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Stoccafisso o baccalà? Quante volte abbiamo sentito questi nomi al mercato? Cerchiamo di scoprire le differenze.

La nostra storia gastronomica, nonostante i quasi cinquecento chilometri di costa, ha sempre trovato nel baccalà e nello stoccafisso una valida alternativa al pesce fresco.
Il successo è stato dovuto sia ad un fattore economico -perché un tempo erano considerati cibi poveri – sia ad un fattore morfologico – visto che la nostra regione, nonostante la lunga costa, è ricca di zone interne dal non facile accesso al pescato.
La materia prima è sempre la stessa: il merluzzo.

Maccheroni con stoccafisso o baccalà
Maccheroni con pomodorino e baccalà, fotografia di Yuri Buono

Le differenze fra stoccafisso e baccalà

Nel caso del baccalà viene eviscerato e sottoposto a salagione, mentre nel caso dello stoccafisso viene eviscerato ed essiccato all’aria aperta, grazie all’azione del sole e dei venti del nord.
In verità, da inguaribile napoletano, sono molto più legato al“mussillo” e al “cureniello”, dove il primo fa riferimento al filetto del baccalà, mentre il secondo si riferisce a quello dello stoccafisso.
Mi abbevero alla fonte del sapere, alias Raffaele Bracale e scopro che il “mussillo” è il diminutivo di “musso”, cioè labbra, proprio per la sua consistenza carnosa e morbida; mentre il “cureniello” fa riferimento alla “curona” e, cioè, alla parte più alta della groppa del merluzzo, mentre per altri il riferimento è al “cuore” del pesce.

Un metodo di conservazione diverso

In ogni caso la materia prima resta la stessa, ma cambiando il metodo di conservazione, anche l’utilizzo in cucina sarà diverso: infatti, mentre il “mussillo” – più compatto – si presta ad essere fritto, il “cureniello” – più “sfoglioso” – è adatto per essere lessato.
E pensare che se il 14 gennaio 1432, Pietro Querini, un veneziano dedito ai commerci con le Fiandre, non fosse naufragato vicino Røst, nell’arcipelago norvegese delle Isole Lofoten, avremmo conosciuto molto più tardi questo antico metodo di conservazione del merluzzo. Anche Querini avrà maledetto ogni singolo istante di quel naufragio, ma quando poi, il 15 maggio 1432, fece ritorno nella sua Venezia con un carico di stoccafissi essiccati, avrà cambiato idea.

Sì! Proprio così, perché lo stoccafisso fu subito apprezzato e richiesto in grandi quantità per la sua versatilità e potendosi conservare per lunghi periodi, risultò utilissimo per i viaggi sia via mare che via terra.
Pietro Querini avrebbe mai potuto immaginare che, in occasione del cinquecentesimo anniversario del suo naufragio, fosse eretta una stele in suo onore nella città di Røst?
È proprio vero ciò che cantava Aurelio Fierro, nel 1957, al Festival di Napoli: «Storta va, deritta vene, sempe storta nun po’ gghi’».

Yuri Buono
Riproduzione Riservata


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