Non c’è cenone in Campania senza una tavolata ricca di dolci di Natale napoletani: dagli immancabili e azzeccosi struffoli al roccocò spaccadenti, senza dimenticare il mustacciolo, morbido o duro, con il suo cioccolato che chiude il pasto con dolcezza.

Di recente, soprattutto nel Nord Italia incuriosito verso le tradizioni napoletane, si è diffusa anche l’usanza di cucinare la pastiera a Natale. Si tratta in realtà di un dolce pasquale.

Questioni di monastero nei dolci di Natale

I dolci, se non vengono da influenze straniere come le graffe o il babà, il più delle volte hanno storie legate ai conventi e nei monasteri dove, fra un padre nostro e una lettura in biblioteca, le suore e i monaci erano espertissimi nella creazione di prodotti della cucina sopraffini. La sfogliatella “Santa Rosa” ne è un esempio. Allo stesso modo l’ingrediente principe di quasi tutti i dolci natalizi, il miele, è un elemento fortemente simbolico: sin dai tempi degli antichi romani era infatti considerato il cibo degli dei.

La peculiarità dei dolci di Natale napoletani è la loro capacità di resistere per molti giorni grazie alle glasse o alla cottura: il roccocò ne è campione, ma anche i raffioli sono ben resistenti. Diverso discorso è per gli struffoli, che invece sono molto delicati.

Il Roccocò

Forse, non ha nulla a che vedere con l’omofona corrente artistica. Ci sono due interpretazioni sull’origine del nome: la prima la lega proprio al Rococò, dato che la parola “rocaille” indica una particolare decorazione realizzata con rocce o conchiglie. La consistenza del dolce e la forma tondeggiante ricorderebbe una delle decorazioni dei mobili in stile rococò.
La seconda interpretazione fa derivare questa parola da “roche” (roccia in francese) ed è facile capirne la ragione: è duro, durissimo, una sfida per i denti. Anche se, in realtà, la ricetta perfetta impone che i roccocò siano duri all’esterno, ma morbidi al loro interno. Probabilmente questa seconda interpretazione è più verosimile, in quanto furono creati durante la dominazione angioina nel convento della Maddalena.

Solitamente si “ammazza” con il vino a fine pasto, un po’ come accade per i lontani parenti toscani: i cantucci col vin santo.
Si tratta di un biscotto secco, a forma di ciambella, ed è preparato con mandorle, zucchero, buccia d’arancia.

Mustaccioli tradizionali

Il mustacciolo

La prima cosa che cattura, oltre al loro aspetto cioccolattoso, è la particolare forma romboidale e il fatto che, se gli altri dolci con i loro sapori più o meno decisi possono non piacere ad alcune persone, il mustacciolo è il più amato fra i dolci di natale napoletani. C’è chi dice che si chiama così perché la loro dimensione romboidale ricorda la forma “cadente” dei baffi sotto il naso, i “mustacchi“. In realtà il nome deriva dal mosto dell’uva, che era la base di questi dolcetti.

In origine erano bianchi: al posto della copertura di cioccolato, usata dopo la metà del XIX secolo, c’era una semplice glassa di zucchero. Erano presenti già nel XVI secolo: la prima volta in cui sono menzionati ufficialmente è nel libro di Bartolomeo Scappi, cuoco del Papa, che è anche la stessa persona che ci fa scoprire le sfogliatelle.

Hanno anche una particolarità: la loro ricetta è quanto di più arbitrario e variabile ci sia. La pasta è realizzata con miele, farina, acqua, lievito e spezie, ma spesso i pasticcieri vanno di fantasia, passando dalla granella di pistacchio come copertura alle marmellate. Il biscotto interno a volte è una sorta di roccocò, durissimo, altre volte invece è fatto di pan di spagna morbido, più simile al biscotto all’amarena.

Il parente più stretto del mustacciolo è il Rame di Napoli catanese.

raffioli vassoio
Un vassoio di raffioli

I raffioli

Sono figli dei “ravioli salati” emiliani: si tratta di un dolce a base di pan di Spagna ricoperto da marmellata di albicocche su una base di glassa di zucchero. C’è anche una versione siculo-napoletana, con il ripieno della cassata.

I Susamielli

Il nome deriva dalla sua particolarissima forma di S, oppure dal sesamo, che è utilizzato per coprire il dolce. Nacquero nel convento delle Clarisse ed era realizzato in più ricette diverse: alcuni sono arricchiti con marmellata, altri con mandorle, altri ancora sono “nudi“, solo con pastafrolla e sesamo: è un biscotto secco, dal sapore dolce e povero. Anche qui le basi sono sempre le stesse: farina e miele. In questo caso vanno aggiunte noci tritate ed ammoniaca.

Essendo di dimensioni molto grosse e pesanti, dire che una persona è “un susamiello” equivale ad etichettarla come pesante e noiosa.

Gli struffoli

Gli struffoli sono una religione della tavola. Dolcissimi, delicati e saporiti: alternano il morbido della pastafrolla alla sorpresa degli zuccherini, con l’incubo delle palline d’argento durissime. SI tratta di un dolce dalle origini probabilmente greche: sono palline di pasta fritta di minuscole dimensioni perché garantiscono una superficie maggiore bagnata dal miele ad ogni morso. Si tratta di una ricetta che presenta varianti in tutta Italia sia nella preparazione che nelle aggiunte: spesso è presente arancia, cedro, zucca candita o altri oggetti di contorno.

Per la ricetta: Qui

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
https://sabap.na.it/il-roccoco/
http://agricoltura.regione.campania.it/Tipici/tradizionali/raffioli.htm
http://agricoltura.regione.campania.it/Tipici/tradizionali/susamielli.htm
https://web.archive.org/web/20170211081306/http://www.lastampa.it/2013/12/06/societa/cucina/ricette/alimento-della-settimana/susamielli-non-chiamateli-biscotti-1Jjj7AcfTDMoFvWx00FdJK/pagina.html

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