A volte basta aprire una porta per trovare la pace. Ed Aversa, città delle cento chiese, di porte magnifiche ne ha davvero tantissime. Il complesso di San Francesco delle Monache è senz’altro una delle più belle realtà della città: alle spalle della trafficatissima Via Roma, a due passi dal Municipio, si apre una città nella città fatta di storie lunghe 800 anni.
In realtà solo oggi questa porta ci evoca belle sensazioni: fino agli anni ’50, infatti, questo era un complesso religioso di clausura: una volta entrati qui dentro non si usciva più fino alla fine dei propri giorni.
In tempi nuovi e liberi, oggi ereditiamo tantissime memorie, opere d’arte e racconti di epoche passate che vale la pena riscoprire. Pensiamo, ad esempio, che qui è conservato un macchinario ingegnosissimo di 300 anni fa che funziona come orologio meccanico per le campane.
Tutto questo luogo è difeso e rappresentato da 50 anni da Don Pasquale De Cristofaro, l’anima vivente di queste pietre. Ed è gestito dall’associazione “Amici di San Francesco” che organizza visite guidate per scoprire il gigantesco complesso.
Il borgo dei Pescatori
Tutto comincia nel 1230, quando Aversa aveva appena spento le prime 200 candeline. All’epoca Aversa era toccata dal fiume Clanio e, poco al di fuori della città antica, c’era un piccolo borgo di pescatori che si procurava da vivere sulle rive del fiume. Sembra strano immaginarlo, ma un tempo l’intera Campania era percorsa da numerosi corsi d’acqua che oggi non esistono più.
La chiesa nacque qui, grazie a Giovanni IV Lamberto, Vescovo di Aversa, che lo dedicò a San Francesco, anche se poi sarà frequentato dalle suore seguaci di Santa Chiara.
Da quel momento, e per i seguenti 600 anni, questo convento diventerà sempre più grosso, fino ad assumere le dimensioni attuali che sono quelle di un vero e proprio mondo indipendente, con tanto di belvedere sull’intero agro aversano. Per immaginare le dimensioni originali del Complesso di San Francesco delle Monache, ci basterà immaginare che l’intera Piazza Municipio di Aversa, costruita nel 1930, un tempo era parte del giardino.
Un angolo di antichità
Quello che sorprende è il chiostro. Durante la II Guerra mondiale fu utilizzato come ospedale da campo dalle truppe americane e, con sfregio alla Storia, furono imbiancati tutti gli affreschi che lo caratterizzano. Fu una perdita dal valore incalcolabile: si trattava infatti di affreschi assolutamente insoliti, dallo stile bizantino. Anche se ormai nel tempo della sua realizzazione era uno stile del tutto superato.
Da qui si possono trovare due luoghi interessantissimi.
Lo scolatoio delle monache
Tramite una scaletta strettissima, all’interno del lato destro del chiostro, c’è una piccola stanza buia. È lo scolatoio, il luogo dove finiva una vita intera dedicata al monastero. Qui si poggiavano i resti mortali delle monache, sedute, in attesa di depurarle dai liquidi del corpo.
Insomma, il famoso “puozze sculà”, che poi è diventato anche il famoso insulto campano.
Ed è in questo luogo che le loro anime si troveranno per sempre: dopo la morte venivano infatti messe in una fossa comune proprio sotto lo scolatoio.
Ogni monaca, inoltre, portava con sé una dote di famiglia all’ingresso: lo notiamo nelle scritte, che ricordano i miglioramenti fatti da ogni famiglia nobiliare di Aversa che portava qui le proprie figlie.
Insomma ogni singola parte del complesso di San Francesco delle Monache è vivo, letteralmente. A queste pareti dobbiamo pensare che, volenti o nolenti, hanno dedicato la vita migliaia di donne, cercando di rendere il loro ritiro e la loro casa un posto migliore. Non è un caso se buona parte delle ricette dei dolci provengono dai complessi religiosi di tutta la Campania: all’interno dei conventi e dei monasteri ci si esercitava spesso in attività di vario genere, dal filato alla cucina.
Panorami infiniti
Se la vita al di fuori del convento era proibitissima, si cercava di allietare quella delle suore all’interno regalando loro panorami e vedute di luoghi che loro potevano raggiungere solo con l’immaginazione. Ed è proprio all’interno del parlatorio, l’unico contatto con il mondo esterno, che c’è un affresco gigantesco, grande quanto l’intera stanza, che raffigura il mondo fuori dal convento. Ed è bellissimo.
Ci sono infatti campi in fiore, panorami sterminati con case coloniche e contadini. In fondo, poi, c’è un dettaglio interessantissimo: il profilo di una cittadina sul mare, che certamente non è Napoli. Gli studiosi dell’arte hanno notato uno stile amalfitano nelle architetture dipinte, quindi si suppone che l’artista sia proveniente dalla zona della Costiera o di Salerno.
Tanta bellezza, infatti, non ha il nome dell’autore.
Panorami veri
Il panorama vero, però, si poteva vedere. O meglio: era l’unico contatto col mondo esterno per le monache. Per raggiungerlo bisogna andare in un’ala dell’edificio costruita in tempi molto più recenti, nel XIX secolo, e si riconosce dall’esterno perché è un arco che passa sulla Piazza del Municipio di Aversa, che un tempo era appunto il giardino del complesso di San Francesco delle Monache.
Dopo un lunghissimo corridoio e una scalinata monumentale, infine, una prospettiva assolutamente insolita. Al tempo della costruzione questo era uno dei punti più alti dell’intero agro aversano e, in effetti, permetteva di vedere qualsiasi punto della città e delle campagne, che oggi sono state profondamente trasformate in un tappeto di edifici.
Era anche un modo per “partecipare” a distanza alle processioni e alle altre attività di paese.
Una chiesa d’autore
La stranezza è che manca la facciata. E, quando entriamo, non abbiamo la percezione della magnificenza che ci aspetta. La chiesa di San Francesco è infatti stata progettata da Cosimo Fanzago che, per problemi di spazio, ha dovuto realizzare un ingresso ad angolo, senza le classiche facciate monumentali delle chiese barocche napoletane. All’interno, però, le aspettative vengono superate ampiamente da tutti i marmi lavorati in modo finissimo alle tele: troviamo quadri di José de Ribera e, addirittura, del Guercino.
A ben vedere, in questa chiesa settecentesca che ricorda assai da vicino le linee della chiesa della Certosa di San Martino (e non a caso il progettista è lo stesso) c’è anche un dipinto interessante vicino all’altare. Raffigura Santa Chiara che scaccia i saraceni nell’Assedio di Assisi del 1442. Al centro dell’immagine c’è un personaggio dai tratti mediterranei: si tratta di Vitale d’Aversa, proprio un compaesano, che comandava l’esercito di Federico II durante l’assedio della città umbra.
Insomma: contestualizzandolo, questo quadro ha un significato del tutto speciale e vuole raccontare ai fedeli aversani esattamente questa morale: “questa è la fine che ha fatto un vostro concittadino infedele“.
Il museo dei presepi
Nulla è lasciato senza vita qui. Fra corridoi ricchi di affreschi secolari recuperati e dettagli architettonici che raccontano storie di vita di clausura, nella parte superiore della chiesa, dove le suore erano costrette a seguire la messa senza essere viste, oggi c’è un’iniziativa davvero originale: il museo dei presepi, donati e da istituti aversani all’associazione o fatti da volontari per intero. Un modo per esplorare e dar vita anche a un luogo che adesso ha assunto tutto un nuovo interesse.
Questo complesso di San Francesco delle Monache di Aversa , così ampio e ricco di Storia, oggi si può visitare liberamente grazie agli sforzi dell’associazione “Amici di San Francesco”, che garantisce l’apertura della chiesa ogni giorno. Per maggiori info: Complesso Monumentale San Francesco Aversa
-Storia e foto di Federico Quagliuolo
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