Il complesso monastico di Donnaregina comprende ben due chiese: la struttura più antica di cui le prime testimonianze storiche risalgono al VIII secolo e la nuova edificata secoli dopo per cercare di risollevare dall’incuria e dalla decadenza ciò che restava della chiesa precedentemente decorata con stile gotico. Nei secoli il complesso ha vissuto tra leggende, grandi esponenti dell’arte e persone di alto rango sociale e disastri naturali.
Le tre sorelle che presero voti per amore: Donnaregina, Donnaromita e Donnalbina
La chiesa di Donnaregina è legata ad una leggenda relativa al suo nome. A Napoli abbiamo 3 complessi monastici: Donnaregina, Donnalbina e Donnaromita, i tre monasteri si intrecciano alla leggenda che vede protagoniste le sorelle Toraldo. Il padre delle tre fanciulle, avendo avuto tre figlie femmine, convinse il re a far conservare il suo cognome alle figlie dopo esser convolate a nozze, con lo scopo di trasmetterlo alla progenie.
Donnaregina, la primogenita del Toraldo, venne promessa in sposa a Filippo Capece, ma in maniera quasi inspiegabile anche le altre due sorelle si innamorarono di costui. Le due sentendosi in colpa nei confronti della sorella maggiore decisero di prendere i voti e di investire le proprie doti per costruire due monasteri: quello di Donnalbina e Donnaromita
Il caso volle che Donnaregina poco prima di sposarsi con il tanto conteso Filippo, realizzò che costui non l’amasse per davvero. Decise così di prendere la strada per il convento e sulle orme delle sorelle minore diede origine al suo di monastero.
La simbiosi perfetta tra due stili e due epoche diverse
Il complesso monastico di Donnaregina è una di quelle strutture che difficilmente resta indietro negli anni, essendo sempre sull’onda delle tendenze che vi erano ai tempi. Donnaregina vecchia e Donnaregina nuova sono vissute l’una nell’altra abbracciandosi per interi secoli, sostenendosi nonostante il loro peso, fin quando non hanno ripreso a vivere separatamente.
La chiesa antica fu fondata da monache italo-greche nell’ VIII secolo, si pensa che il suo nome sia stato dato in onore alla donna che cedette i suoi terreni per far edificare il convento, Domina Regina. Nei secoli la chiesa è stata abitata da suore brasiliane, benedettine e francescane, che curavano e amministravano il complesso per quanto potevano.
Fin quando nel 1293 un violento terremoto colpì la città e il monastero ne uscì praticamente smembrato. Grazie alla generosità della regina Maria D’Ungheria, moglie di re Carlo D’Angiò, con una cospicua donazione avviò lavori di ristrutturazione per riparare l’intera struttura e conferirle uno stile molto più moderno per i tempi, quello gotico. Terminati i lavori nel 1316 la regina dispose che il suo sepolcro fosse posto in questa chiesa, ma questa morì un anno prima che i lavori fossero completati nel 1324.
Particolare attenzione dobbiamo porre al coro delle monache, considerato uno dei luoghi più suggestivi della chiesa antica perché decorato da un meraviglioso affresco. Rappresenta scene del Vecchio e del Nuovo testamento fu seguito da Pietro Cavallino e dalla sua scuola è considerato uno dei più grandi artisti del periodo gotico. Lo stesso affresco fu danneggiato nel 1390 da un fulmine che colpì la chiesa, infatti la zona posteriore dell’opera ha un colore completamente alterato dovuto al calore delle fiamme.
Il ‘600 che trasforma e il Chierici che separa
Durante i primi anni del seicento la chiesa vecchia era ormai condannata ad una lenta decadenza. Fu per questo che le monache decisero di commissionare la costruzione di una nuova chiesa completamente in stile Barocco. Nei lavori di costruzione della struttura, l’abside della chiesa nuova invase quasi completamente l’abside della chiesa vecchia.
Quando nel 1861 il convento venne soppresso, la chiesa vecchia passò al comune di Napoli. Suddivisa in vari ambienti, divenne sede di uffici delle guardie municipali nel 1864, di una scuola froebeliana nel 1865, di abitazioni provvisorie per i poveri dal 1866 al 1872; ospitò in seguito la Corte d’assise e dal 1878 la commissione municipale per la conservazione dei monumenti. In seguito a una decisione del consiglio municipale vi fu aperto tra il 1892 e il 1902 il “Museo della città” e dal 1899 ospitò la sede dell’Accademia Pontaniana.
Tutti questi cambiamenti di destinazione fecero si che la chiesa arrivasse ai primi del Novecento in uno stato di profondo degrado. La necessità di lavori di restauro per il complesso fu denunciata da molti intellettuali dell’epoca, come Emile Bertaux, uno studioso francese da tempo attento alle condizioni del monumento. Si decise infine, nel 1928, di affidare il restauro del complesso a Gino Chierici che riportò la chiesa gotica al suo assetto originale.
Con un eccelso intervento ingegneristico il Chierici spostò il coro della chiesa nuova, tramite l’ausilio di una macchina progettata da lui stesso: vennero creati sette muretti alti all’incirca 1 metro sopra i quali erano adagiati dei binari di ferro. Tutta la parete del coro venne imbracata e con l’utilizzo di corde e operai, nell’arco di diversi mesi, venne spostata liberando completamente l’abside della chiesa gotica.
Bibliografia
Vittorio Gleijeses, Chiese e palazzi, della città di Napoli, La buona Stampa, 1978
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