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La numismatica trova a Napoli terreno fertile per le sue ricerche. Le monete napoletane raccontano la storia della città stessa; la storia della moneta coniata a Napoli si presenta con una varietà che supera le aspettative.
La greca Neapolis batteva conio quando ancora nell’Urbe romana le merci si scambiavano con pezzi di metallo, soprattutto rame, valutati a peso.

L’indagine sulle monete napoletane si fa interessante a partire dall’istituzione del Regno di Napoli: con la dinastia angioina, il territorio partenopeo avvia un’incessante fioritura intellettuale, economica e civile.

Il Palazzo della Zecca

Nel 1278 re Carlo I istituisce in Castel Capuano la prima Zecca di Napoli. Circa trent’anni dopo, nel 1305, il figlio Carlo II la trasferisce a Capo Mazza, nelle case del cardinale di Santa Maria Lata, poste di fronte al Palazzo di Pier delle Vigne. Ma è con un altro d’Angiò che nel 1333 la Zecca di Napoli raggiunge la sede definitiva: Roberto d’Angiò, infatti, acquista il palazzo di Nicola di Somma, consigliere di corte di Carlo d’Angiò, palazzo verosimilmente edificato pochi decenni prima di fronte alla nuova chiesa di Sant’Agostino, che dalla Zecca prende il nome, e vi trasferisce l’ufficio di conio delle monete del Regno, adeguando l’edificio con officine ed archivio.

Attualmente il Palazzo della Zecca di Napoli si trova in via Sant’Arcangelo a Baiano e il portale rimanda all’architettura originale, con bugne e vestibolo a cassettoni.

Figura fondamentale all’interno di quest’istituto era il Maestro di Zecca, di cui rimane traccia sulle monete, tramite alcune sigle che vi solevano apporre. Venivano chiamate a quest’Ufficio persone che godevano della fiducia sovrana, onorate della nobiltà napoletana o coloro che occupavano già cariche importanti di Stato.
Solitamente, una volta coniata una moneta assumeva un valore intrinseco e continuava ad essere battuta anche negli anni successivi, spesso con alcune modifiche, sigle particolari, o cambiamenti di stemma a seconda del re sul trono.

Le monete coniate nella Zecca di Napoli

Senza alcuna pretesa di esaustività, ecco alcune delle monete napoletane coniate nel corso dei secoli.

La prima moneta battuta è stata il Saluto, d’oro o d’argento, soprannominato in onore del re, Carlino. Questo presentava da un lato lo scudo con il giglio di Francia e la croce di Gerusalemme e dall’altro la scena dell’annunciazione, da cui prende il nome.

L’altra moneta tipica della casa angioina era il Gigliato, rappresentante da un lato il re seduto e coronato e dall’altro la croce cantonata da quattro gigli. Questa veniva accettata negli scambi commerciali di tutta Europa e, proprio per questo motivo, largamente contraffatta.

La tipica moneta della casata Aragonese era invece il Tornese, che deve il suo nome all’abbazia francese di Tours, in cui fu per la prima volta coniata. Questa presentava su una faccia il re seduto in trono e sull’altra una croce rinforzata.
Vi è un aneddoto molto particolare, riportato in un articolo del Sambon. In esso si racconta che durante la guerra tra angioini ed aragonesi nel 1460, Ferdinando I d’Aragona, bisognoso di denaro per pagare le truppe, diede ordine di produrre una grande quantità di tornesi abbassandone il valore intrinseco. Si trattò in pratica di una vera e propria falsificazione di Stato, ciò giustificherebbe una differenza di conio tra le varie emissioni.


Per rimediare alla “cattiva moneta” circolante, il Cavallo, moneta di puro rame, dal valore nominale pari quasi al valore intrinseco, coniato per la prima volta il 18 Aprile del 1472, andò a sostituire i tornesi e i denari in biglione circolanti nel Regno di Napoli, largamente sviliti e falsificati. Questa rappresentava da una parte il volto del re, rivolto verso destra, e dall’altra, come suggerisce il nome, un cavallo, con diverse varianti a seconda dell’occasione per cui venivano distribuite.

Le monete napoletane in tempi più recenti

L’attività della Zecca di Napoli procede a pieno ritmo anche in epoca borbonica. In particolare si coniavano piastre d’argento, in vari casi commemorative, che riportavano da una parte il volto del sovrano, maggiormente Carlo V e Ferdinando IV, e dall’altra lo stemma di famiglia o l’aquila borbonica.

Durante l’occupazione francese di Napoleone e Murat, secondo una prassi consolidata nei secoli, i volti dei due condottieri occupavano una delle due facce delle monete napoletane che venivano coniate in questo periodo storico.

L’attività della Zecca di Napoli non si estingue con l’Istituzione del Regno d’Italia. Sotto Vittorio Emanuele infatti, la lira veniva coniata nelle maggiori città d’Italia e distinte tramite una sigla, N per la città di Napoli.

Per una ricerca e un approfondimento puntuale riguardo le monete napoletane, ovvero coniate nella Zecca di Napoli durante i secoli, rimando al link https://numismatica-italiana.lamoneta.it/zecca/Napoli.

Claudia Colella

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