Gioacchino Murat è forse tra i re più rappresentativi ed evocativi tra quelli che, nel corso dei secoli, si susseguirono sul trono partenopeo. Uomo di forte temperamento, da umili origini asceso alla dignità regale, è un esempio paradigmatico del cursus honorum possibile nell’armata napoleonica durante i suoi tempi d’oro. Sotto il suo regno il Mezzogiorno continentale, astro della ben più grande galassia napoleonica, venne coinvolto nei grandi sommovimenti culturali, istituzionali e militari che caratterizzarono quell’epoca.
Lo sprone dato alla vita militare, alle arti e alla cultura fu grande, tuttavia il blocco continentale, la spesa dell’erario, nonché l’imperitura lotta che si dovette condurre per pacificare le province, continuamente sobillate dai Borbone e minacciate dagli inglesi, scagliò sul suo governo una torbida ombra, difficilmente dirimibile.
Del resto altro non si potrebbe aspettare nell’approcciarsi ad un periodo storico così tumultuoso, caratterizzato da processi sociali, culturali ed economici incalzanti, nonché da uomini di temperamento vulcanico e alti principi, come del resto fu lo stesso Murat, almeno nei suoi giorni migliori.
Questo articolo, più che focalizzarsi sul punto di maggior splendore della parabola murattiana, prenderà in considerazione, invece, quello più basso: la sua cattura ed esecuzione il 13 ottobre 1815, presso Pizzo Calabro, e la sua successiva sepoltura. Dove sono le ossa del re? E come mai ha ben tre tombe?
La sfortunata impresa di Pizzo
Prima di parlare delle strane sorti delle sepolture del re di Napoli, seguiremo a descrivere sommamente le rocambolesche vicende della tentata riconquista del regno da parte di Murat. Giunto dalla Corsica con un manipolo di navi e pochissimi fedeli, malconsigliato sulla possibilità di una sollevazione alla sua venuta, inizialmente pensò di sbarcare a Salerno tuttavia, per avverse condizioni metereologiche, dovette riparare in Calabria, sbarcando vicino alla città di Pizzo.
La scelta di sbarcare egualmente fu infelice: la Calabria fu fortemente vessata dall’amministrazione murattiana, privata dei commerci con la Sicilia e con le potenze avverse, nonché luogo di scontri spesso repressi nel sangue. In particolar modo la città di Pizzo “fu impoverita sotto il regno di Gioacchino dalla mancanza del commercio, ed acerbamente moderata dalla polizia militare” (Colletta 1830, 38).
In tal modo la pur improbabile possibilità di una sollevazione all’arrivo del re, ormai decaduto, divenne pressoché nulla: avversato dalla popolazione e dall’esercito fu fatto prigioniero poco dopo lo sbarco. Da Napoli si giudicò di trattarlo non tanto come gli altri napoleonidi decaduti, bensì come un “perturbatore e nemico della pubblica tranquillità” (ivi, 43), sottoponendolo ad un processo come nemico pubblico.
Ironia volle che i giudici, molti dei quali peraltro murattiani, lo condannassero a morte per una legge redatta sotto il suo stesso regno, da cui il famoso detto “Gioacchino mettette ‘a legge e Gioacchino fuje acciso“. Il re morì per fucilazione il 13 ottobre 1815.
Le tre tombe di Murat
Ora arriviamo al punto focale dell’articolo: dove fu sepolto Murat? Le spoglie, poste in una cassa di legno protetta da un panno nero, furono poste nella cripta della chiesa di San Giorgio presso Pizzo. Come si può ben immaginare il feretro del sovrano fu sepolto senza pompa né particolari segni distintivi, in un punto non meglio precisato della cripta della sopracitata chiesa che, è bene tenere a mente, è tra le più grandi cripte dell’intera Calabria.
E’ questa la prima, sfortunata sepoltura del sovrano. Nella chiesa di San Giorgio solo una lapide, posta all’entrata della cripta in occasione del bicentenario della nascita del defunto (1976), ne ricorda la poco illustre sepoltura.
Se le spoglie di Murat giacevano in un triste cantuccio della cripta di Pizzo, fu la sua famiglia che cercò di dare maggior dignità alla dipartita dell’illustrissimo antenato. La prima fu sua figlia, Letizia Murat. Morì nel 1859 e fu seppellita nel cimitero di Bologna. In memoria del padre essa fece erigere al di sopra del suo sepolcro una meravigliosa statua di Murat, vestito da generale, attorniato da varie sculture allegoriche che rimandano alla sua carriera militare e politica.
Ulteriore monumento funebre dedicato a Murat si trova presso il cimitero monumentale di Parigi. Ubicato assieme a moltissime altre tombe di militari e alti funzionari del periodo napoleonico, il sepolcro raccoglie le spoglie di vari discendenti del re. Sulla lapide, al di sopra dei nomi dei defunti lì sepolti, spicca un mezzobusto ritraente Murat togato, simile a numerosi suoi ritratti presenti su medaglie, monete e monumenti realizzati sotto il suo regno.
Le spoglie di Murat
Se la storia delle tre tombe di Murat è molto affasciante, ancor più accattivante è la storia delle sue spoglie. Ovviamente il luogo di sepoltura del sovrano non poteva non attirare curiosi, appassionati e studiosi. La posizione delle spoglie del sovrano all’interno della cripta non fu mai del tutto chiara: come già detto quella di Pizzo è una delle cripte calabresi più grandi, inoltre in nessun resoconto dell’epoca risulta presente una precisa descrizione della locazione del feretro; sepolto, tra l’altro, senza alcun segno distintivo.
Non sarà difficile, quindi, immaginare lo stato di profondo deperimento che i resti mortali del re dovettero affrontare nel corso dei secoli. Tuttavia questi ovvi ostacoli non hanno ostacolato varie ricognizioni per ritrovare le ossa del re. Una prima, infruttuosa, fu tentata nel 1899. Una seconda ebbe luogo nel 1976, in occasione del bicentenario della nascita del re.
La seconda ricognizione della cripta fu, principalmente, meramente visiva. Le spoglie del sovrano non furono ritrovate, tuttavia il materiale fotografico frutto della spedizione è risultato di grande importanza nella terza ricognizione condotta dalla Onlus Murat di Pizzo Calabro nel 2019.
Questa terza spedizione pare aver individuato un probabile feretro, cui parte dei resti è in custodia attendendo di esser sottoposta ad analisi. Il progetto, tuttora in essere, si è tuttavia bloccato nel 2020 per la pandemia, si attendono quindi gli esiti della ricerca.
–Silvio Sannino
Bibliografia e sitografia
Pietro colletta, Avvenimenti memorabili, sentenza e morte di Gioacchino Murat, Firenze, 1830.
Alfredo di Melani, L’ornamento nell’architettura, ornamento scolpito-ornamento dipinto, ornamento nei suoi insiemi, Vol. III Milano, casa editrice Dottor Francesco Villardi, 1927.
La tomba di Gioacchino Murat a Pizzo Calabro. https://www.pontelandolfonews.com/storia/la-tomba-di-gioacchino-murat-a-pizzo-calabro/
Gigi di Fiore, Gioacchino Murat, caccia al Dna del re fucilato: aperta la cripta, riesumate le ossa, Il Mattino, 2016. https://www.ilmattino.it/primopiano/cronaca/gioacchino_murat_caccia_al_dna_re_fucilato_aperta_la_cripta_riesumate_le_ossa-1575591.html
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