Alcuni studiosi, critici, politici, hanno colto nelle Quattro Giornate di Napoli soltanto, e prevalentemente, la spontaneità del moto sorto come improvvisa rivolta di un popolo, già esasperato da tante sofferenze. Sarebbe stato, al loro avviso, un episodio isolato, privo di chiari contenuti politici, staccato dal contesto del grande movimento di liberazione nazionale, espressione solo di una ribellione, sia pure generosa ed eroica.
Altri, invece, attraverso una ricostruzione, più attenta e più rigorosa, hanno rilevato che l’insurrezione, pur con il suo carattere di spontaneità, non nacque da nulla, ma sul terreno di una lunga e tenace opposizione al fascismo, dando vita ad una vera e propria Resistenza antifascista.
Durante il ventennio fascista di dittatura (dalla presa di potere di Mussolini avvenuta il 31 ottobre 1922 alla fine del regime avvenuta formalmente il 25 luglio 1943), tanti antifascisti napoletani, di diversa collocazione politica e sociale, nelle fabbriche, nei posti di lavoro, nel Foro, nell’Università, nella scuola, avevano affrontato, in nome dei valori di libertà e di democrazia, la repressione fascista: molti erano stati perseguitati, arrestati e condannati a lunghi anni di carcere di confino.
La Resistenza antifascista nelle fabbriche
Partendo in particolare dalle fabbriche, l’opposizione al fascismo, nonostante l’attenta vigilanza della polizia, si sviluppò con intensa, costante attività, attraverso la diffusione di giornali, di manifestini, di altro materiale di propaganda.
Molti operai, di più solida formazione ideale e politica, svolsero un’azione molto importante, che, dalla fabbrica, si estendeva ai quartieri di antica tradizione democratica e antifascista, fino a coinvolgere larghi strati del mondo intellettuale e del lavoro.
E proprio a sottolineare la continuità tra un momento e l’altro della Resistenza, tra la lotta negli anni della dittatura e l’insurrezione popolare del settembre 1943, sono prima di tutti gli operai che, durante l’occupazione tedesca, si oppongono alle rappresaglie naziste della distruzione degli impianti industriali. Al momento dell’insurrezione delle Quattro Giornate, alla testa degli insorti, si troveranno assieme operai, intellettuali, antifascisti di diverso orientamento ideale e politico.
Il fascismo aveva soppresso tutti i partiti, ma in tutti gli anni del ventennio, anche a Napoli l’organizzazione del partito comunista riuscì a mantenere i saldi collegamenti, principalmente con la classe operaia, sviluppando una ininterrotta attività clandestina. Dopo il 25 luglio, molti militanti comunisti, appena tornati dal carcere o dal confino – ricordiamo per tutti Salvatore Cacciapuoti, Gennaro Rippa, Ciro Picardi – sono presenti nella Resistenza napoletana contro i nazi-fascisti.
Un ruolo importante ebbe anche un comitato antifascista fondato da Pasquale Schiano e trasformato più tardi in Centro Meridionale del Partito d’Azione che raccoglieva molti esponenti dell’antifascismo napoletano.
Altre importanti aggregazioni si costituirono attorno ad uomini di formazione cattolica, liberale e democratica, come Ugo Rodinò, Mario Florio, Claudio Ferri, Pietro Di Lauro e tanti altri, che, pur partendo da posizioni diverse, seppero trovare nell’antifascismo un comune terreno d’intesa.
Non vanno dimenticati, inoltre, tutti quegli antifascisti, che pur non entrando in un’opposizione attiva, si mantennero fedeli agli ideali di libertà e di democrazia.
La repressione fascista colpì duramente con licenziamenti dai posti di lavoro, con l’emarginazione, con arresti, con condanne al carcere e al confino. Negli anni che vanno dal 1930 al 1933 sono arrestati i migliori quadri operai e con loro molti intellettuali: Emilio Sereni, Manlio Rossi Doria, Eugenio Reale, Clemente Maglietta, e tanti altri sono condannati a lunghi anni di carcere.
La Resistenza nel Foro napoletano
I processi contro gli antifascisti rivelarono la presenza anche nel foro napoletano di una forte avversione al regime. Nel marzo 1933, nel processo intentato contro 150 confinati politici, si costituì, nonostante le intimidazioni delle autorità fasciste, un collegio di difesa, formato da avvocati antifascisti di diverso orientamento politico composto da Claudio Ferri. Francesco Manfredi, Pietro Di Lauro, Vincenzo La Rocca, Antonio De Ambrosio e Mario Palermo.
L’antifascismo negli ambienti di cultura napoletani
L’opposizione alla dittatura, alla sua politica di repressione della libertà di pensiero e di espressione, si sviluppò in altri ambienti della cultura. Contro la rozza e vuota retorica e il piatto provincialismo, artisti, scrittori e studenti diedero vita a interessanti ricerche e a forme nuove e originali di espressione.
Il filosofo Benedetto Croce, dopo una fase di benevola attesa al sorgere del fascismo, entrò nel campo antifascista, svolgendo un’operosa elevata azione culturale.
Attorno a lui si raccolsero gli uomini più rappresentativi della cultura napoletana, accomunati dall’avversione alla dittatura. Il suo insegnamento, ispirato da un alto ideale di libertà, esercitò una grande influenza sui giovani. Molti di essi, dopo la liberazione, si allontanarono dal maestro, del quale non condividevano le posizioni teoriche e politiche, ma continuarono a riconoscere nell’opera di Croce una lezione di grande rigore intellettuale e morale. Anche nell’Università, mentre numerosi docenti avevano aderito al regime, altri non si piegarono alle minacce e alle lusinghe, offrendo un nobile esempio di dignità intellettuale e di coerenza morale. Ricordiamo per tutti il professore Adolfo Omodeo, che fu il primo rettore dell’Università di Napoli, dopo la liberazione.
Sempre nell’Università, nel corso degli anni che precedettero lo scoppio della seconda guerra mondiale, un’intensa attività antifascista fu sviluppata da gruppi sempre più consistenti di studenti. La politica aggressiva del regime, l’occupazione dell’Etiopia, l’intervento in Spagna al fianco del fascista Franco, la sempre più stretta alleanza con la Germania nazista, la ignobile campagna contro gli ebrei, avevano contribuito a scuotere la coscienza di molti giovani. Si formò così, anche dall’interno delle stesse organizzazioni studentesche fasciste, sui periodici del GUF (Gruppi Universitari Fascisti), un’attiva opposizione, che, muovendo dal dibattito letterario e culturale, investiva la politica del regime. Pur nella differenza delle convinzioni politiche, questi giovani esprimevano tutti una profonda esigenza di libertà: tutti uniti dal comune impegno antifascista. Nell’insurrezione delle Quattro Giornate si ritroveranno in prima linea accanto ai patrioti più anziani reduci dal carcere o dal confino.
Vi fu dunque una Resistenza al fascismo durante il fascismo.
Le Quattro Giornate: fase finale della Resistenza anti nazi-fascista
Ad indicare la continuità ideale e politica dell’opposizione antifascista durante il ventennio e l’insurrezione popolare delle Quattro Giornate, basti ricordare che, all’indomani del 25 luglio, si costituì il Fronte Nazionale, trasformatosi poco dopo in “Comitato napoletano di liberazione”, nel quale erano presenti rappresentanti di tutti i partiti antifascisti (dal Partito comunista al Partito d’azione. dalla Democrazia Cristiana al Partito socialista, dal Partito liberale al Partito della democrazia del lavoro). Fu questo Comitato, la sera dell’8 settembre 1943 (data dell’armistizio di Cassibile) a decidere la costituzione di formazioni popolari armate contro i nazisti. Il generale Del Tetto, al quale il comitato chiese le armi, si si rifiutò di consegnarle.
Il 20 agosto ’43 un gruppo di antifascisti si raccolse a San Giacomo dei Capri per decidere una comune azione politica, diretta imporre al governo Badoglio la cessazione della guerra e la cacciata dei nazisti dall’Italia.
Ancor prima delle Quattro Giornate un altro gruppo di antifascisti, tra i quali il socialista Federico Zvab, raccolto un quantitativo di armi e munizioni, aveva già predisposto un’azione insurrezionale contro i tedeschi. Nelle prime ore del 28 settembre, comitati rivoluzionari si costituirono al Vomero, al parco Cis, a San Gaetano, in altri punti della città, con compiti di direzione politica e militare.
Le Quattro Giornate non furono, pertanto, un fenomeno improvviso. Furono certo un moto spontaneo, perché spontanea fu la partecipazione di tutto il popolo: in quella insurrezione, alimentata anche dalla disperazione per le inaudite sofferenze, dalla collera per la oppressione nazista dall’angoscia per i rastrellamenti, per le deportazioni in massa, c’è anche, e principalmente, il maturare di una convinzione, di una decisione, che ha le sue radici nella tenacia posizione al regime di tanti antifascisti napoletani.
-Marco Godino
Fonti: “Le Quattro giornate di Napoli” – A.N.P.I.
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