Inquisizione
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L’Inquisizione è stato il nome affidato ad un tribunale della Chiesa Cattolica, il quale aveva come scopo quello di indagare sulla ortodossia della fede da parte dei credenti.

Tuttavia da parte di questo organo furono perpetrati delitti e persecuzioni a danno di chiunque non solo si discostava dalle parole del Papa, unica autorità riconosciuta, ma anche su chi poteva rappresentare una minaccia si sotto il punto di vista economico o politico, ma sopratutto ideologico.

Il simbolo dell’Inquisizione

La nascita dell’Inquisizione

Per quanto riguarda la nascita di una struttura di potere così enorme è bene fare una precisazione. Il reale inizio si avviò nel medioevo, nella seconda metà dell’anno 1100, quando venne ratificato nel Concilio Lateranense III e formalizzato nella bolla Ad abolendam un principio secondo il quale era possibile accusare ed avviare processi per eresia nei confronti di chiunque, anche in assenza di testimoni.

Fra i numerosi delitti commessi, l’Inquisizione si macchiò dell’omicidio di numerose giovani donne, definite “streghe”

Successivamente è possibile periodizzare il periodo dell’Inquisizione attraverso fasce geografiche. Hanno infatti date di nascita diverse quella medioevale, già accennata precedentemente (presente in Francia e nel Sacro Romano Impero), quella romana, e quella voluta dai regnanti “cattolicissimi” di Portogallo e Spagna.

Il vasto (ed embrionale) impero spagnolo di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona vide la nascita di quest’organo nel 1478. Le ripercussioni in Italia, allora divisa tra potentati locali e giurisdizioni estere, furono varie. Come infatti Sardegna e Sicilia accettarono il tribunale di buon grado, a Napoli la situazione fu differente.

La rivolta di Napoli contro l’Inquisizione

Ancora oggi questa storia è presente nei mille segnali che la città offre, nella Certosa di San Martino infatti è possibile ammirare una lapide con un’incisione:

“Ai popolani di Napoli che nelle tre oneste giornate del luglio MDXLVII, laceri, male armati e soli d’Italia francamente pugnando nelle vie, dalle case contro le migliori armate d’Europa tennero da sé lontano l’obbrobrio della Inquisizione Spagnola imposta da un imperatore fiammingo e da un papa italiano e provarono anche una volta che il servaggio è male volontario di popolo ed è colpa dei servi più che dé padroni“

La lapide che recita la celebre frase e che racconta della rivolta tra napoletani e il potere che voleva introdurre il Tribunale dell’Inquisizione è presente nella Certosa di San Martino

Umberto Folieta, nella sua opera “I moti di Napoli sotto Pietro di Toledo”, racconta gli eventi che portarono alla rivolta.

Un crescente sentimento di ostilità della nobiltà napoletana confronti del viceré Pietro di Toledo, portò ad una proposta dell’arcivescovo di Napoli Ranuccio Farnese al Papa: alla città serve l’Inquisizione o si rischia un focolaio di eresia. Era questo il contenuto del messaggio, la motivazione era però un’altra: il potere costituito aveva l’intenzione di sfruttare un aiuto esterno per far tacere gli oppositori.

In un periodo, il ‘500, dove la cultura era per gli eletti ed i veri fulcri cittadini risiedevano nelle ville private della nobiltà e nelle corti, un personaggio attirava la curiosità dei nobili partenopei: Giovanni de Valdés, il quale, pur essendo cattolico, discuteva su dei principi della nascente cultura luterana.

Un personaggio del genere non veniva ben visto dal viceré, il quale, in un colloquio con il re Carlo V durante la sua permanenza a Napoli, dichiarò che le discussioni teologiche potevano rappresentare un pericolo per la sovranità del territorio. Il sovrano asburgico temendo la veridicità di queste affermazioni iniziò ad introdurre restrizioni sempre più stringenti: nel 1536 con un editto proibì ai sudditi la frequentazione ed il commercio con chiunque fosse considerato eretico, pena la morte.

Dieci anni più tardi fu richiesto dalle autorità napoletane un “commissario” papale, che potesse istituire un Tribunale del Santo Ufficio nel territorio.

Le prime sommosse iniziarono qui, coinvolgendo tanto i popolani quanto la nobiltà: Napoli non voleva piegarsi all’istituzione di un organo che arbitrariamente avrebbe deciso quando, chi e come torturare i cittadini per poi condurli all’esecuzione pur di consolidare un potere.

Pietro da Toledo era deciso a sedare la rivolta nel sangue, utilizzò truppe di fanteria, cavalleria ed artiglieria per riuscire nel suo intento ma i moti continuarono.

Dopo duemila vittime, i rivoltosi ottennero la loro vittoria: un Tribunale dell’Inquisizione non si sarebbe mai insediato a Napoli. Tuttavia è necessario specificare un termine preciso.

Secondo molte definizioni la differenza sostanziale tra “rivolta” e “rivoluzione” risiede nell’esito. È definita una “rivolta” quando il potere rimane in piedi, una “rivoluzione” quando invece sono i ribelli a prendere il sopravvento.

In questo caso si utilizza il primo termine dal momento che, seppur i napoletani ottennero uno strepitoso trionfo nel riuscire a non far insidiare l’Inquisizione ed i loro rappresentanti nella loro terra, Pietro da Toledo rimase al potere e consolidò il suo rapporto con l’imperatore Carlo V ed i processi per eresia continuarono a mietere vittime, talvolta innocenti.

Fonti:

Luglio 1947, Napoli insorge contro l’Inquisizione spagnola di Giovanni Mottura

La Santa Inquisizione in Italia di Simone Valtorta

Umberto Folieta e “Storia dei tumulti napoletani”

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