La città di Resina (odierna Ercolano) visse un capitolo romantico verso la fine dell’800 con una bellissima storia d’amore di due odalische, che sembra tratta dalle pagine delle mille e una notte.
Piu’ precisamente siamo nell’anno 1879, quando la città di Resina fu onorata dalla presenza di un ospite esotico, l’ex Kedivè d’Egitto Ismail Pascià, già noto per aver aperto sotto il suo regno il canale di Suez, era stato deposto e costretto a lasciare il suo paese per non aver pagato gli interessi del debito pubblico egiziano; si era imbarcato sul suo panfilo per trascorrere un periodo di pace e distrazione sulle del golfo di Napoli.
L’allora Presidente del Consiglio Benedetto Cairoli, nell’intento di ottenere futuri rapporti commerciali, offrì al principe egiziano la bella villa Favorita a Resina.
Ismail Pascià accettò l’offerta con grande entusiasmo e si stabilì, col suo seguito, in quell’angolo suggestivo fra il Vesuvio e il mare, prendendo dimora al primo piano. Per accedervi fece costruire un’apposita scala a chiocciola, a destra del portone. Il resto del primo piano, e tutto il secondo, era per le principesse. Nell’ultimo piano matto e nel sotterraneo erano, alla rinfusa, le schiave. Il secondo palazzo era per il seguito maschile: la palazzina verso il mare, che Ismail aveva provveduto a riacquistare, per i principi.
Ovviamente i resinari si mostrarono subito curiosi di conoscere gli usi e i costumi di quella corte orientale. Si favoleggiava del lusso di Ismail, si parlava di odalische bellissime intraviste attraverso i cancelli e di squadre intere di eunuchi a custodia della loro fedeltà. Mille leggende cominciarono a spuntare sulla bocca di tutti.
L’incontro con le odalische
Comunque quella che sembrava una impenetrabile cortina di diffidenza, amplificata dalla diversa civiltà, fu svelata da un episodio nuovo e del tutto singolare. Una tenera storia d’amore nacque, come s’è detto, all’ombra della bella Villa Favorita e unì indissolubilmente due cuori, quello di una bella odalisca e di un baldo resinaro.
Praticamente I fatti si svolsero piu’ o meno così : ogni sera due belle odalische, sfuggendo alla sorveglianza dei guardiani, salivano sulla terrazza di Villa Favorita, da dove il loro sguardo di poteva carezzare, con profonda dolcezza ed ammirazione, quei dintorni ricchi di bellezze naturali.
Una sera in particolare, nela terrazza di Villa Campolieto, al lato della Favorita, due baldi giovani resinari, cominciarono a fissare le due belle straniere, rese ancora più belle dalla leggenda che le circondava e dal posto in cui si trovavano. Gli sguardi s’incrociarono, si smarrirono e gli occhi, come spesso succede, parlarono al cuore.
Questo gioco di sguardi e di complicità si replicò per molte sere, e l’ardente voglia di vedersi e di incontrasi diventò irrefrenabile. Solo che le due odalische erano praticamente inavvicinabili ed il principe Ismail Pascià era molto geloso delle donne della sua corte.
Ma ovviamente Amor omnia vincit e la bella ed intraprendente Severnisia escogitò un sistema per rispondere al suo giovane innamorato ovvero scrivendo un messaggio su un foglio avvolto in un sasso e lo lanciò in direzione del giardino di villa Campolieto.
I due giovani lo raccolsero e non conoscendo il turco fecero ricorso al compiacente interprete del Kedivè, e dopo aver tradotto il messaggio incitò i due giovani a coltivare la speranza di un futuro incontro con le belle odalische.
La fuga per l’amore
Pertanto si stabilì tra le due coppie una singolare corrispondenza epistolare. Le due belle odalische si dichiaravano disposte a ricambiare i sentimenti dei due giovani resinari, ma facevano presente che non potevano corrispondervi appieno perché erano schiave del loro principe e sorvegliate gelosamente.
Sebbene , come in tutte le favole belle, l’amore superò tutti gli ostacoli e alla fine trionfò.
L’occasione venne una sera quando si festeggiava il Ramadan, e tutta la Villa era percorsa da un via vai insolito di centinaia di persone. Il parco era illuminato, e le stanze e i corridoi della splendida residenza erano rallegrati dalle dolci melodie di musiche orientali: tutti erano come in estasi, pronti tuttavia a rubare la gioia ed il piacere ad una sera di divertimento.
Milka e Severnisia approfittarono di quello stordimento generale per attuare il loro disegno, ovvero la fuga verso la felicità. Travestite da uomini, col cuore gonfio per la paura ed ebbro d’amore, si avviarono verso l’uscita del palazzo.
Ma la sola Severnisia riuscì a sgusciare all’esterno e a fuggire verso Villa Campolieto.
Quando il Principe Ismail seppe della fuga della sua Severnisia, ne reclamò a gran voce la restituzione. Ma il giovane avvocato si assunse tutta la responsabilità del caso e dichiarò di voler fare sua la bella odalisca.
L’Italia lasciò liberi gli innamorati di vivere l’uno per l’altro.
Ma poiché la comunanza spirituale si fa completa quando comune è il linguaggio, il giovane pensò di far apprendere alla sua amata la lingua italiana nell’Istituto Orientale di Napoli.
Qualche anno dopo la bella fanciulla ricevette il battesimo e si chiamò Libera, Immacolata, Aida.
La dolce favola culminò, infine, con il matrimonio tra il giovane avvocato e la bella Severnisia in Resina, e la loro unione fu legalizzata dal sindaco del tempo, comm. Alessandro Rossi.
E l’altra odalisca?
Purtroppo meno fortunata di Severnisia, era stata scoperta ed arrestata dalle guardie del Kedivé e più nulla si seppe di lei.
Il dato certo fu che, quando Ismail tornò in Egitto dopo sei anni di soggiorno a Resina, delle ventitré donne condotte in Italia ne ritornarono in Egitto solo ventuno.
Forse nella sera magica della fuga, mentre la fortunata Severnisia andò incontro all’amore, l’altra andò incontro alla morte.
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