Lamont Young, architetto e urbanista (nonché imprenditore e inventore), visse a Napoli dal 1851 al 1929, anno in cui morì nella sua Villa Ebe, da lui progettata, a seguito ad un suicidio commesso senza lasciare alcuna spiegazione.
Nella città partenopea egli nacque infatti da padre scozzese e madre di Calcutta, facoltosi sudditi britannici che, provenendo dall’India, perla dell’Impero, avevano scelto Napoli come luogo in cui trascorrere gli ultimi anni. Young manterrà sempre la cittadinanza britannica e non sarà mai quindi napoletano per l’ufficio anagrafe, nonostante si sia allontanato dalla città solo da giovane per gli studi in Svizzera e Inghilterra, per poi tornare all’ombra del Vesuvio dove avvierà un’eclettica attività professionale e imprenditoriale: lascerà in eredità alla sua Napoli alcuni degli edifici e dei castelli più belli e alcuni dei progetti più visionari e avveniristici, che anticipando i problemi del presente ci portano dal passato quella che sarebbe potuta essere una soluzione alternativa.

Lamont Young: un britannico napoletano

Nei progetti di Lamont Young è possibile percepire i tratti caratteriali di un britannico cresciuto a Napoli, che lo rendevano distante dagli altri pensatori dell’ambiente cittadino nei suoi anni. Visse infatti un certo isolamento intellettuale e, se l’architetto poté esprimersi con costruzioni memorabili, le pioneristiche idee dell’urbanista furono accolte con scetticismo e stupore, non riuscendo a partecipare pienamente alla trasformazione che la città visse in quel periodo. Con una grande attitudine all’innovazione, i suoi progetti azzardavano nuovi modelli urbani ed economici, pensavano una città libera dal traffico, in cui le infrastrutture si armonizzassero con l’ambiente naturale e ne esaltassero la bellezza, anche per trarre profitto dal turismo.

I suoi disegni futuristici erano figli di una propensione all’iniziativa privata, piuttosto che ad assecondare e attendere quella pubblica, e di una cieca fiducia nella tecnica. Così descriveva infatti i suoi tempi:

“..un’epoca, in cui l’umanità divora lo spazio col vapore, moltiplica il tempo con la rapidità del fulmine ed illuminata dalle grandi aspirazioni della Civiltà e da’ sublimi rapimenti della scienza, slancia le nuove generazioni verso i più alti e vasti destini”.

La passioni di Young erano tante: le sue conoscenze ingegneristiche lo portarono a sviluppare varie invenzioni, come un nuovo tipo di bomba, delle lampade pieghevoli e un modello di ali “sincronico oscillanti” per velivoli che brevettò nel 1917, anticipando per certi versi l’invenzione dell’elicottero. Fu inoltre grande appassionato di archeologia e condusse varie operazioni di scavo, realizzò nel 1908 alcuni rilievi a Teano con l’archeologo Leonard Wooley.

Aeroplano inventato da Lamont Young
L’aeroplano a pale rotanti orientabili inventato da Lamont Young (Napoli, archivio Guerra)

Le utopie di Lamont Young: dalla prima metropolitana al Rione Venezia

La più grande impresa tentata da Young fu sicuramente il primo progetto di una metropolitana, idea nata quando il Comune di Napoli emanò il bando di concorso per una linea cavallo-tramviaria nel 1874.
Lamont Young aveva solo 23 anni e da quel momento lavorò incessantemente alla sua proposta, che a molti sarebbe apparsa fantascientifica. Nel 1880 presenta il progetto che prevedeva infatti una tangenziale sotterranea diversi anni prima che la metropolitana di Londra, la più antica al mondo, inaugurasse il primo tratto che attraversava il sottosuolo della città inglese nel 1890.

Versioni successive della proposta di Young prevedevano dei tratti sopraelevati e di utilizzare i materiali di risulta, derivati dagli scavi per la metropolitana e per il traforo-canale che avrebbe collegato Bagnoli a Posillipo, per creare una serie di isolotti nei pressi della costa del quartiere collinare, dando così vita al nuovo “Rione Venezia“. L’utilizzo dei materiali di scarto avrebbe reso il progetto più sostenibile economicamente e, attraversato da canali e popolato da lussuose villette, il nuovo rione insieme a Bagnoli avrebbe trasformato la zona dei Campi Flegrei in un polo turistico europeo, fornito di strutture all’avanguardia e meravigliosi edifici: un enorme Palazzo di Cristallo, un moderno stabilimento bagno-termale, strutture ricettive di ogni sorta e sontuose abitazioni nella zona residenziale.

Se l’idea di creare un quartiere a largo della costa di Posillipo tramite delle colmate a mare appare tutt’altro che ambientalista, va invece inserita nel contesto dell’epoca, in cui tale pratica era diffusa: il lungomare di via Caracciolo fu realizzato nella stessa maniera. L’attenzione per l’ambiente di Lamont Young traspare infatti dal fare polemico con cui sottolineava che mentre i progetti del Comune per il Vomero in quegli anni prevedevano di edificare il 75% dell’area, per il suo Rione Venezia sarebbe bastato solo un quarto della superfice (percentuale in linea con gli standard adottati in Germania), lasciando il restante al verde e a vasti giardini pubblici.

L’anno successivo, in una volume intitolato “Bonifica dal Basso di Napoli“, propose una soluzione per i quartieri bassi, più poveri e popolosi e quindi maggiormente colpiti dall’epidemia di colera, che prevedeva una versione adattata delle metropolitana. Young riuscì ad ottenere l’approvazione del progetto da parte del Comune nel 1888, con l’intento di finanziarlo con capitali privati, ma i suoi sforzi in tal senso furono vani e la sua idea fu costretta a restare sulla carta.

Il Rione Venezia di Lamont Young
Il progetto di Lamont Young per il Rione Venezia e i Campi Flegrei, foto dalla pagina

Le opere di Lamont Young, tra castelli e “castelli per aria”

Se il primo grande progetto dell’urbanista non fu realizzato, il giovane architetto inizia comunque da subito a lasciare il suo segno sulla città e a 24 anni realizzò il Castello Grifeo, oggi Villa Curcio. L’edificio, in stile neo-gotico, è sovrastato da una torre segnata da una finta spaccatura sulla cima, imitando le finte rovine di moda in Inghilterra, particolare che dimostra l’eccentrico gusto di Lamont Young. Sarà la dimora di Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio, che la abiteranno in fitto e stringeranno amicizia con l’architetto che frequenterà spesso la loro casa: sarà Paolo, figlio di Scarfoglio, in un articolo su ‘Il Mattino’ a descrivere Young con l’efficace titolo di “re dei castelli per aria“.

La carriera di Young continua infatti tra castelli reali e immaginari. Nel 1877 costruì un secondo edificio per la famiglia Grifeo, una palazzina in stile neorinascimentale che porta ancora oggi il nome degli eredi del principe di Partanna. Nello stesso Parco Grifeo nel 1902 sul suo progetto venne costruito un secondo castello, forse il più bello degli edifici partoriti dall’architetto anglonapoletano: il Castello Aselmeyer, da lui chiamato Castle Lamont, prima che fosse venduto al banchiere svizzero da cui oggi il suo nome. Young pensò a tale edificio come albergo e ci abitò anche per due anni, prima di venderlo e trasferirsi alla Gaiola. Intorno al 1884 costruì invece un grande palazzo in stile rinascimentale, situato nell’attuale via Crispi e che oggi ospita l’Istituto Grenoble, il quale con la scelta di lasciare in bella vista il tufo spicca per la sua particolarità.

Nel frattempo si dedicò all’attività imprenditoriale, convinto della vocazione turistica di Napoli, incontrando però non poche difficoltà. Iniziò, infatti, nel 1892, sul terreno di proprietà di famiglia nei pressi della sua Villa Lucia, la costruzione di 12 appartamenti che sarebbero poi invece diventati un grande albergo: si sarebbe chiamato “Gran Penisular Hotel” e un ascensore scavato nella roccia l’avrebbe collegato al Corso Vittorio Emanuele. Costretto poi in corso d’opera prima a vendere parte della proprietà per finanziare i lavori e in seguito a concedere la gestione del futuro Hotel ai fratelli Bertolini, nel 1901 dovrà infine cedere l’intera struttura, che diventerà il Bertolini’s Palace Hotel.

E’ del 1914 invece il progetto di un un altro immenso albergo in stile neo-indiano che sarebbe stato costruito sul monte Echia. Nei disegni l’opera stupisce per la magnificenza, purtroppo la mancata concessione dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione comunale renderà anche questo uno dei “castelli per aria” di Lamont Young.

Il Castello Aselmeyer di Lamont Young
Il Castello Aselmeyer di Lamont Young (Wikimedia)


La misteriosa morte e il ricordo di Young

Nel 1920 iniziò la costruzione di Villa Ebe, in cui vive i suoi ultimi anni. Il castelletto gotico riprende lo stile del Castello Aselmeyer e aveva un gemello, il Castello Astarita, in seguito distrutto dai bombaramenti della Seconda guerra mondiale. Faceva parte, anche in questo caso, di un progetto più ampio, con la parte centrale del Castello mai realizzata che avrebbe unito le due costruzioni.
Lamont Young morì suicida proprio nella Villa che porta il nome di sua moglie, Ebe Cazzani.
L’estremo gesto non avrà mai una spiegazione, che sarebbe forse azzardato cercare solo nella scarsa fortuna dei suoi progetti più ambiziosi. D’altronde, la sua vita fu sicuramente intensa e fortunata: nato e cresciuto nella Villa Lucia che fu di Re Ferdinando di Borbone, abitò in sontuosi castelli da lui stesso costruiti e qualche delusione imprenditoriale non gli impedì di condurre una vita agiata: nel 1909 fondò l’Automobile Club di Napoli, composto da soli 39 soci, dato che possedere un’auto era un lusso riservato a pochissimi.

Non ci è dato sapere quindi quali demoni interiori portarono Lamont Young a togliersi la vita. La sua figura è ai più sconosciuta e, se alla sua memoria è stata dedicata la scala delle rampe di Pizzofalcone, neanche una delle sue opere più rilevanti porta il nome dell’architetto. La sua storia ha tuttavia incuriosito molti negli anni e vari sono stati i tributi a lui rivolti.
Il professor Pasquale della Monaco ha ideato il “Premio Utopia Lamont Young” destinato a premiare chi si prodiga per la diffusione della cultura e la tutela dei territori storici, nato anche per salvaguardare Villa Ebe, ora proprietà del Comune, che nel 2000 è stata devastata da un incendio. Vi è poi un’opera di William Kertiridge che omaggia il suo progetto di Metropolitana alla stazione Toledo. Infine il regista Francesco Carignani ha lanciato una campagna di crowdfunding per produrre un documentario sulla vita del visionario urbanista.

Certo, se le idee di Young si fossero compiute, oggi potremmo attraversare dei percorsi mozzafiato. Navigare i canali di un moderno quartiere turistico a Bagnoli, sovrastato da un grande Palazzo di Cristallo, arrivando attraverso gli stessi ad una piccola Venezia sulle coste del quartiere Posillipo, per poi proseguire sul lungomare di via Caracciolo e arrivare al Monte Echia, per ammirare un mastodontico albergo che ricorderebbe i palazzi di Nuova Delhi.
In quel caso le opere e il nome di Lamont Young sarebbero sicuramente oggi famosi in tutto il mondo.

Villa Ebe di Lamont Young
Villa Ebe, ultima dimora di Lamont Young (Wikimedia)

Fonti:
“Lamont Young: utopia e realtà nell’urbanistica napoletana dell’ottocento” (G. Alisio, Officina Edizioni)
“Le Ville di Napoli” (Y. Carbonaro e L. Cosenza, Newton Compton Editori)

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