Hai mai sentito parlare dei reperti in legno carbonizzato di Ercolano? Elementi architettonici e arredi lignei che si sono conservati per quasi 2000 anni. Visitando il sito archeologico è possibile vedere ancora in situ porte, finestre, letti, scaffalature e tanto altro. Ti starai chiedendo: come è stato possibile tutto ciò? Per comprenderlo bisogna analizzare il particolare tipo di distruzione che ha subito la città durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C..
La fine di Ercolano
Il 24 ottobre del 79 d.C. il Vesuvio iniziò ad eruttare intorno alle ore 13:00. La prima città ad essere colpita fu Pompei, dove arrivò una pioggia di lapilli e pomici che col passare delle ore seppellì gli edifici e gli abitanti della città. Durante le prime ore del 25 ottobre la furia dell’eruzione invase anche altre città. Ercolano fu travolta prima da una nube ardente, che uccise all’istante gli abitanti per shock termico, poi da colate di fango vulcanico che penetrarono in ogni angolo della città. Quando tutto si placò Ercolano sparì completamente, seppellita sotto metri e metri di depositi vulcanici che l’hanno sigillata e conservata perfettamente fino alla riscoperta. Tutto ciò è stato possibile grazie ad una sorta di sottovuoto, creatosi a seguito della solidificazione del materiale piroclastico, che ha permesso la conservazione di materiali organici come alimenti, tessuti e legno.
Il tramezzo di legno
Una scoperta unica nel mondo romano e custodita a Ercolano è un tramezzo di legno, una parete divisoria ritrovata in una dimora detta per l’appunto “casa del tramezzo di legno”. La parete divideva due ambienti della casa: l’altrio e il tablinio, ossia la sala di ricevimento. Il suo scopo principale, molto probabilmente, era quello garantire l’intimità durante le trattative d’affari. La parete era scandita da tre porte, con un probabile richiamo alla struttura dei frontescena teatrali. Così come a teatro dalla porta centrale passava l’attore principale, qui lo faceva il padrone di casa quando accoglieva i suoi clientes.
Porte finestre scale e…
La conservazione delle strutture architettoniche in legno ha dato la possibilità di vedere l’aspetto degli edifici in modo abbastanza completo. Le case erano quasi sempre di due piani e non è raro vedere ancora in loco scale interne e travi di sostegno. Guardando le facciate degli edifici invece si possono ammirare maestose porte d’ingresso e finestre. Ad Ercolano si è riscontrato un ampio utilizzo di una tecnica costruttiva definita opus craticium utilizzata per creare pareti in modo veloce e poco dispendioso. Questa tecnica consisteva nell’impiego di un intelaiatura lignea i cui spazi venivano riempiti con pietre, malta e argilla.
…letti, sgabelli, armadi
I reperti in legno carbonizzato non provengono solo da elementi architettonici ma per nostra fortuna si sono conservati anche molti arredi interni. Un ottimo esempio è visibile nella bottega della casa di Nettuno e Anfitrite, la migliore conservata dell’ area vesuviana, dove tutto l’arredamento è ancora intatto. Dietro al bancone in muratura vi era il retrobottega, ricavato dividendo lo spazio con una parete in legno, a destra si conservavano le anfore su una scaffalatura curva e per recuperare altro spazio vi era in fondo alla stanza un mezzo soppalco. Per vedere altri arredi interni è necessario cercare nelle case, come in quella del tramezzo di legno dove è esposto uno dei 12 letti recuperati o nel deposito del sito archeologico dove si custodiscono mobili e altri oggetti restaurati.
Una scoperta fenomenale
Ma le sorprese ad Ercolano non finiscono qui. Nel 1982 è stata recuperata dal materiale vulcanico addirittura una barca ritrovata sull’antica spiaggia. Un’imbarcazione lunga quasi 10 metri che ha suscitato grande emozione nel mondo dell’archeologia e non solo. La barca, danneggiata durante l’eruzione, è stata ritrovata spezzata e capovolta. Molto complesse sono state le operazioni di recupero e restauro che hanno permesso l’esposizione del reperto nel “Padiglione della Barca”.
Durante il restauro sono stati analizzati anche i legni utilizzati, principalmente abete, quercia e castagno, scelti in base al punto in cui andavano posizionati. La barca era priva dell’albero maestro e prevedeva una squadra di sei rematori, tre per ogni lato. Tra le varie ipotesi fatte circa la sua identificazione c’è quella in cui si sostiene che fosse stata una lancia militare utilizzata, purtroppo invano, per trarre in salvo gli abitanti di Ercolano. Molti altri reperti ritrovati sulla spiaggia sono esposti nello stesso padiglione. Remi, ancore, uncini per cucire le reti, pesi in sughero e in piombo, ami da pesca restituiscono al visitatore momenti quotidiani della vita dei pescatori Ercolanesi poco prima della fine.
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