Napoli festeggiava la fine dell’estate con il giorno della ‘Nzegna, che era un vero e proprio rituale da celebrare ogni ultima domenica di agosto con una giornata fatta di chiasso, scherzi e bagni in mare. E addirittura la festa finiva con una sfilata in costume.
Il divertimento numero uno degli scugnizzi, però, era quello di prendere di peso e lanciare in acqua i passanti più innocui e i turisti che passavano dalle parti di Santa Lucia.
Alle origini della ‘nzegna, un rituale borbonico nella Napoli moderna
La festa, che ha chiare origini pagane e un po’ si riallaccia al rituale del bagno di notte che si faceva a San Giovanni a Mare. La festa è in questo caso legata ai marinai e alla tradizione marinaresca del borgo luciano: gran parte degli ufficiali e dei marinai borbonici venivano infatti dal quartiere alle spalle di Palazzo Reale e gli stessi monarchi borbonici erano assidui frequentatori di Santa Lucia.
Prima del bagno a mare, però, c’era una lunga giornata di divertimenti con tanto di festa in maschera: nel primo pomeriggio, infatti, un ragazzo si vestiva da “pazzariello“, che era l’annunciatore del corteo che iniziava a Largo di Palazzo, l’attuale Piazza Plebiscito. Durante il percorso, che giungeva fino al lungomare, una folla sempre più ampia accompagnava due popolani travestiti da Ferdinando di Borbone e Maria Carolina d’Austria, che si affacciavano poi al balcone di un edificio e fingendo di parlare da Palazzo Reale, oppure addirittura costruendo un finto baldacchino con tanto di cortigiani, nobili e altri dignitari impersonati da popolani travestiti per un giorno da gran signori, prima di finire tutti in acqua al grido di “Guardate ca nun saccio nuotà!“.
Si dice che Ferdinando I e Ferdinando II si divertissero ad assistere ai cortei, unendosi ai cori del popolo fra scherzi e battute verso i finti regnanti.
Il nome ‘nzegna, dalla Sicilia ai tuffi di Re Ferdinando
Come tutti gli eventi popolari, anche attorno alla nzegna ci sono numerose leggende. C’è infatti chi lega l’origine della parola all’ “insegna“, ovvero le insegne colorate applicate sulle barche dei luciani in festa, altri invece la legano ad una festività di origini siciliane, quelle della Madonna della Catena, che è giunta a Napoli grazie agli strettissimi contatti con Palermo. Proprio a Santa Lucia, infatti, c’è una chiesa dedicata al culto siciliano.
Secondo una ricostruzione, infatti, la festa dovrebbe ricordare il ritrovamento di una effigie della Madonna nel porto di Santa Lucia. Era il 1759 e, secondo una leggenda metropolitana, Ferdinando IV si sarebbe buttato in acqua per ringraziare la Madonna. Sembra una scena abbastanza improbabile.
Una ipotesi completamente diversa, ma non meno realistica, potrebbe essere l’interpretazione della parola “insegna” nel senso di “insegnare” a nuotare. Molti ragazzi, infatti, ricevevano il proprio “battesimo dell’acqua” durante questa festa, quando venivano gettati in mare e poi prontamente recuperati. Oppure, nel caso scherzoso, si “insegnava a nuotare” ai malcapitati passanti che venivano buttati in acqua per fare una bravata.
Non tutte le ‘nzegne finivano bene
Un articolo del Mattino del 29 agosto 1904 racconta le prevedibili brutte conseguenze dell’usanza di gettare gente in mare.
“Tranne che dai marinai è forse sconosciuta a molti napoletani la strana antica usanza del popolino di Santa Lucia, in occasione della festa così detta “d’ ‘a zegna, che ricorre il 28 agosto, giorno di Sant’Agostino. Secondo questa barbara e pericolosa usanza adunque, dall’alba all’annottare del 28 agosto tutte le persone – gli innocui in ispecial modo – che per loro sfortuna sono sorpresi dai festaiuoli sulle banchine di Santa Lucia Nuova e Santa Lucia Vecchia, sono gittati irrimediabilmente in mare!
L’anno scorso, se non andiamo errati, questa sorte toccò ad un prete, ad un militare ed a parecchi scugnizzi. Quest’anno chi ebbe la sventura di inaugurare la festa d’ ‘a zegna fu il quattordicenne Vincenzo Di Grazia. Il poveretto, verso le dieci, mentre s’indugiava sulla banchina del Borgo marinaro, a Santa Lucia Nuova, ebbe da quegli scavezzacolli un forte urtone e cadde in mare, ferendosi il capo contro una barca. Soccorso in tempo da alcuni battellieri, il poveretto fu condotto ai Pellegrini, dove ricevette le debite cure“.
L’ultima ‘nzegna
Già nel 1904 la festa fu condannata come “usanza barbara” e questo lascia ben intendere come l’opinione pubblica fosse cambiata radicalmente rispetto ai tempi dei Borbone, dove invece queste feste popolari erano ritenute una espressione folkloristica.
Gli anni ’50 del secolo passato furono quindi la pietra tombale di moltissime usanze antiche, complice anche l’età ormai avanzata degli ultimi testimoni delle feste originali e le mode diverse delle nuove generazioni. Addirittura la mitica Piedigrotta, con i suoi eccessi, stava andando incontro ad una inesorabile fine.
Nel caso della ‘nzegna, nel 1953 ci fu un incidente gravissimo: morì annegato un ragazzo. Il Comune di Napoli, in effetti, già aveva scoraggiato la festa con ordinanze sin dai primi anni del ‘900, ma l’episodio fu la goccia che fece traboccare il vaso: da quel momento la festività fu proibita con maggiore severità e, con lei, morì probabilmente l’ultima usanza borbonica trascinata per oltre un secolo dopo l’unità.
-Federico Quagliuolo
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Riferimenti:
Storia fotografica di Napoli 1892-1921, Attilio Wanderligh, 1999