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Se oggi possiamo conoscere gran parte della storia del Regno di Napoli, dobbiamo ringraziare Antonio Bulifon. Troviamo infatti il suo nome sotto quasi tutti i libri del ‘600 che parlano della Storia di Napoli e del suo regno, della poesia e della cultura napoletana.

La sua storia è di grande ispirazione: nacque poverissimo e analfabeta in un paesino francese e, con la sola forza di volontà e con lo studio, diventò uno degli uomini di cultura più importanti e famosi di Napoli e del regno. Alla fine, come tante storie, anche la sua finì male fra politica e invidie.

Antonio Bulifon simbolo sirena
Il simbolo di Antonio Bulifon, la sirena bicaudata

Dalle strade di Lione al Regno di Napoli

Antoine Bulifon: questo era il suo vero nome. Era un giovane nato nelle campagne della piccola cittadina di Chaponnay, alle spalle di Lione.

La fame di cultura e la voglia di riscatto del giovane Bulifon erano travolgenti. Sappiamo poco della sua famiglia, ma lui stesso ci racconta che il padre lo lasciò viaggiare per trovar fortune. Non rivedrà mai più la famiglia e non sappiamo se ha mai avuto altri contatti con loro.
Visse a Marsiglia, a Tolosa e a Lione. Poi, incuriosito dal fermento dovuto alla morte di Papa Clemente X, si intrufolò in una nave e visitò Roma.

Giunto a Napoli a 19 anni, imparò a parlare italiano in pochissimo tempo, poi imparò a leggere per necessità, lavorando come garzone nella bottega di uno stampatore. Di lì fu un fiume d’entusiasmo: una volta compreso il potere dei libri, e conosciuti i nobili, intellettuali e prelati che frequentavano la tipografia, si appassionò in modo smisurato alla cultura napoletana. Leggeva, studiava, accumulava soldi. Aveva un piano ambiziosissimo in mente: aprirsi una stamperia tutta sua.

Libro Antonio Bulifon
Un libro originale stampato da Antonio Bulifon

L’editore che amava la cultura

Intorno al 1670, ad appena 21 anni, riuscì ad aprire la sua stamperia a Via San Biagio dei Librai, dove c’era la corporazione dei librai e dove, proprio in quegli anni, muoveva i primi passi un piccolissimo Giambattista Vico. Inizialmente, grazie alla sua ottima padronanza di tre lingue raggiunta in pochissimi anni, decise di tradurre opere straniere in Italiano, una caratteristica della sua offerta editoriale che manterrà fino alla fine dei suoi giorni.

Bulifon non dimenticò mai le sue origini francesi, che rivendicò con un certo orgoglio fino alla fine della sua vita. Come abitudine dell’epoca, italianizzò il suo nome originario, Antoine, in “Antonio“. Il cognome invece non volle mai cambiarlo. Questa cosa gli portò grossi rischi: durante la guerra fra Francia e Spagna, infatti, rischiò di vedere i suoi beni confiscati e di essere pure esiliato, in quanto straniero. Invece, grazie all’enorme stima che guadagnò presso tutte le classi nobili di Napoli, riuscì sempre a mantenere il suo prestigio.

Antonio Bulifon carta
Bulifon fu anche attivissimo nella stampa delle carte topografiche. Questa ad esempio è di Pozzuoli e dei Campi Flegrei.

Il sogno di una enciclopedia della Storia di Napoli

Ci avevano provato in tanti, sin dai tempi della capitale aragonese. L’idea di una “Storia del Regno di Napoli”, un’enciclopedia storica che onorasse la storia della città e del regno, era una cosa che molti autori vollero provare a realizzare. Il più famoso era sicuramente Giovanni Antonio Summonte che, nel suo libro sull’Historia della città e del Regno di Napoli, nel 1601 aveva creato il più autorevole testo storico sulla storia di Napoli della sua epoca. L’unico problema è che, quando lo pubblicò, fu talmente criticato dalla nobiltà napoletana che finì in un flop. E proprio Summonte non conobbe in vita il successo che avrebbe meritato.

Antonio Bulifon, ottant’anni dopo, decise di ristampare l’Historia di Summonte. E fu invece un successo commerciale enorme.

L’impresa tipografica diventò talmente famosa da attirare committenti ricchissimi, come la famiglia Carafa, che chiese di stampare un libro di ricostruzione dell’intera storia della casata. La cosa andò così bene che portò Bulifon a comprare un intero palazzo a Via Cisterna dell’Olio per trasformarlo nella più grossa impresa editoriale mai vista a Napoli prima di allora. Questo successo, che passava di bocca in bocca in tutti i salotti della nobiltà napoletana, stava cominciando a creare veleno. E a nulla servivano le lettere di Antonio Bulifon, che continuava a dirsi “un uomo ignorante, umile libraio“: la sua umiltà inacidiva ancora di più gli animi dei vecchi tipografi storici napoletani, furiosi di fronte a quel giovane francese che si stava facendo strada.

Jean de Mabillon Antonio Bulifon
Lo studioso Francese Jean de Mabillon fu “turista a Napoli” grazie a Bulifon: lo stampatore infatti lo portò in giro per la città e nella provincia per raccontargli tutte le storie e le curiosità interessanti del luogo. Abbiamo anche una gigantesca stampa del Vesuvio che, nel 1693, Bulifon gli fece spedire in Francia

Avversari e invidiosi

Come sempre, insomma, il successo è accompagnato da nemici. E il nemico numero uno di Antonio Bulifon si chiamava Domenico Antonio Parrino, l’editore napoletano che oggi ricordiamo per aver inventato le guide da passeggio.
I due inizialmente convivevano nella stessa strada e già qui cominciarono i primi screzi con Parrino che, forte dei legami storici della sua impresa con la politica napoletana, cercava di screditare il francese dinanzi ai viceré e ai vescovi napoletani. Poi cominciò a sottrargli clienti con maldicenze e calunnie.
Non sempre i suoi sabotaggi andarono a buon fine: forte della stima dell’ultimo viceré spagnolo, il duca di Medinacoeli, Antonio Bulifon diventò infatti lo stampatore dell’unica gazzetta ufficiale del Regno di Napoli.

Il colpo basso, però, arrivò proprio al cuore dello stampatore francese: gli fu sabotato il lavoro dei suoi sogni, che era intitolato “Cronicamerone, ovvero Annali e giornali historici di tutte le cose notabili accadute nella città e regno di Napoli dalla Natività del nostro Salvatore Giesù Cristo fino al presente anno 1690“. Fu pubblicato solo il primo libro, ovvero la storia di Napoli fino all’età Angioina. Poi gli fu revocata la licenza per la pubblicazione della restante Storia.

Non a caso, Domenico Antonio Parrino pubblicò poco dopo l’opera “Teatro de’ viceré del regno di Napoli“, lasciando con grande amaro in bocca il suo concorrente Antonio Bulifon. Il sogno dell’enciclopedia storica del Regno di Napoli fu accantonato, anche se per tutto il resto della sua vita continuò a scrivere notiziari e libri divulgativi sull’attualità di Napoli. L’impresa editoriale fu ereditata dal figlio Niccolò (il vero nome era francese: Nicolas). Gli altri due fratelli, Cesare e Filippo, si distinsero invece come eccellenti avvocati e letterati: il padre, infatti, aveva finanziato gli studi e i viaggi in tutta Italia per i suoi figli, per garantirgli la migliore formazione culturale possibile.

La fine della tipografia di Antonio Bulifon

È la politica a decidere chi è dalla parte giusta della Storia. E nel caso di Antonio Bulifon, la scelta fu per lui fatale.

Ci troviamo infatti in uno dei momenti storici più difficili di tutto il Regno di Napoli: la crisi di successione spagnola, quando la corona di Asburgo, che per 200 anni aveva dominato il mondo intero a partire da Carlo V, portò l’intera Europa in uno dei (tanti) feroci conflitti della sua Storia causa della morte di Carlo II, il re storpio e deforme al quale Napoli ha anche dedicato una fontana.
Bulifon non ebbe dubbi: si schierò con il partito borbonico di Filippo V di Spagna. Pubblicò lettere e libri a favore dei Borbone, nascose i successi degli austriaci nei notiziari ed esaltò invece le battaglie spagnole. Inutile dire che Parrino, al contrario, si schierò con gli Asburgo.

Il clima politico a Napoli era tesissimo e, mentre nel nord si decidevano i destini d’Europa, in città i nobili sceglievano i propri schieramenti nel più classico trasformismo. Alla fine a Napoli nel 1702 si presentò il re Carlo VI d’Asburgo, che diede inizio ai 30 anni di dominio austriaco sulla città. Bulifon fu perseguitato e condannato a fuggire.

Della morte di Antonio Bulifon non sappiamo niente, nemmeno il luogo. Presumibilmente morì nel 1707 in Spagna, in totale povertà, proprio come aveva cominciato la sua vita straordinaria. Contemporaneamente, a Napoli, la tipografia di Bulifon fece una fine peggiore del proprietario: Parrino aizzò una folla di pezzenti contro il figlio Filippo, che fu massacrato a bastonate, mentre la tipografia fu saccheggiata e poi incendiata dai popolani. Probabilmente anche Niccolò, che era il titolare, non finì bene.

Con ancora più amara ironia del destino, trent’anni dopo questa storia, un Borbone diventò davvero re di Napoli.
Era Carlo, il figlio di quel Filippo V tanto supportato dallo stampatore franco-napoletano. Per la prima volta, dopo due secoli, Napoli era tornata capitale di un regno indipendente e libero. Questa storia, però, la famiglia Bulifon non ebbe mai modo di raccontarla.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Nino Cortese, Antonio Bulifon, autore e cronista napoletano del seicento, Società Napoletana di Storia Patria, Napoli, 1932
https://www.beniculturali.inaf.it/sicap/ShowDialog.aspx?WEB=INAFS&Title=ADETAILTITLE&tbl=L&tsk=AUT&ID=603&Opac=DEFAULT
https://www.treccani.it/enciclopedia/antonio-bulifon_%28Dizionario-Biografico%29/
https://www.treccani.it/enciclopedia/domenico-antonio-parrino_(Dizionario-Biografico)/
https://books.google.it/books?id=i2GkJW8cnU0C&pg=PT2&hl=it&source=gbs_selected_pages&cad=3#v=onepage&q&f=false
https://books.google.it/books?id=MOv2ym9ALaoC&hl=it&source=gbs_similarbooks

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