“Farmacia di turno” è una commedia del drammaturgo e attore Eduardo De Filippo (1900-1984), scritta nel 1920 e posta in apertura alla raccolta “Cantata dei giorni pari”. La “Cantata” riunisce tutte le opere di De Filippo appartenenti al primo periodo, quindi dal 1920 al 1944. A partire dal 1945, infatti, con “Napoli milionaria!”, Eduardo si avviò verso un teatro più impegnato, realistico e moralistico. Le commedie del primo periodo, invece, sono di carattere perlopiù farsesco: un classico esempio, vedremo, è “Farmacia di turno”.

Farmacia di turno

La trama di “Farmacia di turno”

SCENA PRIMA

La scena si ambienta all’interno di una farmacia, di cui il proprietario è il protagonista Saverio. Il primo cliente a far ingresso nella bottega è il medico Teodoro, caro amico del farmacista, che passa quotidianamente a trovare.

SCENA SECONDA

I due si ritrovano ben presto a commentare un fatto di cronaca appena letto sul giornale: “Marito uccide la moglie per il semplice sospetto della sua onestà”. Saverio è del parere che, se una donna vuole stare con un altro uomo, deve lasciare il proprio marito e andar via. Definisce il matrimonio come “la più grande pazzia che un uomo possa commettere” e racconta a Teodoro che, da quando si è separato, ha riacquistato la sua pace.

– Un bel giorno la mia signora sparì […] in seguito sentii che si è unita con un gran signore […]. L’altro giorno venne uno…che saccio…dice che è il suo avvocato…chella vo’ l’annullamento del matrimonio!

Saverio, dunque, spiega a Teodoro la sua complicata situazione familiare: la moglie gli domanda l’annullamento del matrimonio che lui, per difendere la sua reputazione, non le concederà mai.

In seguito, Saverio racconta a Teodoro della sua nuova invenzione: un potentissimo veleno per topi a base di arsenico. Il medico chiede al protagonista di mettergliene una bustina da parte per uccidere i topi che saltuariamente si ritrova in casa.

– Ve lo metto in questa carta rossa, così non ci possiamo confondere…sapite cumm’è? Quello è arsenico.

SCENA TERZA

Successivamente entra nella farmacia Carmela, la cameriera della moglie di Saverio, la quale chiede un’aspirina per la propria signora. La scena dal carattere comico, in cui Carmela viene corteggiata da un altro cliente, Enrico, si conclude con un equivoco: Carmela, anziché prendere il sacchetto dell’aspirina dal bancone, prende quello contenente il veleno per topi lì lasciato da Saverio.

SCENA QUARTA

La giornata lavorativa per Saverio non finisce qui: arrivano il falegname Vincenzo e la moglie Rafilina. Vincenzo vuole che la sua consorte, apparentemente in stato di depressione, venga visitata dal dottor Teodoro. Quest’ultimo le dà un’occhiata e giunge ad una conclusione:

TEODORO: Questa è cosa da niente…è un poco di esaurimento nervoso…una buona cura ricostituente vi guarirà completamente

VINCENZO: Ue…comme dicette chill’atu miedeco…Bacoloro!

TEODORO: Mo vi scrivo una ricettina…cercate soprattutto di essere calma…

VINCENZO: comme dicette Bacoloro…

TEODORO: Niente caffè, niente eccitanti, riposo…e mo m’avite ‘a pagà. Chesto nun ‘o dicette Bacoloro?

 I coniugi lasciano a Teodoro un compenso di due lire perché in effetti ha detto “tutto chello che dicette Bacoloro”, un altro medico consultato in precedenza. Escono di scena lasciando Teodoro in preda alla furia.

SCENA QUINTA

Arriva in farmacia l’ultimo cliente della giornata: il portiere del palazzo Gregorio, per farsi tirar via un dente cariato. Mentre Saverio procede all’operazione nel retrobottega, Teodoro si prepara per andarsene. Sul bancone cerca il sacchetto di veleno per topi che aveva richiesto a Saverio all’inizio della giornata, ma trova unicamente quello dell’aspirina fatto preparare per Carmela.

Il farmacista, allora, pensa che la cameriera non sia venuta ancora a ritirare la medicina e che, nella distrazione, lui si sia dimenticato di mettere da parte il veleno per Teodoro.

SAVERIO: Carmela nun se l’è venuto a piglià ancora…’e cartine vostre forse nun l’aggio fatte…me sarraggio distratte… mo v’e vaco a fa!

TEORODO: E se ne parla dimane…io me ne vado perché è tardi…ce vedimmo dimane…buonasera

SCENA ULTIMA

La commedia si conclude in modo tragicomico: arrivano il brigadiere Pasquale e la guardia Peppino per scortare Saverio in questura con l’accusa di omicidio premeditato nei confronti della moglie. Pasquale spiega che la donna si trova in ospedale per aver assunto un veleno e le sue attuali condizioni sono ancora sconosciute. Saverio, spaventato e preoccupato, capisce poi cosa sia potuto accadere: “Mado’…vuò vede’ ca’ è succiesso o mbruoglio ca cammarera?”

Portato via l’inconsapevole uxoricida, il sipario cala su Gregorio, rimasto chiuso nella farmacia. Era intanto rimasto nel retrobottega a farsi dei risciacqui.

GREGORIO: Don Savè…Don Savè…ma ch’è succiesso? Don Savè chi ha stutat’ e luce? U mamma mia, m’hanno nzerrato a ‘into! Don Savè io aggio rimasto o’ palazzo sule…arapiteme…arapiteme!

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