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Conza della Campania si trova nella valle del fiume Ofanto, a metà strada tra Lioni e Calitri e attraverso l’ Ofantina collega Avellino con Melfi e Barletta.
Decido di visitarla insieme ad Enrico che mi presenta due ciceroni conzani: Antonella (Responsabile della Pro Loco cittadina) e Davide il poeta.
Ci inerpichiamo al Parco Archeologico, praticamente ciò che rimane di Conza dopo quel maledetto terremoto del 23 novembre 1980. Non c’è più nulla, ma c’è ancora tutto: la Chiesa e ciò che ne rimane, case crollate, persiane rotte, pezzi di mattonelle, cocci di vasi e il campetto da calcio.

Conza della Campania
Il vecchio campetto di Conza della Campania

Un orologio fermo alle 19.34

Tutto è fermo alle 19 e 34 e 53 secondi di quella maledetta domenica sera. Eppure, ci sono ancora storie di vita sulle crepe dei muri, i respiri, un’umanità, qualche libro. C’è ancora tutto, tranne Conza. Quella non c’è più; è stata ricostruita più in basso rispetto a quello che un tempo era uno degli avamposti più importanti di questa terra irpina che il terremoto ha riportato alla luce, facendo sì che lì dove tutto crollò si potesse costruire il Parco Archeologico di Compsa.

Una città con ben 3000 anni di storia e per farceli raccontare, Antonella e Davide ci portano dal prof. Luigi Lariccia, docente in pensione di latino e greco presso il Liceo “Francesco De Sanctis” di S. Angelo dei Lombardi.
Ci accoglie in casa sua, un po’ sorpreso dal fatto che quattro “giovani maturi” vogliano ascoltare la storia di Conza. Ci accomodiamo in salotto; una lampada sul tavolino emana luce calda, mentre il professore, dallo sguardo affabile e la calma di un uomo saggio, comincia il suo racconto.

Parco Conza
L’ingresso al Parco Archeologico di Compsa – Foto: Enrico Elefante
Panorama Conza della Campania
Con il poeta Davide Cuorvo al vecchio campetto di Conza della Campania – Foto: Enrico Elefante

Alle origini di Conza della Campania: un punto strategico

“Compsa” fu occupata per la prima volta dai Mopsi, gente di origine orientale che, prima di arrivare a Conza della Campania, aveva già occupato l’Anatolia e la Grecia.
Il nome di “Campsa” significa, appunto, presso i Mopsi dal greco Katà e Mopsos, che diventò poi Katamopsos, Kamopsos, quindi Kampsa.
Così come Calitri, letteralmente presso gli Aletrini, dove Katà è sempre una preposizione greca che indica una posizione dall’alto verso il basso.
Mopso era anche l’indovino al seguito di Giasone che radunò gli Argonauti per la conquista del vello d’oro.
Ma esiste anche un’altra possibilità etimologica: il termine Campsa” in greco esiste e significa luogo di svolta. Appartiene al gergo marinaresco: “punto intorno a cui si gira”, ed essendo popolazioni che provenivano dal medio oriente, sono sicuramente arrivate dall’Adriatico e giunte fin qui risalendo il fiume Ofanto.
Conza sorgeva su una collina che dominava la valle dell’Ofanto; qui i Mopsi fondarono un luogo di sosta, come lo erano Monteverde e Calitri. Ma Conza era più importante, perché risalendo l’Ofanto, arrivando qui, dovevano per forza svoltare per raggiungere la Valle del Sele e da lì la costa tirrenica. L’alternativa sarebbe stata quella di fare il giro dell’Italia Meridionale.

L’attuale cartello dell’ingresso in città – Foto: Enrico Elefante

Questa è solo una piccola parte della storia che si regge sulle spalle di Conza della Campania, città che ha visto addirittura la presenza di Annibale.
Una città che nei primi decenni del Novecento contava più di 3.000 abitanti e che oggi, invece, ne conta poco più di 1.200.
Una città che è stata da sempre luogo ambito per la sua posizione, al punto che nemmeno i vari terremoti impedirono di ricostruire su ciò che già esisteva…ma quella domenica del 1980, la luce si spense per quei lunghissimi 90 secondi.
E la storia cambiò!

Yuri Buono

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