La storia di Ladislao d’Angiò è forse una delle più interessanti e peculiari del Quattrocento italiano. Il sovrano, cresciuto con i fulgidi esempi cavallereschi delle corti di Napoli e Buda, divenne anch’esso cavaliere e condottiero, mettendosi a capo di numerose imprese militari dagli esiti alterni. Se la campagna Ungherese di Ladislao d’Angiò fu inconcludente e segnata da una falsa incoronazione a Zara, le sue fortune in Italia, pur essendo ben più note, non ebbero esiti così diversi.
Il suo progetto militare programmava di estendere i confini del Regno su tutta l’Italia, andando a creare un dominio politico su zone che, in fin dei conti, erano parte della sfera egemonica, o quantomeno delle mire egemoniche, del Regno di Sicilia sin dai tempi di Federico II. La sfortunata conclusione anche di questo progetto, sfumato con una prematura morte per malattia del sovrano angioino, fu di fatto la fine delle possibilità di ripresa della dinastia Angiò-Durazzo.
A lui successe la sorella Giovanna II, incapace di mantenere una pace duratura e una stretta autorità centrale nel Regno, così come di intraprendere un qualsivoglia tipo di politica espansiva. La fine delle politiche espansive angioine, rimaste un tratto comune della dinastia anche nei tempi di maggiore crisi, costituì forse la più vistosa prova della decadenza della dinastia e, con essa, del Regno come agente politico Mediterraneo e Italiano.
Un ultimo grande lascito degli Angiò-Durazzo, e più precisamente dell’ultima regina di tale dinastia che ascese al trono di Napoli, Giovanna II, risulta essere il sepolcro di re Ladislao d’Angiò-Durazzo. Lo stupendo monumento, voluto dalla regina in onore del suo ormai defunto fratello, è ancora oggi presente nella chiesa di San Giovanni a Carbonara, uno dei luoghi di culto più belli e antichi della città di Napoli.
La tomba monumentale di Ladislao d’Angiò-Durazzo
Il monumento, posto all’interno della chiesa in ubicazione absidale, colpisce subito per la grandezza e la conservazione. Risulta il più grande sepolcro regale angioino giunto a noi integro (la tomba di Roberto d’Angiò, ben più rande, fu tuttavia danneggiata nella seconda guerra mondiale). Con i suoi maestosi 18 metri la tomba, realizzata in stile Gotico Toscano, fu scolpita da vari artisti nel corso degli anni ’20 del Quattrocento.
Un altro elemento di enorme impatto visivo risulta essere la statua equestre del sovrano che troneggia sul monumento. Si tratta di un caso più unico che raro nell’architettura funebre cristiana, dove, in linea di massima, sono ben presenti le raffigurazioni di regalità e autorità, anche politica, ma non quelle della forza militare. la rappresentazione del sovrano, ritratto bardato e con spada sguainata e alzata in aria, risulta una maestosa e curiosa testimonianza delle sue doti guerresche, suo tratto distintivo ammirato anche dopo la morte.
Il monumento si sviluppa vistosamente in altezza. Esso, alla sua base, risulta sorretto da rappresentazioni scultoree delle virtù: temperanza, prudenza, fortezza e carità. Sopra di esse va ad esplicarsi il primo livello della struttura, in cui sono rappresentati Giovanna II e Ladislao d’Angiò-Durazzo seduti su troni leonini, circondati a loro volta da altre quattro sculture di virtù: speranza, giustizia, carità e fede.
Al di sopra di essi, sul secondo livello della struttura, è ubicata la camera funebre del sovrano. Il re , ritratto giacente e vestito con paramenti regali, è accompagnato dalla figura di un vescovo benedicente vestito con gigli angioini, probabilmente san Ludovico d’Angiò, ulteriore richiamo alla tradizione dinastica angioina e alla loro autorappresentazione ideologica come stirpe regale tanto pia quanto potente. Al di sotto del gisant sono presenti, come motivo decorativo del sarcofago, le sculture dei membri della casa d’Angiò-Durazzo: Carlo III e Margherita, Ladislao e Giovanna II.
Le statue poste attorno il gisant non sono ancora del tutto identificate, eccezion fatta per due: re Davide, rappresentato con in mano un salterio, e san Ladislao, entrambi rimandi alla tradizione dinastica ed ideologico-religiosa degli Angiò-Durazzo. Ulteriore elemento di celebrazione dinastica sono i numerosissimi stemmi della casata posti su tutto il monumento: il più vistoso di essi è ubicato sopra il baldacchino della camera funebre, sorretto da due angeli. Al di sopra di esso vi è il penultimo livello della struttura, ove sono ubicate le figure della Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Agostino.
Il monumento si chiude, come anticipato, con la statua equestre di re Ladislao ritratto con spada (o lancia) sguainata in segno di vittoria, esempio unico di architettura ed esempio della forza e potenza di questo grande re.
-Silvio Sannino
Bibliografia
Anna Delle Foglie: Le ambizioni di un re scolpite nel marmo: Ladislao d’Angiò Durazzo, la corona d’Ungheria e la cultura artistica lombarda nel Regno di Napoli in Artisti dei laghi lombardi in Ungheria. Dal Medioevo ai secoli moderni, Archivio Cattaneo Editore, Cernobbio, 2018.
Emile G. Léonard, Gli Angioini di Napoli, Dall’Oglio, Milano, 1967.
Stefano d’Ovidio, Osservazioni sulla struttura e l’iconografia della tomba di re Roberto d’Angiò in Santa Chiara a Napoli in Hortus Artium Medievalium: Journal of the International Research Center for Late Antiquity and Middle Ages.
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