La città di Sarno, nel territorio dell’Agro Nocerino-Sarnese, è tristemente nota per la tragica alluvione che si abbatté sul suo territorio nel 1998, coinvolgendo anche le località di Siano, Bracigliano, Quindici e San Felice a Cancello. Sono passati oramai 23 anni da allora, ma il ricordo di quelle terribili quattordici ore è ancora indelebile nella mente dei cittadini.
I numeri della tragedia
160 vittime, 180 case distrutte e altre 450 danneggiate, 2 milioni di metri cubi di materiale piroclastico disceso a valle alla velocità di 10 metri al secondo: sono solo alcuni degli sconvolgenti numeri di una catastrofe che colpì principalmente Sarno. Il tutto avvenne tra le ore 14:00 del 5 maggio e le ore 03:50 del 6 maggio 1998: quattordici ore in cui successe davvero di tutto.
Delle centinaia di vittime mietute se ne registrarono ben 137 nella sola Sarno. Nei giorni precedenti l’intero territorio era stato interessato da rovesci di pioggia incessanti: 150 mm nella piana e addirittura 400 mm sulle vette dalle quali poi è partita la frana.
5 maggio ore 14:00. L’inizio della fine
I primi segnali di pericolo giunsero dal piccolo comune di Quindici, nella provincia di Avellino, resosi conto dell’anomalo innalzamento dell’acqua nei canali. Da quel momento inizia a scendere a valle una quantità sempre più consistente di fango lungo diverse pendici: i monti di Avella, il Pizzo di Alvano e il Monte Saro (quello rivolto verso Sarno).
La conformazione geologica di questi rilievi vede due strati sovrapposti: un substrato di roccia calcarea e uno di materiale piroclastico accumulatosi nel tempo a seguito delle eruzioni del Vesuvio. La pioggia incessante provocò lo scivolamento dello strato superiore e quindi rapide colate di fango (poi evolute nel fenomeno del “lahar“).
Tra le ore 20:00 e le ore 24:00 si verificarono i fenomeni più gravi e violenti: boati, frane e terremoti si susseguirono con un ritmo terrificante. E queste catastrofi comportarono ulteriori danni collaterali: black out totali, danni all’ospedale di Sarno “Martiri di Villa Malta” e crolli.
Le cause della tragedia
Ridurre le cause di questa tragedia solamente alle violente precipitazioni risulterebbe alquanto riduttivo e ingiusto. Come spesso accade nella maggior parte dei fenomeni franosi, una delle variabili fu l’elevato numero d‘incendi che da tempo avevano interessato le pendici montuose intorno Sarno. Come ricorda Legambiente, infatti, tra il 1982 e il 1990 si era verificato un calo della superficie boschiva pari al 13,4 %.
Anche la scarsa manutenzione dei canali di impluvio contribuì al disastro. A ciò va aggiunto l’increscioso abusivismo edilizio che interessò (e interessa ancora!) il territorio dell’Agro Nocerino-Sarnese, sostenuto anche e soprattutto dalla criminalità organizzata. Sono tutte “concause antropiche” di un frana che, se non del tutto evitata, avrebbe potuto essere sicuramente arginata.
Rilevanti sono anche i fattori organizzativi. La scarsa considerazione iniziale dell’evento, i ritardi negli interventi, la mancanza di un modello di azione coordinato non fecero altro che incrementare una situazione già di per sé complicata.
Sarno 23 anni dopo
I cittadini di Sarno ricordano la notte tra il 5 e il 6 maggio 1998 come fosse ieri. Fu un evento che ebbe un’eco enorme anche nell’opinione pubblica, travalicando gli stessi confini nazionali. Attualmente il territorio è interessato da un rischio idrogeologico non indifferente e le soluzioni adottate sembrano sempre insufficienti e poco rassicuranti.
Ma il compito di tutti è quello di ricordare. Non solo per rendere omaggio alle 160 vittime innocenti che persero la vita, ma anche per sensibilizzare affinché tragedie del genere non si verifichino più.
Foto di copertina del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco
Fonti
- AA.VV., Fango. Il modello Sarno vent’anni dopo, Legambiente 2018.
- Bianca De Fazio, Abbiamo chiesto aiuto ma non ci hanno ascoltato, in “La Repubblica”, 6 maggio 1998
- Francesco Tortora, Sarno dieci anni dopo la frana, in “La Repubblica”, 4 maggio 2008
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