Una delle più famose “Sciantose” di Napoli è stata Amelia Faraone. Ma chi erano le “Sciantose”?
La “Sciantosa”, nell’immaginario collettivo, evoca la figura di una donna sensuale che, a metà tra Burlesque d’antan e teatro di varietà, intratteneva il pubblico cantando con sfacciata sensualità. La stessa parola, Sciantosa, squisitamente “napoletanizzata”, è una traslitterazione dal francese di chanteuse, cantante, quando tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 andavano diffondendosi i primi café-chantant, caffè concerto, in cui si esibivano queste donne, e dove si poteva bere e mangiare nel corso di quelle che oggi chiameremmo cene-spettacolo.
Accenti stranieri e aspetti esotici
Le Sciantose si ammantavano di mistero e di un certo passato e per rendere ancor più intrigante la loro presenza sul palco, simulavano accenti stranieri, francesi o spagnoli, per darsi una più libera (e libertina) allure esotica.
Amelia Faraone da San Ferdinando al Salone Margherita
Amelia Faraone fu tra le più note “Sciantose” del XIX secolo. Nata nel quartiere di San Ferdinando a Napoli nel 1871, la Faraone esordì poco più che ventenne in una compagnia di operette di Campanella, esibendosi in canzoni del repertorio partenopeo, che la portarono a calcare i più importanti teatri d’Italia: dal Balbo di Torino all’Olympia di Roma, dall’Unione di Milano al celebre Salone Margherita a Napoli, che inaugurò sul finire del 1890, da un’idea dei fratelli Marino, sulla scia del successo dei ben più noti Moulin Rouge e Folies Bergère a Parigi.
Il sodalizio artistico con Nicola Maldacea
È qui che Amelia Faraone, appartenente ad una nota famiglia di Napoli, trovò il successo, sugellando un fortunato sodalizio artistico con l’attore e comico Nicola Maldacea, con il quale diede vita a esilaranti siparietti sulla base di celebri brani della canzone napoletana.
Particolarmente apprezzata dal pubblico e dalla critica, di lei resta insuperata, secondo le cronache del tempo, una celebre macchietta con Maldacea scritta da Ferdinando Russo, Pozzo fa ‘o prevete?.
Amelia Faraone, una vita da romanzo
La Faraone diventò così celebre da essere chiamata al posto delle cantanti straniere. La vita della donna ricorda la trama di un romanzo d’appendice, con colpi di scena ed un finale tutt’altro che scontato. La nostra sciantosa infatti rimase presto orfana di padre. Suo padre, Francesco Faraone, impazzì per il dolore dopo aver perso tutto in borsa, forse per un investimento sbagliato. Giovanissima, restò incinta di un uomo che, messo alle strette dalla madre, le firmò una cambiale per liberarsi della gravidanza scomoda. Con il denaro, la Faraone aprì addirittura un caffè suo a Roma.
Una giovane donna protagonista della mondanità del tempo
Era una giovane donna mondana, che aveva intrecciato amicizie influenti e persino nella Capitale era diventata la più ricercata delle bellezze.
È nella capitale che la Sciantosa decise di ritirarsi, paga della carriera, e di essersi sottratta ad una vita di miseria e stenti, o alla concreta possibilità di sottomettersi ad un marito. Il suo addio alle scene viene addirittura celebrato da Ugo Ricci, noto giornalista de Il Mattino, che enfatizzerà l’aspetto voluttuoso della donna, che faceva perdere la testa a uomini e ragazzini, sottolineando quanto la donna fosse già al suo tempo un’artista rinomata e, soprattutto, apprezzata.
Il successo con il repertorio classico napoletano
È grazie a Amelia Faraone che molti brani napoletani sono arrivati al successo: da Voglio siscà di A. Califano a Lariulà di Salvatore Di Giacomo, passando per il duetto Quanno chiove passe e fiche di Ferrara e De Gregorio fino alla famosissima Levate ‘a cammesella di Luigi Stellato, durante il quale simula uno spogliarello infinito, che in realtà non lascia intravedere nulla.
Il ritiro dalle scene a soli 33 anni
Protagonista indiscussa della Belle Époque napoletana (e non solo), la Faraone fu una donna di grande temperamento, spirito e intelligenza, e seppe intuire il momento esatto, nel corso della sua illustre carriera, di dire basta ai palchi di tutta Italia, alle canzonette e ai balli: nel 1904, a soli 33 anni, Amelia Faraone decise di trascorrere il resto della sua vita tra i suoi affetti, nella discrezione dell’anonimato, paga di essere diventata già mito, di appartenere già alla storia, facendo definitivamente calare il sipario sulla sua carriera e quella vita cui non sentiva più di appartenere.
Bibliografia
Le regine italiane del cafè-chantant, David Norisco
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