Il mondo dei femminielli è estremamente complesso e parlarne senza cadere in facili cliché, non è facile. Questo articolo è un sunto di quattro anni di lavoro con amici femminielli e di incontri con l’Afan, l’Associazione delle Antiche Femminell’ Napoletane. Questa ricerca ha portato a molti articoli e interviste che sono uscite su Succedeoggi, Cronache di Napoli, Facemagazine, Ilgiornale.It.

Matrimonio dei Femminielli, Pagani. Foto Luca Fortis

Marcello Colasurdo e la tammurriata

Marcello Colasurdo è uno dei più famosi cantori di tammorra, oltre che essere considerato il portavoce dei femminielli durante la processione di Montevergine, quasi il loro sacerdote. Ecco un estratto di un nostro incontro, uscito anni fa su Succedeoggi

La tammurriata, racconta Colasurdo, era presente in ogni aspetto della vita. Quando morivano gli anziani, i capostipiti, le persone piangevano i propri morti con i canti a “fronna”, chiamati tecnicamente a distesa. Si trattava di un canto acre, in cui si raccontava la vita del defunto. Si riempivano le bare di vino, pane e grano, prosegue Colasurdo, erano quasi delle barche per un viaggio verso l’eternità. Quando cantavano, queste donne parlavano con il morto: “Me lo dicesti con la bocca tua”. Cantando a “fronna” raccontavano di quando il marito gli propose di fare la “fuitina”. “Me lo dicesti con la bocca tua – dicevano – di scappare insieme prendendo il treno Pomigliano-Baiano”. Definivano, racconta, il defunto “un traditore” perché passato dall’altra parte cioè nell’aldilà. La morte non era un evento triste, sostiene Colasurdo, era una festa. C’erano le coefore che cantavano la vita del morto con tanto di libagioni, come nel mondo greco. Nel cortile permaneva una grande sacralità.

Biagio De Prisco, famoso cantore di tammurriata, foto Luca Fortis

Cibele e le Mater Matutae

La cultura delle tammorre e dei femminielli, sostiene Colasurdo, è profondamente legata al mondo greco pagano, di Cibele e delle Mater Matutae.

Le Mater Matutae sono molto simili all’iconografia della madonna cristiana, solo che invece di avere Gesù in braccio, hanno tanti figli tra le braccia per rappresentare la fertilità.  Raffigurano la madre terra fertile che partorisce

I femminielli, prosegue, sono molto legati al mondo di Cibele e delle Mater Matutae,  perché come la natura è sia maschile che femminile, lo siamo anche noi. Come il sole e la luna. È la madre terra che ci ha creato e “concimato” così. In fondo, sostiene, i sacerdoti di Cibele si auto eviravano probabilmente proprio per ricordare questo concetto. Oggi, laddove vi erano culti legati a Cibele o alle Mater Matutae, mette in luce Marcello Colasurdo , vi sono santuari legati alla Madonna. Luoghi in cui avvengono processioni, in cui si suonano le tammorre e in cui vanno in processione i femminielli. La terra è generatrice. I contadini, per Colasurdo, non hanno la consapevolezza degli antropologi, semplicemente perpetuano questi riti antichissimi. Ancora oggi ai funerali alcuni anziani mettono una monetina nella bara e dicono: “Se non dai la monetina, quello nun te fa passare”. Non sanno che parlano di Caronte.  Raccontavano che il canto era per far festa, perché la persona tornava da dove era venuta. Era un mondo circolare.

Anche le tammorre, prosegue, recano ancora molte tracce del culto di Cibele. Per rappresentare la creazione spesso nei canti si toccano le parti intime, come se si spargesse il seme. Si indicano i genitali maschili e anche femminili. Anche il vero Pulcinella, quello della tradizione, è diverso da quello goldoniano. Rappresenta il seminatore che fertilizza Cibele per far rinascere la vita. Noi, racconta, ancora lo rappresentiamo con questo significato nel carnevale. Anche quando facciamo il matrimonio della “Zezza” vi è traccia di Cibele. L’anziano è il vecchio anno che non vuole andare via. La Zezza, che è la natura, è la moglie e rappresenta la madre terra che è ruffiana. Lo caccia perché deve arrivare il nuovo marito, la primavera. Lei deve vedere tutti e quattro mariti che rappresentano le stagioni.

Marcello Colasurdo con i suoi musicisti, foto Luca Fortis

Marcello Colasurdo e la candelora dei femminielli a Montevergine

Durante la candelora, la Mamma Schiavona, che è la Madonna di Montevergine, invoca l’arrivo della primavera che fertilizza. In quel luogo, racconta Marcello Colasurdo, i femminielli hanno un rapporto diretto con la Madonna, con la Madre Terra. Quando sono lì divento quasi un sacerdote, dico cose che nessuno mi ha insegnato. Sono preghiere, salmi che ti nascono dal cuore, arrivi direttamente alla divinità. Le persone attorno, prosegue, ti delegano a farlo, diventa quasi un mantra. Per Colasurdo si tratta di “un urlo millenario che nessuno può fermare, nemmeno la chiesa che tante volte ha provato fermarci e che oggi invece è tornata ad accoglierci come ha fatto per secoli”.

Marcello Colasurdo a Montevergine, foto Luca Fortis

CiroCiretta e il mondo dei femminielli

CiroCiretta è uno storico femminiello di Torre Annunziata, in questo frammento di un’intervista su Facemagazine, ci parla della cultura dei femminielli. 

Io ho sempre pensato, racconta CiroCiretta, che non sia la persona, ma la geografia a essere davvero centrale. È Napoli con le sue tante anime che rende differente il femminiello. Persone che non si sentono né uomo, né donna ma entrambi, in modo dualistico, puntualizza, si possono trovare in tante culture, ma è la nostra terra che rende un femminiello quello che è. Non è l’essere umano il protagonista, prosegue, infatti l’uomo è solamente “un essere appena ricoperto di pelle”. È la terra, la cultura, la storia che fanno del femminiello qualcosa di napoletano. Spesso, per CiroCiretta, si tende a mettere l’essere umano al centro, ma è il luogo in questo caso a essere centrale e a far sì che l’essere ne assorba l’energia.

CiroCiretta e Bruno, matrimonio dei femminielli, foto Luca Fortis

I femminielli e la cultura del doppio

Il femminiello, nella visione di CiroCiretta, è profondamente legato al concetto del doppio e alle classi popolari. Gli strati più poveri della società sono portati dalla vita a essere doppi pur di vivere, sono, aggiunge, quasi più rilassati, perché non hanno nulla da perdere. 

Sono abituati, racconta, a non scandalizzarsi per le complessità della vita. I guappi del Rione Sanità erano spesso spietati, ma anche raffinati e saggi pensatori che potevano sostenere discussioni profonde con gli intellettuali più famosi. Il popolo campano, per CiroCiretta, non si scandalizza nel vedere una prostituta che cura l’edicola votiva con la Madonna dell’Arco accanto al “basso” in cui esercita. In più, aggiunge,negli ambienti popolari si deve per forza fare squadra per ottenere qualcosa. Il poco cibo che c’è viene condiviso.

Vi sono tentativi di alleanza anche con il mondo dell’aldilà, aggiunge, per esempio con le “anime pezzentelle” quelle delle persone sepolte in fosse comuni durante i secoli. A Napoli ci si prende cura dei loro teschi e in cambio delle preghiere che si fanno per loro si chiedono delle grazie. Una vera alleanza tra il popolo sulla terra e quello dell’oltretomba. La figura del femminiello è mascolina e femminile e quando è ben miscelata non si sa davvero distinguere una dall’altra. Non vi è alcuna ansia di doversi definire.

CiroCiretta, funerale del Carnevale a San Marzano sul Sarno, foto Luca Fortis

La figliata dei femminielli

Per CicoCiretta, uno dei riti più misteriosi dei femminielli è quello della figliata. Con la “figliata” i femminielli portano avanti l’antica tradizione, di probabile derivazione pagana, degli uomini che si comportano come se stessero partorendo. Un rito talmente complesso che bisogna studiare molto per comprenderne tutti i significati. 

CiroCiretta, foto Luca Fortis

Il matrimonio dei femminielli

matrimoni dei femminielli vengono ancora organizzati soprattutto a Torre Annunziata, Torre del Greco, nei paesi vesuviani, Pagani e in altri luoghi dell’Agro Nocerino. Si tratta di un finto matrimonio, con tanto di carrozza che gira per tutto il paese e grande pranzo con tammorre, cantori, ma anche musica neomelodica. Sono feste a cui partecipano moltissime persone, femminielli e non. Si tratta di un rito legato alla primavera.

Funerale del Carnevale dei femminielli

A marzo invece, vi è il funerale del carnevale  in cui muore l’inverno per lasciare spazio alla primavera. Lo si fa ancora nella zona di Pomigliano d’Arco o nell’Agro Nocerino, per esempio a San Marzano sul Sarno. Si tratta di un rito che si pratica ancora in tanti paesi italiani e del mondo, ma che è intimamente legato con la ritualità dei femminielli.

È una festa di paese che avviene nelle corti, quelle più popolari. Si monta un piccolo palco dove si posiziona la bara con un pupazzo, quello del Carnevale, spesso chiamato Vincenzo. Attorno siedono le anziane del paese, eredi delle ultime lamentarici dei funerali di un tempo e i femminielli, di cui uno fa la parte della vedova. Attorno al palco si riunisce il popolo, con figli a seguito. Le signore e i femminielli fanno le condoglianze alla vedova, le ricordano come il marito abbia “fatto divertire”, grazie alle sue doti amatorie ed erotiche, un po’ tutto il paese. Il rito prevede un repertorio antico di battute ad alto tasso di erotismo. Il tutto però viene fatto in modo popolare e coinvolgendo nel rito le famiglie e i più piccoli.

Il funerale del Carnevale, San Marzano sul Sarno, foto Luca Fortis

Gerardo Amarante e l’ironia come arma di difesa

Gerardo Amarante, grande cantore degli Spaccapaese, in questo frammento di un’intervista per Facemagazine, ci racconta di come l’ironia sia una delle armi di difesa che ha permesso nei secoli ai femminielli di trovare un ruolo nella società.

Spesso, mette in luce Amarante, le persone legate alla cultura dei femminielli, hanno un’ironia molto pungente, perché hanno sempre dovuto difendersi in qualche modo. Soprattutto, aggiunge, in un mondo che era anche legato alla figura del “guappo” di quartiere. Quanto ti “abbuffavano di parole”, era l’ironia veloce e pungente che permetteva di difendersi. La gente, puntualizza, spesso ha paura di litigare con me, perché io li posso fulminare in un secondo. A volte anche in amore la gente può avere paura della tua popolarità.

Nel golfo di Napoli, racconta, vicino al mare, è sviluppata soprattutto la cultura dei femminielli che fanno la tombola scostumata, nell’entroterra, invece,  il mondo agricolo e i femminielli di queste zone, sono più legati alla tammurriata. Anche se ovviamente, aggiunge, la tombola c’è anche nel mondo agricolo, pur se in ogni zona i numeri hanno significati diversi legati alla cabala. La tombola vera, prosegue, è da sempre intimamente legata ai femminielli, perché questa cultura è storicamente vicina a quella del “sogno” e della sua interpretazione. Il mondo dei femminielli, conclude, è un mondo legato all’allegria. 

Pasquale Manfredi delle Lucciole e la tombola scostumata

Pasquale Manfredi del mitico gruppo delle Lucciole in questo estratto di una mia intervista per Succedeoggi ci parla della tombola scostumata.

Una volta, anni fa, racconta, ci chiamarono anche al Circolo della Stampa di Napoli, nel periodo natalizio. Noi, di fronte a quell’alta borghesia e aristocrazia napoletana, ci censurammo e non facemmo alcuna battuta scostumata. A un certo punto, dopo quattro numeri, qualcuno tra gli organizzatori, un giudice, ci fermò per chiederci se eravamo napoletani. Rispondemmo di sì. Ci chiese quindi se eravamo dei Quartieri o del Vomero. Confermammo di essere dei quartieri popolari. Allora ci urlò addosso, dicendo che ci avevano chiamato per la tombola “scostumata” che facevamo nei vicoli dei Quartieri Spagnoli. Noi replicammo che non avremmo mai potuto insultare la marchesa di fronte a noi, una volta che essa avesse estratto un numero. Il signore replicò che ci avevano chiamato proprio per insultare tutti quanti e in particolare la marchesa in prima fila, “per abbuffarla di parole”, perché era la più “bocchina” di tutte!!!” Fu un successo clamoroso, replicammo per un mese. Quando io estrassi il 39, che nella smorfia napoletana è l’acqua, chiesi alla Marchesa se avesse l’acqua a casa. Lei rispose sì. Al che io risposi: “Allora lavate ‘a pucchiacca, cc’à te fete!!!”.

Le Lucciole, foto archivio Pasquale Manfredi

Il rosario dei femminielli, cavallo di battaglia delle Lucciole

Una volta, racconta Pasquale Manfredi del famoso gruppo delle Lucciole,  portammo uno spettacolo in piazza nel Matese. Verso la fine, il mastro di festa, ci chiese di fare il “Rosario dei Femminielli”, uno dei nostri cavalli di battaglia. Disse che se non lo avessimo fatto, racconta Manfredi, non ci avrebbe pagato. Noi facemmo notare che eravamo davanti a un convento e che c’erano preti e suore in piazza seduti in prima fila. Il mastro ci disse che era proprio il priore del convento che aveva chiesto “Il Rosario dei Femminielli”. I preti morirono dal ridere a sentire un rosario così scostumato.
Noi. “Primo mistero si contempla, ‘ca l’uomo gorilla tene na palla verde e un’altra lilla. Uno, doie, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: “chist è audi nost”. Ora pronobis, arapa ‘o cul, pacc e zizze”.
Noi: “Uno, due, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: “Nel secondo mistero, ‘a bbon anema ‘e Mariella, quand arrape ‘e cuscetelle, se mett ‘o pescetiell e s’arrecrea ‘o stentiniello”.
Noi: “Uno, due, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: “Nel terzo mistero la bbonanima di don Arturo, quand cacciava chillu cetrullo, ce lo metteva tutt’n’culo. Ah…. Ah…, s’a arrecriava tutt ‘a natura”.
Noi: “Uno, due, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: Nel quarto mistero a’ bbonanima e’ Catina, quand era signorina, se faceva i ritalini. Poi arrivaieno i meircane e se mparaie ‘a ffa o’ pisc mmano. Poi arrivaieno i marocchini e se mparaie ‘a ffa e bbocchin”.
Noi: “Uno, due, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: Nel quinto mistero si contempla a’ bbonanima Padre e tuost annanz, quand ncontrav a Suor Violanza, cio’ ndustav sott ‘a panza. Ppo primm e dicere ‘a mess ciò chiavav rint ‘a fess”.
Noi: “Uno, due, tre e quattro”.
Pubblico: “Cinque, sei, sette e otto”.
Noi: “Per mia colpa, grandissima colpa, e quant cazz vajte magnat e chill ca’ vajte magnà ancor”.
Il rosario è finita andate in pace!

Le Lucciole, foto archivio Pasquale Manfredi

Bibliografia

I femminielli. Una monografia storico-spirituale sui femminielli, di Marco Bertuzzi, Ass.Multimage, 2018

Sitografia

http://www.succedeoggi.it/2018/02/tammorre-in-fabbrica/

http://www.facemagazine.it/femminielli-dalle-colonie-greche-ad-oggi-storia-campana/

http://://www.facemagazine.it/femminielli-e-tammorre-il-teatro-di-un-rito-antico-in-piazza-a-napoli/

http://www.succedeoggi.it/2019/06/tammorre-e-femminielli/

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  1. Felice Avatar
    Felice

    Bravi è dir poco, ciò che fate è cultura popolare i dotti storcono il muso ma a mio parere tutto va accettato condividerlo. è un’opzione. Auguri per il vostro lavoro

  2. DANIELE Avatar
    DANIELE

    SALVE, VORREI METTERMI IN CONTATTO CON LUCA FORTIS PERCHè MI SERVIREBBERO I DIRITTI SULLA STAMPA DELLE SUE FOTO. VI SAREI GRATO SE POTESSI AVERE UN CONTATTO VIA MAIL O CELLULARE, LASCIO I MIEI RECAPITI. GRAZIE MILLE, DANIELE MORETTI.

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    DANIELE.MORETTI11@GMAIL.COM

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