Uno dei modi più diretti e affascinanti per studiare la storia di un territorio è sicuramente quello di approcciarsi ad essa attraverso oggetti fisici, ancor meglio se essi risultano acquistabili in modalità consone alle leggi per la tutela del patrimonio. Nel seguente articolo tratteremo proprio di alcuni di questi oggetti: le monete, in particolar modo la monetazione aragonese.
Il seguente articolo non sarà in alcun modo onnicomprensivo dell’intera monetazione del Regno, né della sua storia politica: vuole essere tutt’al più un contributo di natura divulgativa, destinato a chiunque volesse approcciarsi alla storia del Meridione e della sua economia e monetazione.
La monetazione aragonese
La conquista aragonese portò pochi cambiamenti al sistema monetale del regno, quantomeno dal punto di vista ponderale e tipologico, rispetto al periodo angioino. La monetazione aragonese era ancora imperniata sulle coniazioni d’argento e seguì per tutto l’arco della dinastia la strada precedentemente tracciata sotto i regni di Carlo II e Roberto il Saggio.
Gli esemplari d’argento, i Carlini a nome di Alfonso I e, successivamente, i Coronati di Ferrante e dei suoi successori, avevano un peso oscillante tra i tre e i quattro grammi d’argento. Inoltre, quasi per tutto il Quattrocento, continuarono ad esser coniati Gigliati a nome di re Roberto, vista la loro popolarità sul mercato internazionale.
Anche alla monetazione aurea fu data una foggia estetica nuova, modificando in maniera relativamente inconseguente le qualità ponderali, che si mantenevano attorno ai cinque grammi, come la maggior parte delle monete d’oro dell’Europa medievale sin dal XIII Secolo.
Le monete dei re aragonesi
Tra le monete più famose del periodo aragonese vi furono sicuramente i Cavalli: monete spicciole di grande valore estetico. Sul dritto presentavano il volto del sovrano e sul rovescio, invece, il cavallo rampante, simbolo di Napoli e del regno. Fu forse uno dei primi esempi di utilizzo del cavallo rampante da parte delle autorità rege per indicale non solo la città di Napoli, ma l’intero meridione.
La moneta d’argento più rappresentativa del periodo aragonese fu forse il Coronato: coniato a partire dal regno di Ferrante e, successivamente, dai suoi eredi, esso costituì uno dei più alti esempi di arte numismatica rinascimentale dell’Italia quattrocentesca.
Anche qui si può trovare sul dritto il volto del sovrano mentre, sul rovescio, era presente l’Arcangelo Michele, uno dei simboli del regno aragonese, la cui devozione costituì sempre un tratto saliente della vita religiosa meridionale.
La moneta risulta di particolare bellezza estetica per il realismo della figura di Ferrante, riprodotto con grande maestria artistica e naturalismo, specialmente se si considera lo spazio ridotto della moneta, nonché per la plasticità della raffigurazione dell’Arcangelo.
La moneta d’oro più famosa coniata in periodo aragonese fu legata al regno di Alfonso I: si tratta del Sesquiducato, sul cui dritto è possibile ammirare un meraviglioso cavaliere con spada sguainata, mentre sul rovescio è posto lo stemma del regno di Napoli.
–Silvio Sannino
Bibliografia
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