La settima arte ed il teatro napoletano hanno le loro eccellenze, Totò e Peppino De Filippo, suo fratello Eduardo, Massimo Troisi e innumerevoli attori e artisti che hanno segnato un’epoca e la cultura non solo partenopea ma italiana sono ormai diventati mostri sacri e leggende di questo panorama.
Affascinante è la figura di Peppino De Filippo, noto principalmente per i suoi ruoli come “spalla“, sebbene sia eccessivamente riduttivo per il suo ruolo da collaboratore e coprotagonista, di Totò o per il personaggio di Pappagone.
Tuttavia l’attore, commediografo e comico napoletano riuscì a rubare le attenzioni della critica tanto che Indro Montanelli, notissimo giornalista e scrittore, su Giuseppe si espresse in questo modo:
“Io non sono napoletano, ma di fronte a Peppino, non so come, mi capita sempre di diventarlo.”.
La vita di Peppino De Filippo
Figlio d’arte, i suoi genitori Luisa De Filippo e Eduardo Scarpetta erano avvezzi al mondo che circondava il teatro.
Scarpetta infatti è noto per essere il più importante attore ed autore teatrale italiano nel periodo tra il XIX e XX secolo, oltre che ad essere stato fra i primi attori cinematografici italiani.
Tra i nove figli che la coppia ebbe sicuramente Eduardo e Peppino sono i più noti.
In un suo libro intitolato “Una famiglia difficile“, pubblicato poi nel 1977, Peppino De Filippo, scrive un’autobiografia dove descrive anche la sua casa di allora, sita in via Bausan con l’ingresso in via Vittoria Colonna.
Sin da piccolo si è sempre esibito finché, nel 1931, decide insieme ai fratelli di inaugurare la “Compagnia Teatro Umoristico: i De Filippo“, con la quale parte in tournée ed è un importante base di lancio per la sua notorietà.
Tredici anni dopo abbandonò la compagnia da lui stesso fondata per dissidi interni con il fratello Eduardo e decise di intraprendere la carriera da autore, senza abbandonare però la sua passione: la recitazione.
Come attore Peppino si distinse per il suo essere così eclettico, interpretando, sempre con ottimi riscontri personaggi come Arpagone nella commedia in cinque atti “L’Avaro” di Molière ed in futuro collaborerà anche con Federico Fellini che di lui disse:
“Peppino è stato senza dubbio una delle maschere più pure ed entusiasmanti della grande barca dei comici che era la Commedia dell’arte; un capocomico surreale e imprevedibile che qualsiasi teatro del mondo ci poteva invidiare tanto era particolare e seducente.”.
La quantità di opere teatrali interpretati da Peppino De Filippo è innumerevole, ma non rimase mai intrappolato nel suo ruolo, anzi, oltre al teatro divenne protagonista nel cinema, nella televisione, nella radio, nei caroselli, nella scrittura e persino nei fumetti grazie al personaggio di Pappagone, ovvero il suo “alter ego” maldestro che riempiva di risate le case degli italiani.
Morì di cancro a Roma all’età di 76 anni, lasciando un’impronta di eccellenza in tutto il Paese.
Totò e Peppino
Una delle collaborazioni più proficue della sua immensa carriera è stata quella con Antonio De Curtis, in arte Totò, napoletani entrambi i due formarono una coppia comica inimitabile ed attuale ancora adesso.
I due, grazie al loro essere così affiatati e grazie alla loro capacità di intendersi si guadagnarono gli ori da parte del pubblico.
Il regista Mario Monicelli infatti, parlando di loro dichiarò:
“Venivano dalla tradizione centenaria del teatro dell’arte. Andavano a soggetto, avevano una traccia, due o tre battute fondamentali e su quello ricamavano per le mezz’ore. Erano talmente affiatati che bisognava calmarli, altrimenti andavano avanti all’infinito.”.
Insieme, attraverso i loro lavori, riuscirono a creare uno standard di comicità mai visto prima e che ancora oggi ispira gli artisti contemporanei.
Non mancano nei loro riguardi le citazioni, come in “Non ci resta che piangere“, dove Roberto Benigni e Massimo Troisi ripresero la scena di “Totò, Peppino e la… malafemmina” in cui il Principe della risata detta una lettera a De Filippo.
La serie dei film realizzati insieme tocca i punti più alti, oltre che nel già citato “Totò, Peppino e la… malafemmina“, in “La banda degli onesti” e “Totò, Peppino e i fuorilegge“.
In un’Italia postbellica, con persone che ricominciavano a costruire non solo le proprie città ma anche le proprie identità dopo la catastrofe della guerra, Totò, Peppino e il fratello Eduardo, insieme a tanti altri artisti e attori regalarono serenità e spensieratezza al loro pubblico, lo stesso che ancora oggi quando parla di loro non riesce a farlo se non abbozzando un sorriso.
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