L’italiano è una lingua che, in ogni regione, trova nuove interpretazioni e nuove parlate.
Vi avranno forse qualche volta consigliato (spero di no) di andare dallo ” pisicologo”, e magari voi avreste voluto mandare lui…ad un corso di lingua.
Rabbrividire è naturale, ma quello che non si può sapere è che questa variante altro non è che un processo di semplificazione.
Infatti il parlante insallanuto nella difficoltà di pronunciare il nesso consonantico ps ci aggiunge una vocale. Questo fenomeno è chiamato in linguistica, e questo nome ci farà rabbrividire più dell’errore, epèntesi o più propriamente anaptissi.
A Napoli, a detta di tua nonna, quando ti stringe le guance contenta che sei andato a trovarla, non sei “bellino” ma sei bèllillo . Sì, perché nell’italiano locale notiamo una forte presenza dei suffissi -illo, -ella. Quindi oggi fuori scuola non avrete mangiato una pizzetta ma una pizzèlla.
E visto che il napoletano è molto creativo, sono sempre formazioni di nuovo conio alcune forme avverbiali al superlativo. Un esempio su tutti è benissimamente che sovente conferisce al discorso un tono elevato.
E chi non ha mai sentito nel racconto di un litigio: “Quello ha detto vicino a me…”. Non approfondiremo qui la questione del diverbio, vi basti sapere che nell’italiano locale è molto diffuso l’uso di vicino a prima di verba dicendi.
A Napoli poi c’è un fenomeno diffusissimo: l’aggettivazione dell’avverbio. E se ancora non avete capito, ora ve lo spiego bello chiatto chiatto. Ad esempio, si usa sostituire l’espressione corretta va bene con va buono.
E se anche voi avete un amico che abita sopra il Vomero e dovete accontentarvi di uscire giù Napoli allora vi sono già chiare le gerarchie degli avverbi di luogo nella parlata napoletana.
E lo so che pare brutto ma visto che a Napoli così si fa, io questa lezione la finisco così , bello e buono.
-Roberta Ibello
Leave a Reply