di Lea Amodio
All’inizio del Novecento la regina d’Italia, visionaria, sfreccia su una delle sue vetture predilette sul lungomare della città partenopea che tanto aveva a cuore.
Da Margherita di Savoia a Matilde Serao
Una regina al passo coi tempi che aveva stabilito con Napoli un legame profondo. Margherita di Savoia, sovrana d’Italia come moglie di Umberto I, anche dopo l’assassinio del marito e il governo del figlio Vittorio Emanuele III, durante il quale ricoprì il ruolo di regina madre, tornò spesso in città per soggiornarvi, frequentando luoghi cult del centro storico. È facile immaginarla, mentre s’affrettava per rientrare a palazzo, a bordo di una delle sue berline costeggiare la Villa Comunale lungo via Caracciolo, oppure vederla fare shopping tra le rinomate botteghe di via Chiaia.
Sappiamo infatti che Margherita possedesse un vero e proprio garage di automobili, a cui aveva assegnato ciascuna un nome – oggi custodite ed in parte esposte al Museo dell’Automobile di Torino – e che sia stata tra le prime donne promotrici del nuovo mezzo di trasporto. Guidava lei stessa (anche se, il più delle volte, sedeva in macchina da passeggero), molti decenni prima di Elisabetta II d’Inghilterra che si spostava nei propri boschi in jeep. Ed era la stessa Matilde Serao, scrittrice e giornalista, fondatrice del quotidiano “Il Mattino”, nonché amica di Margherita, a scrivere bene di lei affinché tornasse spesso a fare visita ai Napoletani.
Era di maggio. Il sole scottava la pelle, quel pomeriggio a Mergellina, mentre un leggero vento tiepido trasportava con sé, e con delle foglioline verdi, aria di primavera. Sul marciapiede, sotto la schiera bruna dei grandi alberi che fiancheggiavano la Villa Reale, chioschi ambulanti vendevano fiori, giochi e palloncini colorati. Innamorati, bambini, giovani rampolli e graziose damigelle godevano all’ombra il fresco del parco, qualcuno persino abbandonandosi alla pennichella sdraiato sulle panchine. Ad un tratto i passanti, alle cinque esatte, videro schizzare nella corsia centrale del Lungomare una decappottabile blu cobalto, con due eleganti figure slanciate a bordo. «Quante volte glielo devo ripetere…andate più veloce, la strada è libera!» contestò la dama vestita di tutto punto sull’automobile che sfrecciava libera sulla riviera. «Ma Sua Maestà…l’Alcione non può che andare a passo d’uomo, è destinato a piccole passeggiate, non a grandi spostamenti, per quelli c’è lo Sparviero!» ribatté dal canto suo l’uomo in frac e coi baffi color nocciola posto al volante sul sedile davanti.
dal capitolo Era di Maggio – Madri d’Europa – viaggio nell’anima e nel tempo di dieci regine madri, di Lea Amodio.
La Napoli di Margherita di Savoia: tra caffè, musica e teatri.
È il tempo della Belle Époque e Napoli si tinge dei colori di De Nittis: le luci dei cabaret, il caffè sospeso, i palazzi in stile liberty, i manifesti dei grandi Magazzini Mele sugli abiti più in voga del momento, ispirati proprio alla moda dettata da Margherita.
I cafè chantant, i teatri pieni di Scarpetta, i versi di Di Giacomo, i boulevard, le birrerie, le prime sale cinematografiche che trasmettevano pellicole mute, i cabaret con le sciantose, ovvero le ballerine di can-can dai tratti mediterranei che si esibivano nelle operette. La città ferveva di attività culturali, di saloni espositivi, di piccole e di grandi industrie, fabbriche di stoffe e di sete e sale da concerto. A Santa Lucia, sugli scogli accanto ai vaporetti dei turisti e alle barche a remi ormeggiate dai pescatori, di tanto in tanto si scorgeva qualche visitatore, con al collo una macchina fotografica, intento a sedersi al tavolo di una trattoria oppure qualche pittore accovacciato davanti ad una tela per dipingere il pennacchio grigio del Vesuvio che spirava. E dietro a quel sogno, alla prospettiva di quei palazzi, regnava superba la miseria, timida e sommessa, negli occhi scolpiti, disperati e spaventati, degli scugnizzi di Gemito. Occhi languidi vuoti di futuro, cavi di terracotta, argilla e pietra che sia, quei volti fugaci, immortalati mentre fuggono e si riparano nei vicoli stretti dei Quartieri, a piedi nudi e con un fazzoletto di cotone consumato alla gola.
dal capitolo Era di Maggio – Madri d’Europa – viaggio nell’anima e nel tempo di dieci regine madri, di Lea Amodio.
Una città illuminata e struggente nelle parole di Matilde Serao
Fondatrice nel 1892 con il marito Edoardo Scarfoglio del primo quotidiano dell’Italia meridionale, “Il Mattino”, autrice e donna infaticabile, Matilde Serao raccontò nei propri libri, articoli e versi una Napoli dalle due facce: la prima che si affacciava sulle strade principali, di luci e d’avanguardie, illuminate dalle prime lampade ad olio, la seconda quella dietro i palazzi su cui calava il freddo, l’ombra e la povertà. Una Napoli però mai povera d’amore, innamorata come sempre, intensa, mitica, carica di virtù e pregi che superano gli anni.
Un pezzo di storia, anzi di pizza. Costava un soldo nella Napoli della Belle Èpoque e i garzoni le portavano fin sotto casa, girando per i vicoli come ladruncoli, all’ombra dei panni appesi, fermandosi sotto gli angusti portoncini e gridando di buttare giù il panaro. A raccontarcelo è Matilde Serao, nel suo “Ventre di Napoli”, testimonianza indispensabile di quella città tanto addolorata, di una bellezza struggente e malinconica che da sempre ha affascinato donne e uomini da ogni dove. La Serao racconta superstizioni, paure, leggende, abitudini e realtà di un popolo invisibile sulle pittoresche cartoline dei viaggiatori; la descrizione delle condizioni di lavoro delle donne, ad esempio, risulta impressionante.
dal capitolo Era di maggio – Madri d’Europa – viaggio nell’animo e nel tempo di dieci Regine Madri, di Lea Amodio.
Non solo “Il Ventre di Napoli” e “Leggende Napoletane” (probabilmente i due testi più famosi e venduti della sua bibliografia) ma anche una lunga serie di piccoli e grandi volumi che testimoniano la sua attenzione per il mondo e i molteplici interessi che l’hanno resa una scrittrice poliedrica e prolifica. Esempi sono “La ballerina” (1899) – nella quale racconta le condizioni e i pregiudizi di una ragazza che insegue il sogno della danza –, la raccolta de “L’anima dei fiori” diversi libelli dedicati alle piante e ai fiori in cui gioca con metafore e simbolismi, “San Gennaro nella leggenda e nella vita” (1909) uno dei tanti scritti dove affronta il tema della spiritualità, “Saper vivere ovvero galateo napoletano” (1901) sulle buone maniere. Celebre anche “Il Paese della Cuccagna” (1889), un altro romanzo sociale.
L’impronta umbertina sulla città – la Galleria e i Palazzi lasciti di Umberto I
Negli ultimi anni della sua vita, Re Umberto I (a cui la città di Napoli ha dedicato una statua nel largo che porta il suo nome, nei pressi di via Nazario Sauro – lungomare) promosse un nuovo ampio progetto di urbanizzazione che non riuscì a portare a compimento. Sul rettifilo di via Marina, aveva iniziato una sequenza di palazzi da accostare alla facciata dell’Università Federico II e alla salita del vico di Mezzocannone, che correvano lungo tutto il corso dalla Piazza della Borsa (attuale Piazza Giovanni Bovio) fino alla stazione ferroviaria.
In quella che sarà definita postuma “epoca umbertina”, il Re diede inizio ad una serie di opere di Risanamento alle spalle del Mercato e di Borgo degli Orefici, chiamato così per le numerose botteghe di oreficeria di notevole qualità, caratterizzato da un intricato dedalo di vie che scendono sino al porto. Margherita stessa riteneva che la zona più bella tra quelle rinnovate da suo marito fosse la Piazza dedicata al primo ministro Agostino Depretis, oggi in onore di Nicola Amore. L’idea originale era quella di non erigere più case di tutte altezze diverse ma disegnare un paesaggio omogeneo.
Ai cosiddetti “Quattro Palazzi” ogni portale fu affiancato da due coppie di telamoni, le versioni virili delle cariatidi, che accentuavano la grandezza degli edifici sorreggendo i piani più alti sostituendosi alle colonne. Napoli diventava la città di ferro, tutto era stato battuto in metallo: le balaustre, i tetti dei mercati, le stazioni ferroviarie, le funicolari e i coperchi delle pensiline.
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Foto presenti nell’articolo: Lea Amodio.
Fonti
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L. GIANI, Le donne di casa Savoia. Storia femminile di una dinastia millenaria, Torino, Yume, 2021.
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L. REGOLO, Margherita di Savoia. I segreti di una regina, Milano, Ares, 2019.
M. SERAO, Il ventre di Napoli, Milano, Rizzoli, 2012.
N. VERDILE, Matilde Serao, Lucca, maria pacini fazi editore, 2017.
R. BRACALINI, Regina Margherita. La prima donna sul trono d’Italia, Santarcangelo di Romagna, Rusconi Libri, 2018.
Catalogo: https://www.museoauto.com
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