna, Enrichetta Caracciolo.

Monacazione forzata

Siamo nel 1840, una giovane donna napoletana, viene indirizzata, senza alcuna possibilità d’opposizione, alla vita claustrale. Enrichetta Caracciolo è la quinta di sette figlie, sorelle di sventura, destinate quasi tutte alla monacazione forzata. Enrichetta è vittima delle leggi del suo tempo, non tutelata dal Codice civile che consentiva ai genitori di rinchiudere le proprie figlie in istituti religiosi. A soli 19 anni, la giovane Caracciolo, per scelta, probabilmente inconsapevole, della madre Teresa, si ritrova novizia nel convento benedettino di San Gregorio Armeno a Napoli, primo tassello di una vita infelice. Nel 1841 Enrichetta prende i voti, sigillando il suo legame con la vita monastica.

Quella che, a tutti gli effetti, può sembrare una storia di monacazione forzata, come tante altre, di cui la letteratura e la storia sono piene, è in realtà un mosaico di testimonianze contraddittorie ed interessanti.

L’abito monacale è per Enrichetta una vera prigione che limita e controlla le sue spinte rivoluzionarie. Un primo tentativo di liberarsi dai vincoli monacali avviene nel 1846, quando Enrichetta presenta la prima istanza per lo scioglimento dei voti al pontefice Pio IX. Tutti i tentativi però di sottrarsi a questo non desiderato destino, sono ostacolati dall’arcivescovo di Napoli, Riario Sforza. Soltanto nel 1848 riuscì ad ottenere l’autorizzazione e si trasferì al Conservatorio di Costantinopoli. Nonostante fosse ormai lontana dal suo acerrimo persecutore, questi riuscì ugualmente a condizionare la permanenza della giovane nel nuovo rifugio. Unica lieve consolazione per Enrichetta era la consuetudine a comporre lettere e diari in cui dar voce ad un’indole repressa. Riusciamo facilmente ad immaginare come questa vita fatta di privazioni abbia condizionato la psiche della donna fino infatti a condurla ad una costante nevrosi.

Enrichetta Caracciolo
Enrichetta Caracciolo

Per quanto possibile però, la malattia ebbe risvolti positivi. La Caracciolo ottenne nel 1849, il permesso di rompere la clausura e grazie all’intercessione della madre Teresa nel 1851 lasciò il Conservatorio di Costantinopoli.

L’impegno politico della Caracciolo

La vita di Enrichetta Caracciolo è però un collage di esperienze, opposte ma fondamentali per la formazione della giovane donna. Lasciandosi alle spalle, momentaneamente, un difficile passato fatto di costrizioni ed infelicità, Enrichetta assapora la possibilità di essere finalmente libera. Viene accolta dalla sorella Giulia, più giovane di lei di quattordici anni, e si trasferisce a Capua. Sarà proprio Giulia ad iniziarla politicamente, introducendola nei circoli massonici. In maniera imprevedibile la religiosa divenne il tramite per un gruppo politico repubblicano. Ma la militanza politica clandestina della donna non sfuggì alla polizia borbonica. Così i fantasmi del passato si ripresentarono alla porta di Enrichetta Caracciolo, per condurla, forzatamente, al Ritiro di Mondragone.

La testimonianza

Il Ritiro di Mondragone è uno dei tasselli fondamentali nella vita di Enrichetta. Schiacciata da una storia che sembra ripetersi o addirittura peggiorare, la monaca infelice consegna la sua testimonianza ad una singolare autobiografia. Nel 1864 l’editore Barbera pubblica le memorie della donna con il titolo “Misteri del Chiostro napoletano”. Il libro è la culla di tutte le esperienze vissute e subite da Enrichetta.

Fulcro centrale è la permanenza a Mondragone descritta come una tetra prigione in cui la donna avrebbe subito diverse pressioni dal direttore ecclesiastico e dalla priora. La testimonianza della donna deve ovviamente essere contestualizzata e bisogna tener presente che queste memorie rappresentavano l’unica valvola di sfogo per una vita di pressioni e pregiudizi. E’ possibile però che la scrittura abbia salvato Enrichetta, che negli anni di Mondragone fu presa a tal punto dall’inquietudine da tentare addirittura il suicidio.

In occasione dello sbarco in Sicilia di Garibaldi, nel 1860, Enrichetta raggiunge clandestinamente Napoli. Il sigillo infelice che la legava alla vita monastica si scioglie definitivamente. La Caracciolo si libera finalmente del velo. Muore a Napoli il 17 marzo 1901, lasciando a noi un esempio di vita singolare.

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