Santa Maria Egiziaca, la ‘perla’ del Rettifilo
È tempo di rosario quando varco la soglia di Santa Maria Egiziaca.
Ci sono solo donne nella chiesa e le loro voci, attutite dal fatto che hanno tutte il capo chino, s’intrecciano diventando una sola mentre recitano l’Ave o Maria.
Camminando sulle punte per non disturbare inizio a guardarmi intorno, cercando di catturare con lo sguardo ogni minuscolo dettaglio.
Se dovessi paragonare questo monumento a qualcosa sarebbe sicuramente un’ostrica. All’esterno, dal Rettifilo, l’edificio appare spoglio e non rivela neanche lontanamente le meraviglie racchiuse al suo interno: fino dieci minuti fa non sapevo nemmeno dell’esistenza di questa chiesa ed invece adesso mi ritrovo, a bocca aperta, ad osservare uno dei più begli esempi di arte barocca che io abbia mai visto.
Marmi policromi, intagli dorati, quadri e affreschi riempiono ogni angolo di questo edificio ovale, sui cui lati si trovano sei piccole cappelle.
Prima di entrare, nell’atrio, una lapide commemorativa in latino accoglie i visitatori con queste parole:
‘Questa area denominata dell’Olmo,
quasi ovunque delimitata e chiusa da strade
Pietissima Regina Sancia
consacrava il tempio a luogo sacro
a Santa Maria Egiziaca.
Tra molti doni dati da uno schiavo
che egli stesso ritenne unico modo
per (ri)vendicare i propri diritti.
I curatori delle strade e
i sette uomini della città,
proclamarono,
temendo la dimenticanza del tempo e la
divisione del tempio della Vergine.
Il prefetto Maria Colomba Sersale
e l’amministratrice Maria Emanuela Salvi
curarono il monumento.’
Con una rapida ricerca su google scopro che l’edificio fu fondato, insieme al monastero che lo affianca, nel 1342 dalla ‘pietissima regina Sancha D’Aragona’, che volle dare un rifugio ed un luogo di perdono alle prostitute pentite; ed intitolò questa chiesa proprio ad una di esse, divenuta poi la santa che le protegge.
Santa Maria Egiziaca, secondo ciò che ci racconta Sofronio, era una prostituta di Alessandria d’Egitto che nel 373 d.C., incontrando un gruppo di pellegrini che si dirigevano a Gerusalemme, li seguì in cerca di una nuova vita. Non riuscì, però, a liberarsi del suo comportamento dissoluto: ci è tramandato che, durante la traversata, ella sedusse tutti gli uomini a bordo. Una volta giunti a destinazione, una forza misteriosa le impedì di venerare la croce di Cristo poiché egli riteneva che, comportandosi in maniera lussuriosa, ella in realtà lo disprezzava. Pentitasi, visse da eremita per quarantasette anni per riconquistare l’amore e la fiducia di quel Signore che l’aveva punita.
All’interno, sulla prima cappella a sinistra, una statua d’argento rifinita in oro raccoglie una reliquia della Santa.
A Napoli è presente un’altra chiesa che le è dedicata e si trova a Pizzofalcone, ma questa in cui mi trovo è chiamata dell’Olmo poiché, prima del Risanamento, la chiesa affacciava su una piazza al cui centro c’era un olmo alla cui ombra si ristoravano tutti gli abitanti della zona.
Il rosario sta per finire e mi resta poco tempo per scoprire altri segreti di questo luogo.
Inizio a camminare nell’ala destra dell’edificio ed accanto all’ingresso intravedo un minuscolo quadretto che ritrae un uomo dai capelli scuri, i cui occhi fissano sicuri quello dello spettatore.
La targhetta al di sotto lo identifica come il Venerabile Giovanni Battista Jossa, usciere di Napoli.
Digito rapidamente il suo nome sul telefono e scopro che ci sono voluti quasi 150 anni perché, accanto al suo nome, ci fosse il titolo di ‘Venerabile’.
Egli era nato nel 1767 ed a soli 13 anni era diventato usciere del tribunale. Nonostante avesse fatto carriera, con l’occupazione francese del 1799 abbandonò il suo impiego: i giacobini infatti, nella brevissima esperienza della ‘Repubblica Napoletana’ , obbligarono tutti i dipendenti statali a ripudiare la loro fede.
Foto di Napoligrafia.it
Ma Giovanni non cedette al ricatto ed annunciò che piuttosto che essere usciere del tribunale sarebbe diventato usciere di Cristo. E così fece: fino alla sua morte, avvenuta nel 1828, si dedicò ai malati ricoverati all’ospedale degli Incurabili e cercò di condurre i carcerati alla dottrina cristiana.
Ormai le campane suonano ed il prete si avvia all’altare. Una signora mi fa cenno di sedermi accanto a lei ma, sebbene abbia avuto il dono della curiosità, non ho ancora avuto quello della fede.
La ringrazio e mi avvio verso l’uscita con una nuova certezza, probabilmente scontata, ma che in questo momento mi sembra più vera che mai: se uno spoglio edificio può rivelarsi una perla ed una prostituta può diventare una santa, forse le cose e le persone non sono mai davvero come sembrano.
-Federica Russo
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