C’è stato un tempo in cui Amalfi era regina del mare e, soprattutto, un vero faro di cultura per tutto il Mediterraneo. Le Tavole Amalfitane sono la prima raccolta di leggi del mare in Italia: fu un documento che per cinque secoli è rimasto il riferimento per tutti i naviganti.

Tavole Amalfitane
Le tavole Amalfitane

Prima delle Tavole Amalfitane

Sin dai tempi dei Fenici l’Uomo ha sentito il bisogno di creare una regolamentazione dei mercati e delle attività marittime: tutti i popoli che vivevano di commercio, d’altronde, erano costretti ad adattarsi alle migliaia di consuetudini e regole diverse che caratterizzavano ogni città.
Dobbiamo aspettare i marinai di Rodi, l’isola greca famosa per , per cominciare ad avere le prime leggi scritte sulla navigazione del mare: ai tempi dell’Imperatore Augusto, infatti, fu emanata la Lex Rhodia de Iactu, che fu la prima legge scritta della Storia sul diritto marittimo. Secoli dopo ci penseranno i Bizantini nel VI secolo a codificare ufficialmente quelle che erano conosciute come “Νόμος ‘Ροδίων Ναυτικός” (Nomos Rodion Nautikòs, le leggi del mare di Rodi: anche qui la menzione dell’isola greca spiega bene la sua importanza), che invece fu il primo codice marittimo d’occidente, più o meno contemporaneo rispetto a quello arabo.

«… la più prospera città di Longobardia, la più nobile, la più illustre per le sue condizioni, la più agiata ed opulenta. Il territorio di Amalfi confina con quello di Napoli; la quale è bella città, ma meno importante di Amalfi.»

Ibn Hawqal, mercante arabo del X secolo

Ci troviamo intorno all’anno 1000 e, mentre la Storia d’Italia stava per essere definitivamente riscritta dai Normanni, Amalfi era un ricchissimo ducato che aveva trovato la sua fortuna con il mare, cercando di sfuggire alle continue battaglie fra Capua, Salerno, Napoli e Benevento.
In questa serenità e ricchezza della città protetta dalle montagne, la cultura amalfitana fiorì e ci ha regalato numerosissime eredità che ancora oggi sono presenti nella nostra vita: dalla discussa definizione dei venti all’industria della carta, senza dimenticare la bussola moderna, che fu perfezionata da un navigatore amalfitano. Senza dimenticare l’Ordine dei Cavalieri di Malta, che nascono per mano di un frate di Scala, o tutta l’araldica della Regione Campania, che è figlia della tradizione amalfitana.

Le Tavole Amalfitane

Il documento, che ancora oggi è conservato in città (la copia apparteneva al Doge di Venezia Marco Foscarini), si divide in 66 capitoli scritti in tempi diversi e in termini spesso confusionari.
I primi 21, infatti, erano in un buon latino ed erano sicuramente parte del documento originale. Gli altri, invece, sono in Italiano volgare e spesso contengono ripetizioni o addirittura traduzioni delle norme latine.
I popoli del mare, d’altro canto, condividevano con una rapidità straordinaria le proprie conoscenze culturali e in pochi anni quasi tutti i ducati e i regni si dotarono di un codice marittimo. La stessa Amalfi contende alla città di Trani il primato sul diritto del mare, dato che il documento di Trani è quasi contemporaneo.

Amalfi dal Mare
Amalfi dal mare

Il contenuto delle Tavole Amalfitane

Il contenuto delle Tavole Amalfitane è fortemente incentrato sul commercio e cerca di regolamentare, in modo molto rigoroso, la correttezza nella gestione del danaro, del valore delle merci e dei rapporti nella gerarchia della nave. C’erano norme anche legate al comportamento dei marinai, come l’obbligo di rimanere sull’imbarcazione. L’equipaggio e le merci della nave, infatti, erano un tutt’uno e ogni azione poteva aumentare o ridurre il valore del contratto di navigazione.
I viaggi in mare, d’altronde, erano pericolosissimi ed erano assai frequenti gli attacchi di pirati o eventi disastrosi, tant’è vero che tutti i marinai si riunivano in cooperative per aiutarsi a vicenda (emblematico è il caso del Pio Monte dei Marinari di Procida, che fu una prima forma di assicurazione).
D’altro canto, i marinai che si pentivano del viaggio, “erano tenuti alla restituzione del doppio dello stipendio”. Oppure ancora, in caso di pericolo di vita, se era necessario gettare in mare la merce, il capitano doveva consultare l’intero equipaggio. Era previsto anche il caso del “padrone avaro” che, pur di non perdere soldi, metteva a repentaglio la vita dei marinai ordinando di non buttare nulla in mare. In quel caso ne avrebbe risposto personalmente dinanzi al Consolato della città.

Oggi alcune regole e alcune definizioni strappano un sorriso, mentre altre si sono evolute e fanno ancora parte del Diritto della Navigazione moderno dimostrando che, già un millennio fa, la piccola Amalfi era un faro di cultura e civiltà nel Mediterraneo.
Tempo dopo, precisamente nel XVIII secolo, ci pensò un altro popolo marinaro a scrivere una nuova pagina di Storia della navigazione: il procidano Michele De Jorio fu infatti l’autore del primo codice della navigazione moderno.

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Alfonso Mignone, Nuovi Studi sulla Tabula de Amapha, Il Frangente, Verona
https://www.historiaregni.it/la-tavola-amalfitana/
https://www.italiamedievale.org/portale/il-diritto-marittimo-bizantino/
http://new.rivdirnav.org/wp-content/uploads/2018/03/1936-I.pdf
https://web.archive.org/web/20110106161845/http://www.clubvelico.sa.it/ita/latabula.htm
https://books.google.it/books?id=wlx7AAAAMAAJ&pg=RA1-PA259&dq=tabula+de+amalpha&hl=it&ei=472PTO64B5CCswbXrsmcDA&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=7&ved=0CEQQ6AEwBg#v=onepage&q&f=false
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