Il nome “Urania” forse non vi dirà molto. Siete davvero sicuri che la prima donna italiana nello spazio sia stata Samantha Cristoforetti? O che il primo libro a parlare di un viaggio sulla Luna sia il famosissimo ‘Dalla Terra alla Luna’ di Jules Verne? Ebbene: vi sbagliate: la prima donna sulla luna “nacque” nel XIX secolo nella mente di Ernesto Capocci, un astronomo napoletano.
Il sogno del viaggio sulla Luna
Da tempo immemore, l’uomo alza gli occhi verso il cielo. E lo fa per le più svariate ragioni: contemplare la naturale bellezza di un cielo luminoso di stelle, osservare il passaggio del tempo attraverso le costellazioni e fantasticare sull’astro che illumina il cammino dei viandanti nel buio della notte.
In effetti, moltissimi autori della letteratura hanno immaginato quali potessero essere i segreti nascosti dall’altra faccia della Luna: da Dante, che nel Paradiso ne attraversa il cielo per arrivare fin sull’Empireo ad Ariosto, che la immagina come il mondo in cui abbonda tutto ciò che sulla Terra gli uomini si affannano a cercare.
Ma è con l’invenzione del telescopio nel ‘600 che divenne opinione comune che la Luna fosse una sorta di ‘seconda Terra’, abitata o abitabile e raggiungibile con un qualunque mezzo di trasporto aereo.
Superate le credenze popolari, è nell’ 800 che l’astronomia come scienza iniziò la sua espansione: una fetta sempre più grande di studiosi molto facoltosi decisero di impiegare il loro tempo (e soprattutto il loro denaro) alla ricerca di una spiegazione razionale del cielo.
Quello che prima era solo un luogo di fantasticherie da poeti, divenne un vero e proprio fenomeno da studiare.
La storia di Ernesto Capocci di Belmonte
Ed è in questa corrente di pensiero che nacque e visse Ernesto Capocci; egli era figlio del principe di Belmonte, discendente da una famiglia patrizia romana, e nipote dell’astronomo Federico Zuccari, una delle personalità che partecipò in prima persona alla progettazione ed alla costruzione di quello che fu il primo Osservatorio astronomico in Italia: quello di Capodimonte.
Ernesto fu inviato in un seminario a Sora, oggi in provincia di Frosinone ma all’epoca sotto il dominio del Regno, ed educato alla cultura umanistica, lontano dalle turbolenze che si abbattevano allora su Napoli a causa di Napoleone.
Conclusi i suoi studi, grazie allo zio, iniziò a frequentare come alunno nel 1819 il ‘Real Osservatorio provvisorio di San Gaudosio’, luogo in cui venivano coltivati i giovani talenti in attesa della fine dei lavori del nuovo centro di ricerca.
Inaspettatamente di lì a poco il fratello della madre morì ma Ernesto, grazie alle sue qualità, venne ben presto preso in simpatia dal nuovo direttore che lo nominò, a soli 21 anni, astronomo in seconda.
Come ogni novellino che si rispetti, la sua carriera iniziò senza troppe pretese fra previsioni meteorologiche e registrazioni di temperature.
Ma, ben presto, iniziò a svolgere studi su orbite e comete, quei corpi che lo studio della letteratura gli aveva fatto amare così tanto. E i calcoli erano così precisi, le misurazioni così accurate ed esatte che, pian piano, il suo nome cominciò ad essere conosciuto in tutti i circoli ‘stellati’ d’ Europa. Tanto da essere invitato dal direttore dell’osservatorio di Berlino, nel 1827, a collaborare ad un grandioso lavoro astronomico: la creazione di una nuova carta celeste.
Lavorò tre anni senza sosta, raccogliendo catalogando e misurando stelle. La sua fatica fu premiata: a detta di tutti, fra le carte presentate, quella che gli era stata affidata era la migliore. Ed arrivò ad ottenere, nel 1833, la carica di direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, posto ricoperto prima di lui dagli uomini che erano stati i suoi insegnanti.
Urania, la prima donna sulla Luna e similitudini con Verne
Accanto all’attività scientifica, Capocci coltivò anche la sua passione di scrittore: oltre ai testi per divulgare i suoi studi pubblicò nel 1857 un libro intitolato “Viaggio alla Luna – Anno 2057: la prima donna nello spazio”.
In questo Urania, protagonista di un mirabolante viaggio sulla Luna, narra all’amica Ernestina le sue vicissitudini, alternando al racconto dei fatti dettagliatissime informazioni scientifiche e meravigliose descrizioni del paesaggio visto dalla sua navicella di cristallo.
Anche se pubblicato quasi 10 anni prima del ben più conosciuto romanzo di Verne, di questo libro si erano del tutto perse le tracce.
O almeno così è stato fino al 2015: per uno strano caso del destino, proprio nell’anno in cui AstroSamantha è andata nello spazio, la storia di Urania è stata riportata alla luce nella Biblioteca Nazionale di Bari, riscoperta dopo aver trascorso molto tempo nel buco nero di una pila di libri non ancora catalogati.
Dopo il recupero dell’opera in molti, rileggendola, hanno trovato delle somiglianze fra i viaggi fantastici di Ernesto e dello scrittore francese: possibile che quest’ultimo, venuto a conoscenza della storia dell’astronomo napoletano ne abbia preso ispirazione?
L’ipotesi è molto verosimile in quanto Capocci, per la compilazione della carta celeste, aveva soggiornato a Parigi, Londra e Bruxelles. E proprio nella capitale francese aveva conosciuto François Arago, grande amico di Verne, il quale probabilmente fece da indiretto tramite fra i due.
Il romanzo di Capocci disperso
E oggi, dopo secoli, la fama dell’astronomo-scrittore è stata riabilitata: recentemente, infatti, il suo romanzo è stato ripubblicato, così da poter essere conosciuto e apprezzato.
In fondo, se all’epoca era stata considerata solo fantascienza attualmente, nello spazio, una donna c’è stata davvero!
-Federica Russo
Un ringraziamento speciale a Laura Capuano, che è riuscita a realizzare in tempo record il capolavoro che vedete qui sopra.
Fonte:
http://www.puglialibre.it/2016/10/viaggio-alla-luna-di-ernesto-capocci/
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