In una Napoli che produsse alcuni fra i più illustri uomini della Storia, ben poco spazio hanno le donne. Fra questi personaggi poco consociuti si nasconde proprio l’incredibile avventura di Maria Teresa De Filippis, la prima donna al mondo a gareggiare in Formula Uno.
Di sangue blu, come la baronessa Angela Attini che fondò il calcio femminile in Italia, aveva una strana predilezione per gli sport maschili. Uno su tutti: l’equitazione. Il padre era un famosissimo ingegnere, lo stesso che inventò l’irrigazione elettrificata che fece la fortuna di tutti gli agricoltori alle falde del Vesuvio; la madre era una donna assai moderna nelle idee e molto interessata alla cultura, forte della sua gentile estrazione sociale, che le permise una vita di grandi lussi ed agi.
Nata proprio nello stesso 1926 che diede origine alla SSC Napoli, sin da bambina cominciò a dilettarsi nel domare i cavalli all’interno del ricchissimo Palazzo Bianco di Marigliano, che riuscì a proteggerla anche quando le bombe facevano tremare Napoli.
Nella sua camera con vista sul Vesuvio, infatti, visse la sua adolescenza in campagna, lontano dagli orrori della guerra ed in compagnia dei soli fratelli.
Una carriera iniziata per gioco
La sua carriera nelle corse automobilistiche iniziò poi per gioco: finito il conflitto e con l’Italia in macerie, a ventidue anni era una ragazza con grandi ricchezze e spaesata dinanzi all’immenso futuro: cosa avrebbe fatto? Quale sarebbe stato il suo futuro, dopo una adolescenza perduta nella guerra?
Il destino, però, bussa improvvisamente alla porta anche quando non lo si conosce: il giorno del compleanno dei suoi ventun’anni, i suoi fratelli lanciarono una provocazione alla giovane contessa: “riusciresti a guidare un’auto con la stessa bravura con cui cavalchi un cavallo?“. Lei, spirito orgoglioso, non si scompose e, entrata nell’auto di famiglia, la guidò senza alcuna esitazione nel cortile del palazzo. E scoprì che i cavalli motore sono molto più divertenti delle corse sui cavalli. Di lì, il suo sogno: avrebbe un giorno corso nella Formula Grand Prix, quella che, qualche anno dopo, sarebbe diventata la Formula Uno.
E così, nel 1948, si iscrisse alla Salerno-Cava de’ Terreni, dove si aggiudicò il primo premio e, solo pochi mesi dopo, riuscì ad ottenere il secondo posto alla Sorrento-Sant’Agata. L’auto vincitrice suscitava il riso di tutti: una vecchia Fiat 500 del 1940, goffa, rumorosa e lenta automobile che, tanti anni prima, provò a portare le comodità delle quattro ruote agli italiani, che ancora si muovevano a dorso di mulo.
Una professione
Quello che era stato un semplice svago si trasformò ben presto in una vera e propria passione. Inizia infatti a gareggiare in diverse corse automobilistiche, sperimentando sulla propria pelle i pericoli di questo sport: nel ’54 perde il titolo del Campionato Italiano Piloti a causa di un grave incidente che le costerà anche l’udito dell’orecchio sinistro.
Gli anni ’50 videro a Napoli un vero e proprio fermento dell’attività femminile: spinti dall’entusiasmo, da brave figlie dell’epoca nuova, le donne napoletane cominciarono a creare associazioni sportive di ogni genere che occupavano ogni sport prima considerato maschile: dal tennis al calcio, con la nascita del primo campionato di calcio femminile in Italia.
Ma è nel 1958 che avviene la svolta della sua carriera, che inaugurerà la presenza femminile in uno sport da sempre considerato per soli uomini: gareggia, acquistando privatamente una Maserati, nella Formula Uno, entrando nell’olimpo del maestro Tazio Nuvolari soprannominata Pilotino, corse per sei gran premi.
Si diceva che la sua guida fosse così pericolosa e veloce che, prima o poi, sulla sua auto avrebbe incontrato morte certa. Avevano ragione. O quasi.
La predizione sbagliò infatti il destinatario: nel 1959 morì tragicamente il suo compagno di squadra ed amico, Jean Behra, durante il Gran Premio di Germania, proprio sull’automobile che lei stessa avrebbe dovuto guidare. Che sia stato il destino o la fortuna a scansarla dalla sua bara di metallo, nessuno potrà mai saperlo.
L’addio di De Filippis
Di certo quell’episodio non lasciò De Filippis indifferente: dopo una vita passata ad amare le automobili, a 36 anni decise di lasciare quel mondo di gentiluomini e di morte a folli velocità che, dieci anni prima, aveva corteggiato con occhi sognanti.
È stata una donna forte, che non si è mai arresa di fronte alle difficoltà e agli ostacoli che spesso altri colleghi mettevano sulla sua strada: si racconta che, al Gran Premio di Francia, il direttore di gara non le permise di partecipare sostenendo che l’unico casco che una donna deve indossare sia quello del parrucchiere.
Ci ha lasciati lo scorso 8 gennaio nella sua casa vicino Bergamo; solo l’anno scorso la Maserati aveva voluto celebrare il suo Pilotino, rendendola la protagonista di uno spot pubblicitario.
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di omaggiare non solo una concittadina, ma una delle tante fautrici dell’emancipazione femminile mondiale.
-Federico Quagliuolo e Federica Russo
Disegno di Lisa Emanuela Mocciaro
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