Pietro Navarro è stato un condottiero spagnolo con una vita degna di un film. Scaltro, avventuroso, al servizio di più sovrani, anche di fazioni opposte. Il suo nome è legato alla presa di Napoli in nome di Ferdinando II d’Aragona, impresa in cui riuscì grazie all’inventiva che ebbe nell’utilizzo della polvere da sparo: pare che a lui si debba l’invenzione delle mine.
Un mercenario con la passione per le esplosioni
Sulla sua gioventù si sa ben poco. Nacque circa nel 1460, nell’ancora oggi minuscolo comune di Garde, in Navarra, una regione della Spagna (da qui probabilmente il suo cognome), in un contesto familiare umile. Insieme a suo padre, trascorreva le sue giornate nei campi. Tuttavia, non contento di questa vita, desideroso di conoscere un mondo ben più ampio del suo piccolo paese, colse l’occasione che gli si presentò quando conobbe un mercante genovese, che lo portò con sè in viaggio, fino in Italia.
Nel 1487, a 27 anni, fu reclutato nell’esercito di Firenze, per ironia della sorte proprio in una guerra contro Genova. Quella fu la prima occasione in cui ebbe modo di mostrare il suo ingegno con gli esplosivi: volle riempire di polvere da sparo delle gallerie ai piedi della fortificazione nemica per rompere le difese genovesi nella battaglia di Sarzana, facendo crollare le mura e assicurando un grande vantaggio al suo esercito, motivo per cui fu pagato il doppio per il buon lavoro svolto.
Durante la sua permanenza in Italia, conobbe un cavaliere del Regno di Napoli, il marchese di Cotron, di cui si mise al servizio. Grazie a lui, partecipò ad una serie di spedizioni contro città costiere del Mediterraneo occupate dall’Impero Ottomano, in una delle quali il marchese morì.
Prese parte perfino ad una battaglia contro la Repubblica di Venezia, che all’epoca era una potenza indiscussa del mediterraneo, riuscendo a tenere testa ai suoi avversari grazie al suo ingegnoso utilizzo della polvere da sparo per fare esplosivi.
Agli ordini del Gran Capitano
Negli ultimi anni del ‘400, Pietro si mise al servizio del “Gran Capitano” Gonzalo Fernández de Córdoba, carismatico condottiero spagnolo, che servì in molte battaglie, in cui ebbe modo di perfezionare le sue tecniche di utilizzo degli esplosivi ed anche delle sostanze incendiarie, come lo zolfo, utilizzato nelle gallerie scavate dai nemici, fino a che non si guadagnò il suo rispetto.
Dato il suo indiscusso valore in battaglia, il Gran Capitano lo coinvolse anche nella campagna che intraprese contro l’esercito francese, per la presa del Regno di Napoli.
La guerra durò dal 1501 al 1503 e, dopo una serie di sanguinose battaglie, si concluse con la vittoria spagnola. Le tattiche adottate da Pietro Navarro risultarono fondamentali per bloccare l’avanzata nemica e far subire all’esercito francese moltissime perdite.
Fu particolarmente memorabile l’episodio del 15 maggio 1503: la presa di Castel dell’ovo, considerata fino ad allora una fortezza inespugnabile. Lo era per tutti, ranne che per Pietro Navarro: attraverso l’utilizzo di mine cariche di polvere da sparo causò ingenti danni al castello e fece molti morti tra le truppe francesi. Il nemico non potè che arrendersi. Navarro si guadagnò la stima del re e le sue strategie fecero il giro d’Europa.
La sconfitta del generale Navarro
Al termine dei conflitti, Ferdinando II d’Aragona, grato ai suoi ufficiali, li ricompensò con titoli e ricchezze. Pietro fu nominato conte di Oliveto ed il suo nome, in breve, fu sulla bocca di tutti i generali europei.
Ferdinando II si servì ancora di un così utile alleato anche in altre battaglie, quali quelle contro navi pirata africane, che erano una vera sciagura per le navi mercantili, frequentemente depredate. Successivamente, gli scontri si spostarono anche sulla terraferma: il re di Spagna nominò Navarro suo generale e lo incaricò di condurre un’intera campagna in nord Africa.
Dopo la presa di Orano, Bejaia e Tripoli, l’apparentemente infallibile generale Pietro Navarro si trovò infine davanti ad una clamorosa sconfitta.
Nel 1510, nonostante un esercito di 8000 uomini, non riuscì a fronteggiare un’incursione di corsari nordafricani. Lo scontro ebbe un esito disastroso per le truppe spagnole: più della metà degli uomini morirono, tra i quali anche il figlio del duca d’Alba: Garcia de Toledo. Inoltre, tra le navi utilizzate per la fuga, alcune affondarono, causando ulteriori disagi e morti anche nella fase di ritirata.
Tornato sano e salvo a casa, il re decise di dare a Pietro un’altra possibilità: sarebbe stato al servizio del vicerè del Regno di Napoli. I due partirono subito per una campagna contro la Francia, verso i territori occupati dal nemico nel nord Italia.
La sorte non era dalla parte dell’esercito spagnolo a Bologna, in cui le cariche esplosive di Navarro risentirono dell’umidità, intaccando la sua strategia; nemmeno nella battaglia di Ravenna gli spagnoli riuscirono ad avere la meglio. Quest’ultimo scontro terminò, infatti, con la fuga del vicerè con una parte dell’esercito e con la cattura di Navarro, ferito e lasciato solo dalle sue truppe.
Ferdinando II tentò di recuperare il suo prezioso generale sia con la forza che con delle trattative diplomatiche, fallendo in entrambe le circostanze. Non furono fatti altri tentativi. Sembrava essere la fine per Pietro Navarro, una gloriosa carriera stava per concludersi in una prigione francese.
Un nuovo inizio
Nel 1515, il re di Francia Francesco I iniziò una nuova campagna contro le truppe spagnole sul suolo italiano. Consapevole delle abilità dell’ex generale nemico, gli propose di lavorare al suo servizio. Pietro Navarro accettò.
Fu messo a capo delle truppe francesi in molte battaglie nel nord Italia, tutte concluse con il successo sperato da Francesco I. La campagna terminò con la presa di Milano.
Il sovrano francese mise Navarro a capo di altre spedizioni, stavolta via mare, che, tuttavia, ebbero un esito infausto per il proprio esercito. Ciò determinò la rottura della fiducia che Francesco nutriva verso Pietro. Infatti, non gli furono dati altri ruoli di comando nelle successive spedizioni, pur partecipandovi.
Di tutta risposta, Pietro decise di parlare con un ambasciatore del nuovo sovrano di Spagna (e di moltissimi altri territori), l’imperatore Carlo V d’Asburgo. Promise di sottrarre Genova ai francesi per consegnarla a lui, se avesse accettato di prenderlo al suo servizio. Ma la sua richiesta fu ignorata, forse perchè alcuni dei più fidati consiglieri dell’imperatore lo etichettavano come un traditore.
Pietro Navarro ricevette ordine dal re di Francia di occuparsi delle difese navali di Genova, ma, nel 1522, una nuova sconfitta determinò la sua cattura, stavolta come prigioniero spagnolo.
Gli ultimi anni
Liberato grazie ad una clausola del Trattato di Madrid, Pietro tornò nuovamente all’attacco per conto di Francesco I, stavolta in una spedizione via terra verso il Regno di Napoli, al fianco del maresciallo Lautrec. Anche questa finì in modo disastroso: l’esercito subì una clamorosa sconfitta per via di un’epidemia di colera dovuta alle pessime condizioni igieniche dell’accampamento francese, situato in un terreno paludoso alle porte di Napoli, che decimò l’esercito ed uccise lo stesso maresciallo.
Navarro sopravvisse, tuttavia, oramai vecchio e stanco, fu catturato facilmente dagli spagnoli. Questa volta, per ordine di Carlo V, fu imprigionato in Castel Nuovo, in cui morì, nel 1528. Le dinamiche della sua morte non sono mai state chiarite. Sembrerebbe che l’imperatore abbia ordinato la sua esecuzione per impiccagione, ma che il vicerè, previdentemente, abbia preferito evitare poichè una pubblica esecuzione avrebbe potuto infastidire i membri dell’esercito spagnolo che gli erano rimasti amici. Potrebbe, infatti, essere stato avvelenato o soffocato da un suo carceriere.
La vita di Pietro Navarro terminò nel luogo del suo più grande successo, al servizio dell’esercito che anni prima aveva combattuto. Il suo corpo è sepolto in una cappella presso la chiesa di Santa Maria la nova, a Napoli.
-Leonardo Quagliuolo
Per approfondire:
Leave a Reply