Il Falerno del Massico è un nome che riunisce presente, passato e futuro della nostra terra.
Torniamo indietro nel tempo e pensiamo, ad esempio, al Thermopolium ritrovato in perfette condizioni a Pompei: si tratta di un luogo dove gli antichi romani consumavano bevande e si rifocillavano con pasti caldi.
Al suo interno sono stati ritrovati resti di cibo e di vino, a dimostrazione del fatto che – nonostante i circa 2000 anni che ci separano da quel tempo – la passione per il buon cibo ed il buon vino è qualcosa che ci lega ai nostri antenati proprio come le architetture romane che ancora caratterizzano il nostro territorio.
Immagina questa scena: un nostro avo patrizio ed un abitante di una delle nostre odierne città, al termine di una lunga giornata scelgono di rilassarsi con del buon vino; a entrambi viene fatta la stessa domanda: “Vuoi del Falerno?”
Storia e Leggenda per il Falerno del Massico
Il Falerno del Massico, infatti, è un vino antichissimo, da sempre prodotto nell’Ager Falernus, alle pendici del Monte Massico nella provincia di Caserta, con tecniche apprese già dagli Etruschi. Secondo la leggenda descritta da Silio Italico nel suo poema “Punica” (il più lungo poema epico latino pervenutoci) la nascita del Falerno risalirebbe alla Seconda Guerra Punica, durante l’assedio di Capua.
Annibale e i suoi Cartaginesi stavano mettendo a ferro e fuoco la zona ma risparmiarono un podere lì vicino, coltivato da un contadino di nome Falernus.
In questo scenario apparve, sotto mentite spoglie, il Dio Bacco che andò in persona a visitare l’uomo, il quale, pur ignaro dell’identità del suo ospite, gli offrì generosamente latte e cibo nonostante l’imperversare della guerra. Per ringraziarlo del gesto, il Dio trasformò tutto il podere in una lussureggiante vigna dalla quale sarebbe nato il vino Falerno.
Il Falerno del Massico, considerato il miglior vino dei suoi tempi
Al di là del mito, quel che è certo è che effettivamente il Falerno fosse il vino più pregiato di quel periodo, riconosciuto per la sua precisa provenienza, tanto da poterlo considerare il primo Grand Cru ante litteram.
Era talmente ricercato da essere descritto da Marziale non come “un” vino, ma come “il” vino per eccellenza, aggiungendo anche che “se vuoi bere del vino spenderai un sesterzio; del buon vino te ne costerà due; ma se vorrai il magico Falerno dovrai essere pronto a pagarne sei”. È la riprova del valore e dello status symbol che ne derivava il potersi permettere una coppa di “immortale” vino Falerno, divenuto tanto celebre da far passare in secondo piano i vini provenienti dalla Grecia, segnando il declino di quello che, all’epoca, era un florido mercato per la penisola di Atene.
Con l’avvento del Medioevo, tecniche e produzione vennero meno ma, grazie alle bonifiche ed all’attenzione che i Borbone dedicarono all’agricoltura, il Falerno ritrovò luce con rinnovate tecnologie di allevamento e la sua fama ritornò ad affascinare il mondo.
Doc e Tutela
La definitiva pietra miliare per la ripresa del Falerno del Massico è stata posta nel 1989 con il riconoscimento della omonima Denominazione di Origine Controllata, la cui produzione è consentita solamente nei comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola in Provincia di Caserta nelle tipologie rosso e bianco.
Per il “Falerno del Massico Bianco” è consentita la produzione utilizzando uva Falanghina per almeno l’85% ed il restante max. 15% di uve di altri vitigni idonei alla coltivazione in Campania; per il “Falerno del Massico Rosso” è previsto un minimo 60% di uva Aglianico ed un max. 40% di Piedirosso, oltre che la tipologia “Riserva” che prevede invecchiamento. È prevista inoltre la tipologia “Falerno del Massico Primitivo” per i vini prodotti con l’85% di uva Primitivo con il restante 15% composto da Aglianico, Piedirosso o Barbera. C’è da dire che storicamente era proprio il Primitivo il vitigno più utilizzato, anche a seconda del versante del Massico.
Il Falerno Ieri ed Oggi
Sebbene come detto, oggi come allora, sarebbe stato possibile ordinare un Falerno, il prodotto che ci avrebbero servito sarebbe stato però molto diverso da quello che è il nostro gusto, dato che il vino dei romani era spesso servito caldo, diluito ed aromatizzato.
Il Falerno attuale è un vino intenso, morbido (soprattutto nella tipologia Primitivo) e di alta qualità, dovuta anche a tecniche di fermentazione controllata e di allevamento votate alla qualità più che alla quantità di resa.
Ciò che però è restata immutata è l’usanza di brindare, ad una vittoria, ad un’amicizia, ad un futuro migliore, ma andateci piano con il Falerno perché, come metteva in guardia Virgilio nelle sue “Georgiche”: “Nec cellis ideo contende Falernis” perciò “non gareggiare con il Falerno”.
-Umberto Rusciano