Fino a 300 anni fa l’unico modo per entrare a Napoli da est era attraverso il Ponte della Maddalena, una struttura gigantesca che esiste da circa 1000 anni e che oggi è stato affogato dal cemento: riusciamo a capire che c’era un ponte al posto della strada attuale solamente per la piccola “gobba” al centro della strada, di certo non per la presenza di acqua del leggendario fiume Sebeto.

Eppure questo luogo di storie ne ha vissute: dall’arrivo di Roberto il Guiscardo nel 1078 all’assedio del Conte di Lautrec nel 1528, passando per l’eruzione del Vesuvio fermata da San Gennaro alla battaglia dell’Esercito della Santa Fede che pose fine all’esperienza della Repubblica Napoletana.

Restauri, battaglie, sabotaggi, miracoli e guerre: la Maddalena ne ha di storie da reaccontare!

Ponte della Maddalena Achenbach
Oswald Achenbach, il Ponte di notte

Una vita macabra

La storia del Ponte della Maddalena è stata caratterizzata da un leit motiv molto macabro: il ponte era famoso in città per essere il luogo in cui venivano buttati i cadaveri non degni di una sepoltura (o semplicemente senza i soldi per permettersela). Se consegnare i morti al mare, che è padre di tutti noi essere viventi, potrebbe essere rivenduta come un’idea romantica, bisogna pensare che dal ponte si gettavano anche le interiora degli animali macellati e le bestie trovate morte lungo le strade e nei dintorni di Napoli.

Ed è tragicamente ironico pensare che nel ‘700 il ponte fu dedicato a San Giovanni Nepomuceno, il protettore degli annegati.

Anche prima della costruzione dell’attuale Ponte della Maddalena c’era un altro ponte che, ai tempi del ducato, era semplicemente chiamato “pons“, senza specificazioni. Altre volte si trova con “pons padulis” e poi nel basso medioevo fu chiamato Guizzardo, Ricciardo o Licciardo, che probabilmente fanno riferimento all’assedio che Roberto il Guiscardo fece a Napoli nel 1078, quando ormai la vita del Ducato indipendente stava per giungere al suo termine dopo 600 anni. Fu quella la prima seria battaglia che visse il povero ponte. Ci pensò poi il Conte di Lautrec, con il suo esercito francese, a mettere a ferro e fuoco la struttura, danneggiandola irrimediabilmente.

Paradossalmente il ponte che prese il nome dall’invasione francese fu un altro che si trovava pochi metri prima, soprannominato ancora oggi “Ponte dei Francesi” e, come il suo collega a ridosso del mare, sparito sotto l’asfalto anch’esso.

San Giovanni Nepomuceno
La statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore degli annegati

Nasce il Ponte della Maddalena

Per vedere il ponte più simile a come lo conosciamo oggi, dobbiamo aspettare il 1556, sotto l’amministrazione di Fernando Alvarez de Toledo, figlio del più famoso Don Pedro. Un’alluvione distrusse completamente la vecchia struttura di legno e mattoni. Il viceré tassò tutte le province del Sud Italia per permettersi la costruzione di un ponte monumentale, molto più grande del necessario per gli standard dell’epoca, con cinque arcate e decorazioni ricchissime. Fu chiamato “Ponte della Maddalena” per la presenza di un piccolo convento che oggi non esiste più.

Ponte della Maddalena 1631
Il Ponte della Maddalena in una incisione francese del 1631

Le avventure che hanno da raccontare queste pietre, però, non sono affatto finite. Arrivò infatti un’altra minaccia appena un secolo dopo: il Vesuvio si risvegliò nel 1631, con un’eruzione devastante. Fu una delle più impetuose e violente della sua recente storia, tanto d.

Facciamo infatti un brevissimo salto indietro di 2000 anni: proprio all’altezza del Ponte della Maddalena i greci credevano che qui ci fosse stato lo scontro fra due nobiluomini, Sebeto e Vesuvio, per contendersi il cuore di Leucopetra, una giovane ragazza. Abbiamo parlato della leggenda qui.

Dopo millenni le mani incandescenti del Vesuvio stavano per toccare di nuovo il suo nemico acquatico: la lava era arrivata a San Giorgio a Cremano e i napoletani, disperati, pregarono con tutte le loro forze San Gennaro. La lava incedeva e stava per toccare Napoli. Fu così che fu realizzata una processione, portando la statua del santo sul ponte, davanti alla lava, che si fermò.

Nacque così la statua di San Gennaro con la mano tesa verso il Vesuvio che ancora oggi si trova sul Ponte della Maddalena.

Sotto Carlo di Borbone, poi, ci fu un nuovo restauro della struttura.

Preghiera San Gennaro
Preghiera alla statua di San Gennaro. Dal post di Gerry Sarnelli in Napoli Retrò

Repubblica Napoletana: altre guerre per il ponte della Maddalena

Le battaglie del ponte continuarono anche in epoca borbonica: stavolta ci troviamo nel 1799 e il re Ferdinando IV di Borbone cadde per la prima volta dal trono: le truppe francesi del generale Championnet attraversarono il ponte e invasero Napoli, dando inizio alla breve esperienza della Repubblica Napoletana. Appena 9 mesi dopo questo evento passò un altro esercito sugli archi del ponte della Maddalena, stavolta proveniente dalla Calabria: era l’esercito della Santa Fede del Cardinale Ruffo, che aveva organizzato le truppe per riconquistare Napoli: ci riuscì e la battaglia più sanguinosa della riconquista fu combattuta proprio sul ponte della Maddalena, dove i repubblicani concentrarono le proprie difese fino allo stremo. Il Cardinale ebbe la meglio e permise, poco tempo dopo, il rientro a Napoli di Ferdinando IV, trionfante. Per reazione all’insubordinazione, la zona del ponte fu luogo di diverse esecuzioni capitali.

Ponte della maddalena 1828
Il ponte nel 1828: già molto più piccolo e circondato da edifici

Sparisce il Ponte della Maddalena

Dopo l’Unità la struttura perse di importanza, dato che le mura di Napoli erano ormai state abbattute e la città ad est era collegata in molti punti d’accesso e dalla ben più grande Via Marina rifatta da Ferdinando II. Fu così ribassato il ponte per far passare gli omnibus, i primi “tram a cavallo” di fine 800, che furono poi sostituiti con i tram elettrici pochi anni dopo.

Oggi, tolti anche quasi tutti i tram da Napoli, del ponte è visibile solo una piccola rimanenza dal basso, con gli archi che dovevano scavalcare l’acqua completamente murati da grosse pietre di tufo, ma sono dettagli che si possono notare solamente dai cantieri navali che si trovano alle sue spalle. Questa è l’ultima vera testimonianza di un luogo oggi anonimo e mortificato ma che, attorno a noi, ospita i fantasmi di re e invasori, santi e diavoli, morti e vivi che si sono avvicendati sulla sua piccola gobba superstite.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Romualdo Marrone, Le strade di Napoli, Newton Compton, Napoli, 1997
Carlo Celano, Notizie del Bello, dell’Antico e del Curioso sulla città di Napoli, edizione del 1792
Ludovico De La Ville sur-Yllon, “Il Ponte della Maddalena”, Napoli Nobilissima

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