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La Venere Callipigia è una delle statue più affascinanti tra quelle esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Aggirandosi per le sue stanze è possibile ammirare alcune delle più rilevanti testimonianze artistiche del passato, reperti che raccontano una bellezza immortale, e la fama della Venere Callipigia è dovuta proprio alla rappresentazione estremamente erotica che questa fa della bellezza corporea: il suo nome significa letteralmente “dal bel sedere“, raffigura infatti un soggetto femminile con il capo rivolto all’indietro teso ad osservare il proprio fondoschiena scoperto dalla tunica che indossa.

Delle origini di questa scultura sappiamo purtroppo poco, è attribuita all’epoca dell’imperatore Adriano. L’originale di questa statua risale a qualche secolo prima e raffigura anch’essa Afrodite Callipigia, figura appartenete ad un iconografia databile al IV secolo a.C..
La sua storia più recente l`ha vista cambiare vari proprietari a seguito del suo ritrovamento e subire una serie di importanti restauri: fu infatti inizialmente ritrovata senza testa oltre che con il corpo danneggiato.
Oggi le “belle natiche” della Venere Callipigia sono tra le più iconiche rappreasentazioni erotiche dell’antichità.

Venere Callipigia
Venere Callipigia al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

La Venere Callipigia, dall’antica Roma al MANN di Napoli

La Venere (anche spesso detta Afrodite) fu ritrovata a Roma, presso la Domus Aurea, e acquistata dalla famiglia Farnese nel 1594. In seguito vi furono i primi interventi di restauro, con il capo che venne posto nuovamente sulla statua. Il movimento suggerito dalla posizione delle braccia permette quasi di vedere il gesto della venere che si spoglia del chitone scoprendo il seno e lasciando praticamente nudo il corpo dalla vita in giù.

La posizione della testa e lo sguardo della Venere che indica maliziosamente il proprio fondoschiena sono sicuramente la caratteristica che più di tutte contribuiscono a rendere unica questa scultura, proprio per questo si ritiene che il restauro dell’opera che presentava anche gravi danni a braccia e gambe abbia inciso molto sulla sua attuale composizione.

La Venere Callipigia rimase a Roma per quasi 200 anni ancora, quando dovette lasciare il palazzo Farnese alla volta di Napoli, per raggiungere il re Ferdinando IV di Borbone, ultimo erede di Elisabetta Farnese, insieme al resto della collezione di famiglia. Fu allora che la statua fu ulteriormente restaurata da Carlo Albacini, a cui fu commissionata una nuova sostituzione della testa e di altre parti del corpo e della veste. Pochi anni dopo la Venere fu spostata prima alla Reggia di Capodimonte e in seguito al Palazzo degli Studi, che oggi ospita il MANN.

Il rischio che questa fosse spedita in Francia durante le spoliazioni napoleoniche di fine ‘700 fu estremamente concreto ma, per fortuna, è rimasta lì e possiamo ancora ammirarla in tutta la sua bellezza!

Le origini della Venere Callipigia nell’antica Siracusa

Come già accennato, la statua oggi esposta a Napoli è la copia di un’originale risalente probabilmente all’antica Siracusa del II secolo a.C. Pare in effetti che l’opera sia un richiamo a una storia contenuta nei deipnosofisti di Ateneo di Naucrati, in cui si raccontava della costruzione di un tempio ad Afrodite nell’antica colonia greca. Nel racconto dello scrittore egizio si narra la storia di due sorelle che, rivaleggiando riguardo la bellezza delle rispettive natiche, chiesero ad un passante di giudicare chi fosse la più prosperosa. Scelse la sorella maggiore, innamorandosene follemente.

Lo stesso fece suo fratello minore con l’altra sorella e in seguito i due fortunati riuscirono a convolare a nozze con le due ragazze. I cittadini di Siracusa diedero alle due sorelle il soprannome di “Kallipugoi”, unione di “kalόs” che significa bello e “pyge” che significa natiche. I fratelli decisero allora in segno di gratitudine di erigere un tempio ad Afrodite Kallipygos.

La Venere Callipigia è stata riprodotta innumerevoli volte e il culto di questa figura ha attraversato i millenni, lasciando una incredibile traccia materiale di erotismo e bellezza: ha ammaliato per secoli tanti uomini e continua oggi ad ipnotizzare gli avventori del Museo Archeologico di Napoli.

Fonti:

Ateneo di Naucrati, Deipnosofisti

Scheda dal sito cir.campania.beniculturali.it del Museo Archeologico Nazionale di Napoli

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