Giuseppe De Nittis a Napoli non è stato solo di passaggio, anzi. Barese di nascita, ma napoletano d’adozione, De Nittis fu uno dei più importanti esponenti del verismo e dell’impressionismo e proprio nella città partenopea ha trovato la sua formazione artistica. La sua arte è caratterizzata da una particolare attenzione alla resa dei valori atmosferico e cromatici. Seguendo la tradizione impressionista che portava a dipingere en plein air, all’aria aperta a contatto con la natura, l’autore ha dedicato molte delle sue tele ai fenomeni come il freddo, la neve, le nubi, il sole.
Giuseppe De Nittis e Napoli
La sua arte è legata alla città di Napoli, dove De Nittis trascorse gli anni della sua giovinezza e quelli della sua formazione artistica. Iniziò a dipingere giovanissimo, trovando ispirazione dal mondo circostante e da quello naturalistico. Nel 1863, ad appena 17 anni, però, fu espulso dall’Accademia di Belle Arti di Napoli per indisciplina, dove era stato allievo di Gabriele Smargiassi e Giuseppe Mancini.
L’espulsione lo segnò profondamente creando al contempo un momento di rottura con la tradizione accademica. Fu probabilmente in questo momento che nacque la poetica artistica dell’autore, che iniziò a ricercare un proprio linguaggio artistico, più libero e sperimentale.
La Scuola di Portici
Nel 1863, De Nittis entrò a far parte della Scuola di Portici, un gruppo di artisti che si riunivano a Portici, poco distante da Napoli, per dipingere en plein air. È in questo ambiente che De Nittis affinò la sua tecnica, sviluppando una sensibilità naturalistica.
Napoli è fondamentale per De Nittis e la sua arte che, nel 1864, partecipò anche alla terza esposizione della Promotrice Salvator Rosa di Napoli, con due suoi lavori intitolati L’avvicinarsi del temporale. Ancora una volta era il tempo protagonista di questo autore. Le opere furono particolarmente apprezzate dal pittore Adriano Cecioni, noto critico d’arte, che divenne per l’artista un importante mentore.
Nel 1866, De Nittis eseguì L’Ofantino, un dipinto che segna un momento di svolta nella sua produzione artistica. In quest’opera, infatti, De Nittis utilizza una tecnica pittorica più libera e sperimentale, basata sulla resa dei valori atmosferici e cromatici che indagherà con crescente interesse.
La Napoli del XIX secolo
La città di Napoli ha avuto un’influenza profonda sull’arte di De Nittis: i paesaggi napoletani, con la loro bellezza e il loro fascino, e i volti delle persone, con la loro espressività, sono stati una fonte di ispirazione costante per il pittore.
In quegli anni Napoli, con le sue correnti e scuole pittoriche, è stata un crocevia importante per gli artisti. Lo dimostra, negli stessi anni, anche la presenza di un altro noto pittore impressionista, Edgar Degas, di cui Napoli ospitava il nonno, Hilaire Degas, proprietario dell’imponente Palazzo Pignatelli di Monteleone, dove il pittore francese era stato ospite.
La Scuola di Posillipo
Napoli poteva contare infatti la Scuola di Posillipo, con i più rinomati paesaggisti del tempo come Anton Sminck Van Pitloo, la stessa Scuola di Portici, con cui De Nittis era entrato in contatto, sviluppando una vera e propria corrente di pittura napoletana che si afferma nel corso del XIX secolo.
Giuseppe De Nittis lasciò il capoluogo partenopeo nel 1867, per trasferirsi prima a Firenze, dove entrò a contatto con i Macchiaioli, un gruppo di pittori che si ispirava all’impressionismo francese, per poi recarsi a Parigi, capitale europea dell’arte del XIX e XX secolo.
Giuseppe De Nittis morì prematuramente proprio a Parigi nel 1884, all’età di 38 anni. La sua è una carriera breve ma intensa, che ha lasciato un segno indelebile nella storia della pittura italiana e non solo. Oggi l’artista è noto e apprezzato in tutto il mondo, mentre le sue opere fanno parte delle collezioni dei più importanti musei. Ma la maggior parte dei lavori dell’artista si trovano all’interno dell’omonima Pinacoteca De Nittis, frutto della donazione della moglie Léontine, che volle lasciarli alla città d’origine del marito.
Giuseppe De Nittis è sepolto a Parigi nel cimitero di Père-Lachaise. Il suo epitaffio, scritto da Alessandro Dumas figlio, recita così: «Morto a 38 anni nel pieno della giovinezza, in piena gloria, come gli eroi e i semidei».
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