Ulisse Parthenope
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I miti e le leggende hanno contribuito a fornire delle spiegazioni riguardo i fenomeni naturali per le civiltà che non avevano mezzi a sufficienza per comprendere la realtà, nel mondo antico personaggi come Ulisse, Romolo, Aracne e molti altri si resero protagonisti della nascita di alcuni luoghi o animali.

Parthenope è il nome della sirena che secondo la leggenda diede vita a Napoli

L’Odissea: i racconti su Ulisse

L’Odissea è un poema greco attribuito ad Omero e racconta il viaggio di ritorno dell’eroe Ulisse da Troia ad Itaca.

Non è inusuale infatti che per indicare una serie di peripezie che conducono da un luogo, non necessariamente fisico, all’altro si utilizzi lo stesso termine.

La storia di Ulisse, o di Odisseo, personaggio già presente nell’altra grande opera attribuita ad Omero ovvero l’Iliade, inizia in questo modo:

«Cantami, musa, dell’uomo multiforme, che errò per tanto tempo dopo che distrusse la sacra cittadella di Ilio»

Durante il viaggio, durato ben dieci anni, esattamente come la guerra tra Achei e Troiani, l’eroe si ritrova ad affrontare una quantità innumerevole di ostacoli sul suo cammino, dai “mostri” di Scilla e Cariddi al ciclope Polifemo, dalla maga Circe al ritorno in patria ormai abitata dai Proci, suoi rivali, passando per le sirene.

Una delle varie rappresentazioni artistiche che vedono Ulisse e il suo equipaggio a contatto con strane creature

L’amore tra Parthenope e Ulisse che diede vita a Napoli

A causa del dio del mare Poseidone, appena finita la guerra ed in procinto di tornare a Itaca, Ulisse si ritrova in altre terre.

Giunto vicino le coste italiane ricorda un aneddoto raccontatogli circa delle pericolose creature marine: le sirene, che Omero introdusse così:

«Tu arriverai, prima, dalle Sirene, che tutti

gli uomini incantano, chi arriva da loro.

A colui che ignaro s’accosta e ascolta la voce

delle Sirene, mai più la moglie e i figli bambini

gli sono vicini, felici che a casa è tornato,

ma le Sirene lo incantano con limpido canto,

adagiate sul prato: intorno è un mucchio di ossa

di uomini putridi, con la pelle che raggrinza».

L’aspetto fisico di questi personaggi non viene mai descritto dall’autore, si ipotizza infatti che una loro narrazione fosse già stata abbondantemente fatta nelle Argonautiche, cioè le gesta di Giasone, per cui veniva dato per scontato per la tradizione dell’epoca che sia l’uditore sia il cantore avessero un’idea precisa della figura delle sirene.

Tra le più famose si ricordano tre sorelle: Ligea, che diede origine a Lamezia Terme; Leucosia, che diede il nome a Punta Licosia nei pressi di Paestum e Parthenope, dalla quale invece nacque Napoli.

Sapendo di passare nel mare abitato da queste creature che con la loro bellezza ed il loro canto ammaliavano gli uomini per far abbandonare loro la nave causando naufragi, Odisseo, noto per la sua astuzia, preparò una strategia.

Il comandante infatti impose a tutti gli uomini del suo equipaggio di tapparsi le orecchie, in modo tale da non cadere in tentazione e conseguentemente morire.

Tuttavia spinto dalla curiosità Ulisse diede un’ulteriore ordine ai suoi sottoposti: farsi legare all’albero maestro e non curarsi delle sue urla e dei suoi lamenti fino alla fine della traversata che gli avrebbe portati fuori pericolo.

La strategia di Ulisse consisteva nel farsi legare all’albero maestro dove, da cosciente, incontrò lo sguardo di Parthenope

Il greco voleva sentire questo meraviglioso canto che, come è scritto, recitava:

«Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,

e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.

Nessuno è mai passato di qui con la nera nave

senza ascoltare con la nostra bocca il suono di miele,

ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose»

Pienamente cosciente e ormai totalmente incantato Odisseo si dimenava e una sirena, Parthenope gli si avvicinò e se ne innamorò conscia però di non poterlo avere.

La frazione di istanti che portò al lungo sguardo fra i due, finché la nave non superò la tratta, fu colma di tristezza per entrambi.

Parthenope infatti morì in quello stesso istante ed il suo corpo finì nelle profondità del mare che la trasportò verso la costa, la quale cambiò morfologia e diede vita al territorio che oggi chiamiamo Napoli.

Fonti:

Odissea

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