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Se dovessimo mai lamentarci dicendo che siamo perseguitati dalla malasorte, significa che non conosciamo la storia di Andrea d’Ungheria, il ragazzo che sognava di diventare Re di Napoli e che, prima e dopo la morte, fu sempre tormentato da un destino crudele.

Fu una storia che commosse addirittura Brjullov, uno dei tanti pittori russi in visita a Napoli nell’800.

Il tranello di un re

La storia comincia sul letto di morte di Roberto d’Angiò, nel 1330. Il “Re Saggio”, ormai anziano, non aveva eredi e doveva decidere a chi affidare la guida del Regno di Napoli. Il figlio Carlo era morto prematuramente e l’ultima erede della dinastia napoletana era solo una bambina di appena 3 anni, Giovanna. Pare che, disperato, Roberto abbia esclamato: “Caduta la corona è dal capo nostro!“.

La sua decisione, di qualsiasi natura, avrebbe quindi cambiato i confini d’Europa: alle sue spalle tramava infatti il nipote, il napoletano Caroberto d’Angiò, Re d’Ungheria che non vedeva l’ora di creare un grande regno con Napoli e Budapest come capitali. Una soluzione che la nobiltà napoletana voleva evitare ad ogni costo, nel timore di perdere potere e privilegi.

Re Roberto fu paragonato spesso a Salomone dai suoi contemporanei e, in effetti, se ne uscì da questa situazione spinosa con una trovata che salvò capra e cavoli: diede in sposa sua nipote di appena 7 anni, Giovanna, al piccolo coetaneo Andrea d’Ungheria, figlio proprio del “parente serpente” Caroberto. Il bambino diventò duca di Calabria (che è il titolo degli eredi al trono) e principe di Salerno. In questo modo il Re di Ungheria non sarebbe entrato nel Maschio Angioino e il trono sarebbe stato condiviso da due rappresentanti della stessa famiglia.

La Regina Madre con i figli. Andrea è il primo a sinistra

La prima regina napoletana fra mille intrighi

Arrivò il colpo di scena. Giovanna fu incoronata come unica titolare del trono di Napoli. Intervenne addirittura il Papa in persona per annullare il testamento di Roberto, considerato “viziato”, lasciando escluso il marito da qualsiasi pretesa reale. Andrea, rimase solo duca di Calabria, e i progetti dello zio Caroberto andarono in cenere. Salvo una morte imprevista della Regina.

Andrea era furioso. Nonostante avesse solo 13 anni all’epoca dei fatti, aveva già capito di essere stato raggirato e che avrebbe passato una vita da comprimario accanto a una regina sostenuta da un complotto politico molto più grande di lui. Chiese allora sostegno al fratello maggiore, che nel frattempo era salito sul trono di Budapest e aveva ereditato anche la corona di Polonia. Luigi I, re di Polonia e di Ungheria, era uno degli uomini più potenti d’Europa e non se ne curò particolarmente dei problemi del fratello minore, che rimase solo e senza sostegno.

Da quel momento alla corte di Napoli cominciò una lotta intestina fatta di intrighi e veleni che durò per ben due anni. In questo clima confuso sguazzava la figura ambigua di Roberto Cabani, di origini africane, che era il Gran Siniscalco del Regno e pare facesse il doppio gioco sia a favore di Giovanna che di Andrea d’Ungheria.

Giovanna d'Angiò
Giovanna d’Angiò

La morte di Andrea di Ungheria

Era la notte del 18 settembre 1345. La corte di Napoli era ferma nel Castello di Aversa per una battuta di caccia e Andrea, che aveva 19 anni, stava per addormentarsi nella sua stanza. Il giovane re era assonnato e disarmato quando, all’improvviso, giunse nel maniero un messaggero dall’aria trafelata e con il fiatone: “Notizie urgenti da Napoli!” urlava dietro alla porta. Il ragazzo, vestito ancora da notte, si affrettò ad accogliere il messaggero, che lo invitò ad uscire dalla stanza. Era caduto nel tranello.

Andrea d’Ungheria fu circondato da nemici. Tentò di indietreggiare per riuscire a richiudersi nella sua stanza in cerca di aiuto, ma fu afferrato, bloccato e atterrato. Lui urlava disperato e più si dimenava, più braccia lo colpivano e lo immobilizzavano, poi fu imbavagliato e soffocato con un laccio. Nessuna guardia mosse un dito e pare che la regina Giovanna, che riposava nella stanza accanto, abbia fatto finta di non sentire nulla.

Per non far cadere sospetti verso nessuno, il cadavere fu buttato giù dal terrazzo più alto della villa, fingendo un suicidio. Non furono mai trovati i responsabili: voci di corridoio individuavano in Giovanna d’Angiò la mandante e Roberto Cabani il capo della congiura. In ogni caso il Papa Clemente VI assolse tutti e della storia non se ne parlò più.

Andrea d'Ungheria Assassinio
La morte di Andrea di Ungheria, Karl Pavlovic Brjullov

Il cadavere irrequieto

Il principe ungherese visse una storia infelice anche dopo la morte: inizialmente il suo cadavere fu abbandonato in un campo, poi fu recuperato e sepolto dai suoi pochi amici fedeli nella “chiesa più importante di Aversa”.

Fu spostato nel nascente Duomo di Napoli ad opera di Orso Minutolo, ma il suo mausoleo intralciava i lavori della cattedrale. Quindi fu spostato di nuovo in una delle cappelle, quella di San Ludovico di Tolosa.

E ancora, dopo la trasformazione della cappella in sagrestia, il cadavere fu messo in un’altra sezione del Duomo, la cappella di Bartolomeo di Capua.

Le cose sembravano finalmente aver trovato un ordine quando, circa 400 anni dopo, il terremoto del 1732 lesionò i muri della cappella e furono rovesciate addirittura le ossa di Andrea d’Ungheria per terra. La soluzione, in effetti, fu proprio quella di cremarlo e piazzarlo in un’urna di marmo posta sotto una lapide di marmo.

Ma il progresso avanza e nel 1842, sotto il regno di Ferdinando II, il Duomo fu restaurato. Le ossa del povero Andrea furono allora di nuovo spostate in un altro punto della chiesa. L’ultimo trasferimento è avvenuto nel 1920, quando ciò che rimaneva dell’infelice principe fu murato tra l’ingresso di Santa Restituta e il monumento del cardinale Alfonso Gesualdo.

Guerra nel Regno di Napoli

Il fratello maggiore di Andrea d’Ungheria, Luigi, decise di intervenire molto tardi. Era furioso per il complotto e l’omicidio e per ben due volte arrivò alle porte di Napoli con l’esercito, ma fu respinto. La sua sete di vendetta, però, non si placò mai e, alla lunga, la ebbe vinta: ben 37 anni dopo la congiura di Aversa, nel 1382, Giovanna fu raggiunta da un sicario e uccisa, dopo essere stata imprigionata a Muro Lucano.

Di lì a poco comincerà a Napoli il regno di Ladislao, il re sanguinario che provò a conquistare l’Italia intera e che, ad un passo dalla conclusione del suo progetto, morì misteriosamente. Ma questa è un’altra storia di sangue e corone.

-Federico Quagliuolo

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Riferimenti:
Ferdinando Russo, Il tesoro della Regina, Bideri, 1913
Alfredo D’Ambrosio, le strade di Napoli Antica nella città moderna, 1972
http://giovanniattina.blogspot.com/2016/03/giovanna-i-dangiou.html

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