Non tutte le principesse sognano un giorno di sposare il principe azzurro. Alcune desiderano avere il destino nelle proprie mani. Questa è la storia di Sichelgaita: donna, medico, condottiera ed anche principessa.

I primi anni di vita nella città di Salerno

Sichelgaita nasce a Salerno ed è la terza figlia deI re Guaimaro IV, duca delle Puglie e delle Calabrie e signore dell’Italia Meridionale. Incerto è il suo anno di nascita, anche se i più ritengono che sia databile intorno al 1036.

Sichelgaita riceve dapprima un’educazione religiosa presso alcuni monasteri femminili e successivamente si forma presso la Scuola Medica Salernitana diventando un’abile dottoressa.

Tuttavia, la sua spensierata giovinezza venne sconvolta da un episodio funesto; il 3 giugno 1052, il padre Guaimaro IV fu massacrato sulla spiaggia di Salerno mentre i suoi fratelli vennero fatti prigionieri dai congiurati amalfitani coadiuvati dallo zio Pandolfo. La loro prigionia, però, durerà poco perché lo zio Guido giungerà a Salerno, ucciderà i colpevoli e libererà i nipoti. Il giovane Gisulfo II, così, diventerà il nuovo principe di Salerno.

Affresco dall’Abbazia di Sant’Angelo in Formis (Capua)
Affresco di Sichelgaita dall’Abbazia di Sant’Angelo in Formis (Capua)

L’incontro con Roberto il Guiscardo

Roberto il “Guiscardo”, ossia “l’Astuto”, era riuscito a conquistare da semplice mercenario la Puglia e quasi tutta la Calabria. La sua ambizione non conosceva limiti e così si lanciò alla conquista anche di Salerno. Si sa che l’occasione fa l’uomo ladro e così quando il principe Gisulfo II inviò suo fratello Guido al fine di far cessare i tafferugli scatenati da Guglielmo detto “Braccio di Ferro” in Puglia, Roberto, che di quest’ultimo era fratello, accettò la richiesta a patto che potesse sposare la principessa Sichelgaita.

Sichelgaita e Roberto il Guiscardo alla corte di Salerno

In verità il Guiscardo era già sposato con Alberada ed aveva avuto anche un figlio di nome Boemondo, ma poiché sua moglie era anche una sua consanguinea, riuscì ad ottenere l’annullamento dal Papa. Gisulfo, che stolto non era, capì quali fossero le vere intenzioni del Guiscardo e gli rispose dicendo di non avere alcuna dote per sua sorella.

Roberto, che in fondo era il più astuto di tutti, non credette a questa versione, anzi si mosse verso Salerno con tutti i suoi uomini e propose a Gisulfo di dare in dote alla principessa parte dei suoi possedimenti in Calabria. I due uomini, tuttavia, non avevano messo in conto la scaltrezza di Sichelgaita, la quale aveva capito ormai da tempo che i Normanni e non i Longobardi rappresentavano il futuro per Salerno.

Così, accettando la proposta di matrimonio, sposò Roberto a Melfi intorno al 1059. In effetti Sichelgaita non rinnegherà giammai il suo sangue longobardo e, dando alla luce ben otto figli, assicurerà a Salerno un principe metà normanno e metà longobardo.  

L’ascesa politica di Sichelgaita

Sichelgaita non solo era un’abile dottoressa ma anche parte attiva nel governo del principato, mediatrice in dispute territoriali e dux di una milizia privata. La sorte non la abbandonò, anzi complice la nomina di suo cugino Desiderio, abate di Montecassino, a cardinale e delegato per l’Italia meridionale da Papa Niccolò II, fece sì che il 23 agosto del 1059 il Pontefice, recatosi a Melfi per il sinodo dei vescovi, riconoscesse le terre conquistate da Roberto come legittimo possesso e che investisse questi del titolo di duca di Puglia e di Calabria, affidandogli anche il compito di riconquistare la Sicilia invasa dai Saraceni secoli prima.

Nel 1073, mentre si trovava a Trani, Roberto venne colto da una terribile malattia e Sichelgaita, temendo per la vita del marito ma soprattutto per le sorti del regno, si rivolse al nuovo Papa Gregorio VII affinché nominasse erede di Roberto non il figliastro Boemondo, ma Ruggero, il suo primogenito. Roberto, però, una volta guarito venne a sapere di questo accordo e, adirato, mandò i suoi vassalli a devastare villaggi e castelli papali in Abruzzo.

Il Papa di risposta scomunicò Roberto per ben tre volte, nel 1074, nel 1075 e nel 1078. Il Guiscardo allora si vendicò assediando Salerno con la complicità della città di Amalfi in conflitto con suo cognato Gisulfo. Sichelgaita, da donna politica quale era, propose un accordo: dare Amalfi a suo figlio Ruggero mentre Salerno a Gisulfo. Quest’ultimo non aveva alcuna intenzione di trattare e così Roberto, insieme al principe Riccardo di Capua, assediò Salerno nel maggio del 1076 bloccando tutti i rifornimenti per terra e per mare. Al fine di dirimere la questione intervenne anche il vescovo Alfano.

Mura esterne del Castello Arechi

Solo quando i Salernitani, esausti, aprirono una breccia all’interno delle mura cittadine, Roberto e i suoi uomini riuscirono ad entrare. Gisulfo, per timore di essere ucciso, si rifugiò con la famiglia nella Turris Maior, l’attuale castello Arechi. Intervenne nuovamente Sichelgaita che gli fece ottenere un colloquio con Roberto. Nonostante il Guiscardo avesse intenzione di caricarlo su una nave e portarlo in catene a Palermo per tenerlo lì prigioniero per il resto dei suoi giorni, grazie all’aiuto della principessa, Gisulfo ottenne da Roberto mille bisanti d’oro, cavalli e muli, permettendogli così un esilio decoroso.

Sichelgaita, la principessa guerriera

Durante i lavori per la costruzione della cattedrale voluta da Roberto furono ritrovate le reliquie dell’apostolo Matteo. Ciò permise al Guiscardo finalmente di ottenere la revoca della scomunica papale ed il riconoscimento del titolo di Duca delle Puglie e delle Calabrie su Salerno.

Cripta di San Matteo nel Duomo di Salerno

Nel 1078, però, un episodio smosse le acque: l’imperatore Michele VII Ducas fu costretto ad abdicare su minaccia del generale Niceforo Botianate e suo figlio Costantino, al fine di non perdere il regno, fu costretto a sposare la figlia del basileus Alessio I Comneno. Costantino, tuttavia, era stato promesso fin dalla culla ad Olimpiade, figlia di Roberto e Sichelgaita; con la rottura del fidanzamento la povera fanciulla sarebbe stata costretta ad entrare in monastero.

Sichelgaita non era disposta ad accettare tale affronto e così spinse Roberto ad attaccare il basileus, forte della scomunica che Gregorio VII aveva lanciato sul Comneno considerandolo un usurpatore. Al suo fianco non c’era solo il primogenito Boemondo ma anche la moglie Sichelgaita, che lo raggiunse ad Otranto. I Greci erano molto più numerosi dei Normanni.

Anche Sichelgaita combatté al loro fianco armata di cotta, elmo e scudo e, vedendo i guerrieri ritirarsi, gridò loro:

«Dove fuggite così? Fermatevi! Siate uomini!»

Durante una battaglia venne ferita da una freccia e rischiò perfino di essere fatta prigioniera. Alla fine, però, le truppe del Comneno furono definitivamente sconfitte dall’esercito di Roberto.

Il piano segreto di Sichelgaita

La principessa aveva da sempre desiderato che suo figlio Ruggero diventasse l’unico erede della dinastia normanna. Questo suo desiderio tuttavia si scontrava con la dura realtà: Roberto aveva già un figlio di primo letto, Boemondo.

Così Sichelgaita con l’aiuto degli “archiatri salernitani” tentò di avvelenarlo. Roberto, però, scoperto il piano minacciò di morte la moglie e tutti i medici di Salerno se non avessero salvato il ragazzo. Alla fine Sichelgaita fu costretta a somministrare l’antidoto a Boemondo, il quale avrebbe conservato per tutta la vita i segni di quella brutta avventura, ossia un pallore innaturale in viso.

Per evitare ulteriori spiacevoli episodi, Roberto stabilì che alla sua morte l’Italia meridionale sarebbe andata a Ruggero mentre i possedimenti in Grecia a Boemondo.

La morte di Roberto e la guerra fratricida

Quando Roberto ripartì alla volta della Grecia per la riconquista di Corfù, venne colpito dalla peste. Neppure le cure di sua moglie medico riusciranno a salvarlo tanto che Roberto morirà a Cefalonia il 17 luglio 1085.

Ora il potere era nelle mani di Sichelgaita la quale affidò per prima cosa il comando del principato a suo figlio Ruggero. Boemondo, però, si ribellò al fratello e gli mosse guerra. Un nuovo colpo di fortuna sopraggiunse a favore della principessa: suo cugino Desiderio venne nominato Papa con il nome di Vittore III. Grazie alla mediazione del Pontefice, Boemondo ottenne la Puglia, mentre Ruggero i restanti territori italiani. Il 16 settembre 1087 il Papa morì prematuramente e questo permise a Boemondo di conquistare Maida e Cosenza a discapito di Sichelgaita.

Solo il nuovo Papa Urbano II riuscirà a mettere un punto fermo a questa faida familiare: Boemondo otterrà Taranto mentre Ruggero il titolo di Duca di Puglia.

La morte di Sichelgaita ed il suo sogno di immortalità

In questo modo, Sichelgaita riuscì ad ottenere ciò che aveva da sempre agognato: il ritorno sul trono di Salerno della stirpe longobarda, infatti con suo figlio Ruggero venne assicurata quella dinastia che la principessa aveva da lungo tempo auspicato.

Negli ultimi anni di vita la principessa si dedicò alla sua vera passione, ossia la medicina presso la Scuola Medica Salernitana, polo di eccellenza a quei tempi. Lì conoscerà Trotula de Ruggiero, la prima donna medico della storia.

Sichelgaita morirà il 27 marzo del 1090 e verrà seppellita non nella sua amata Salerno, bensì nell’abbazia che suo cugino Desiderio aveva per lungo tempo governato, Montecassino.

Bibliografia e sitografia

D. Memoli Apicella, Sichelgaita tra longobardi e normanni, Lavegliacarlone, 2009

https://cultura.comune.salerno.it/it/Sichelgaita

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