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Il teatro romano di Sessa Aurunca è un luogo dalla bellezza senza tempo, riscoperta paradossalmente poco tempo fa: i lavori per portarlo alla luce sono finiti nel 2003, dopo 80 anni dalle prime scoperte di Amedeo Maiuri. Si tratta del secondo teatro più grande della Campania, dopo quello di Neapolis che oggi esiste solo in piccoli frammenti fra le case del centro città.

Potremmo dire che è un’attesa di cui ne è valsa la pena: con i suoi marmi colorati provenienti da ogni paese del Mediterraneo, i suoi spalti e le sue colonne in ottimo stato di conservazione, ci trascina perfettamente nella stessa atmosfera di 2000 anni fa, quando Roma comandava il mondo intero e l’antica Suessa era una delle città più importanti della Campania Felix.

Teatro Romano di Sessa Aurunca
Il Teatro Romano di Sessa Aurunca oggi

Il teatro romano di Sessa Aurunca, un capolavoro dell’architettura

Oggi ci incantano queste rimanenze antiche, che ancora oggi incutono un senso di austerità decadente e rispetto profondo. In passato i nostri antenati romani rimanevano invece a bocca aperta per la bellezza di questo teatro.

Lavoriamo con la fantasia, facciamo sparire l’erbaccia moderna, ricostruiamo il teatro e torniamo in una mattinata del I secolo d.C. Su questi gradoni avremmo trovato ammassate 8000 persone, un numero enorme per l’epoca. Sulle nostre teste avremmo trovato steso un enorme velarium, ovvero una complessa copertura di tessuto dai colori sgargianti, ricamata con motivi che richiamano episodi di tragedie, poesie ed altri elementi famosi della cultura del tempo. Serviva a riparare gli spettatori dalla pioggia o dal sole d’estate.

Anche la scena regalata dal teatro ci avrebbe lasciato a bocca aperta. I romani non badarono a spese e chiamarono i migliori scalpellini per lavorare materiali provenienti da ogni parte del Mediterraneo. Ancora oggi troviamo tracce di marmi colorati provenienti dalle isole greche, dalla Numidia e dall’Egitto, mentre le decorazioni e le colonne erano prodotte con marmi di Carrara e di Atene.
In fondo, infine, c’erano ben 80 colonne alte 4 metri intervallate da altrettante statue di ninfe, divinità e personaggi importanti della storia locale.

La straordinaria organizzazione dei romani la scopriamo anche nelle vie d’accesso, che erano due e regolavano l’ingresso e l’uscita dal teatro, in modo da far defluire il pubblico rapidamente.

C’era infatti una via d’ingresso a sud, con uno scalone monumentale in marmo bianco accompagnato da statue di imperatori e mecenati che operarono per il teatro romano di Sessa Aurunca, alcune di queste sono state recuperate ed esposte nel castello ducale.
La via di ingresso a nord, invece, era realizzata attraverso un tunnel (altra specialità degli antichi romani) che conteneva numerosissime iscrizioni e memorie di uomini illustri.

Statua Vibia Matidia Teatro Romano di Sessa Aurunca
La statua di Vibia Matidia conservata originariamente nel Teatro Romano di Sessa Aurunca, oggi nel Castello Ducale

Vibia Matidia, la donna più potente di Sessa

Qui visse Vibia Matidia (anche chiamata Matidia Minore per distinguerla dalla madre): era la nipote dell’imperatore Traiano e la sorella, Vibia Sabina, era la moglie di Adriano.

Matidia si tenne lontana dalla politica e non volle sposarsi. Era una donna dalla presenza austera e dal carattere grintoso, carismatico e volitivo.
Potremmo definirla una vera e propria padrona della zona aurunca: basta pensare che ci sono numerosissime statue onorarie dedicate a lei nella Terra di Lavoro. Grazie alle sue immense ricchezze portò grandi vantaggi alla città di Sessa durante il II Secolo: fu infatti lei a finanziare la costruzione della biblioteca e dell’acquedotto cittadino, oltre alla ricostruzione del teatro romano di Sessa Aurunca nella forma che conosciamo oggi, dato che fu gravemente compromesso da un terremoto sul finire del I secolo.
Per capire meglio il carattere forte e carismatico di Vibia Matidia, basta dire che dopo la ricostruzione del teatro volle farsi ritrarre nelle vesti della ninfa Aura, in una statua bellissima posta al centro del palcoscenico. Oggi è conservata nel castello ducale di Sessa.

Teatro romano di Sessa Aurunca
Un dettaglio del palco del teatro

Il Criptoportico

L’immersione nelle meraviglie antiche non finisce qui. Nel 2014 è stato concluso lo scavo del criptoportico alle spalle del teatro romano di Sessa Aurunca, che è una struttura risalente più o meno allo stesso periodo del più famoso monumento e sicuramente era connesso con quest’ultimo.
Gli studiosi non hanno ancora capito quale sia stato il suo utilizzo reale, ma ci sono diverse tracce che ci lasciano intuire le sue storie: da un lato infatti troviamo alcune iscrizioni di versi di Virgilio, su altre pareti invece ci sono versi di poeti latini non riconosciuti e altre terzine in greco: probabilmente quindi c’era da queste parti un Gymnasium, una scuola.

Il problema vero è che il resto del criptoportico e degli edifici connessi non riuscirà ad essere scoperto in questi tempi moderni, essendo fisicamente sotto i palazzi del centro residenziale.

Amedeo Maiuri
Amedeo Maiuri

E poi?

Dopo il crollo dell’Impero Romano l’intera zona nord della Campania cadde in decadenza. Sembra quasi una maledizione, fra la distruzione della vicina Sinuessa e il progressivo abbandono di Suessa. La cultura della vita latina si perse nello scorrere dei secoli, fino a vedere le sue strutture più rappresentative, come i teatri, distrutti e saccheggiati nei millenni seguenti: ancora oggi vediamo spuntare fra le mura delle case antiche pezzi di colonna e altri reperti romani.

Il teatro romano di Sessa Aurunca, dopo aver perso il suo ruolo dominante nella cultura locale intorno al IV secolo, diventò una struttura abbandonata e lasciata a sé stessa: fu presto sommersa dai detriti portati dalla stessa collina sulla quale era stato costruito. E questa lenta e inesorabile sepoltura ci ha regalato la possibilità di riscoprirlo in ottime condizioni.

A scoprirlo furono nel 1926 le mani di un uomo innamorato della nostra Storia, Amedeo Maiuri, che per prime disseppellirono i primi reperti e individuarono il sito. Lo studioso però non riuscì a vedere mai la fine degli scavi, che terminarono nel 2003.

Ed oggi, visitando un pezzetto dell’eredità lasciataci da uno dei migliori archeologi della storia d’Italia, possiamo riscoprire la bellezza e la potenza dell’antica Suessa tornata alla luce del sole dopo quasi duemila anni.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Gioacchino Mancini, Enciclopedia Italiana
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