Il più grande e il più amato attore e comico napoletano di teatro e di cinema, simbolo della cultura partenopea e orgoglio italiano, Totò (Antonio Clemente) nacque a Napoli, nel rione Sanità, il 15 febbraio 1898.
Dopo aver iniziato la propria carriera da comico in occasione delle periodiche (riunioni familiari in cui si dava spazio ad esibizioni artistiche), Totò incontrò il teatro popolare napoletano e poi nazionale, in seguito al trasferimento nella Capitale dopo la prima guerra mondiale. L’amore da parte del pubblico fu tale da renderlo protagonista, ben presto, anche sugli schermi dei cinematografi, recitando nei film considerati tutt’oggi dei veri e propri “cult” del cinema italiano.
Totò si spense il 15 aprile 1967, ma il segno che ha lasciato nella storia è ancora vivido, a tal punto da poter considerare la sua figura come eterna nelle menti di tutta la nazione e, specialmente, per il suo popolo napoletano che ha potuto rispecchiarsi in lui, nel suo dialetto, nei suoi personaggi e nella loro mentalità.
Totò e l’amore per le donne
Nonostante Totò non rispecchiasse i canoni di bellezza maschile, a causa del viso sottile e allungato, il naso pronunciato e la bassa statura, potremmo comunque ricordarlo come un “Don Giovanni” del teatro napoletano. Infatti, numerose furono le sue avventure sentimentali e, ancor di più, le donne che frequentavano il suo camerino durante l’intervallo dei suoi spettacoli.
Non ci stupirà, quindi, sapere che Totò era solito scegliere una donna tra le spettatrici a cui dedicare la messinscena e a cui inviare, poi, mazzi di fiori per attrarre la “vittima” anche nei giorni seguenti in teatro e poi nel camerino. Quest’ultimo non era mai privo di divano, né, tantomeno, di signore o popolane del pubblico.
Totò visse una giovinezza scandita di amori occasionali: nei mesi liberi fra una tournée e un’altra, spariva per godersi le sue avventure libertine, finché non finivano i soldi ed era costretto a risalire sul palco per poter autosostentarsi.
Liliana, la femme fatale
Peccato che l’amore allegro e senza pensieri lasciò il posto a quello tragico e ossessivo a partire dall’estate del 1929: Totò incontrò la sua malafemmina, la sua femme fatale, Liliana Castagnola. Quest’ultima era una soubrette e cantante che si avviava già al declino della propria carriera artistica quando conobbe Totò.
Liliana era scampata per poco alla morte: un suo amante, da lei abbandonato, le aveva sparato due colpi di pistola, uno dei quali le aveva colpito la fronte, e poi si era tolto la vita.
La travagliata storia d’amore fra Totò e Liliana cominciò quando una sera, al teatro Odeon di Napoli, lei era seduta tra il pubblico e lui volle dedicarle lo spettacolo, per poi mandarle l’indomani lettere e mazzi di fiori. Nonostante Totò avesse provato a chiudere la storiella dopo qualche incontro galante e dolci incontri proibiti, Liliana trovava il modo per restargli accanto, determinata a non farselo scappare.
Il nostro Totò, però, voleva sentirsi libero, mentalmente e sentimentalmente: desiderava vivere di teatro e di amori occasionali, focalizzandosi unicamente sulla propria promettente carriera. Di certo, non gli andava bene ricevere ossessivamente telefonate, bigliettini, domande sulle sue frequentazioni che doveva tenere quanto più segrete possibili.
Liliana, pur di aggrapparsi a Totò, gli propose di lavorare insieme, di creare un numero tutto loro, ma lui rifiutò, scaricando la responsabilità sugli impresari preoccupati del passato di quella femme fatale troppo tormentato.
Nel frattempo Totò scelse di iniziare una nuova tournée in giro per l’Italia con un’altra soubrette: ma Liliana gli telefonò una sera, due giorni prima della partenza, dichiarandogli che lo avrebbe seguito. Eppure dichiarò il falso. La mattina seguente fu trovata senza vita nel suo letto, morta per un amore di cui lei ormai ne era consapevole, il lieto fine era impossibile. Era il 30 marzo 1930.
Diana, la prima moglie
Nell’estate del 1931, il cuore di Totò tornò nuovamente a battere forte per una donna. Non era scontato che accadesse, in quanto, dopo la morte di Liliana, Totò era diventato un triste e cupo vagabondo. Riusciva a vivere veramente solo grazie al teatro, durante i suoi spettacoli.
Dunque, a poco più di un anno dalla scomparsa di Liliana, una sera al teatro “Follie Estive” di Firenze, tra il pubblico vi era un attore di prosa, accompagnato dalla moglie e dalla cognata. Totò, alla fine dello spettacolo, li incontrò e li invitò a cena, restando colpito dal fascino della giovanissima cognata. Diana Baldini Rognani, al tempo, aveva solo 15 anni.
Totò, ancora inconsapevole della fin troppo tenera età della ragazza, le inviava fiori e cioccolatini, i quali venivano visti con grande disappunto dalla madre di Diana. Insomma, i due innamorati avevano circa 17 anni di differenza! Quando Totò conobbe la vera età della giovane, si decise ad aspettarla, ma Diana di aspettare non ne voleva sapere nulla. Infatti, un mattino prese il treno per Roma di nascosto alla famiglia e piombò con tutta la sua ingenuità, purezza ed energia nella vita di Totò. Lui, informato da un telegramma, la aspettava alla stazione.
La madre di Diana dovette tristemente accettare che la figlia ormai apparteneva a quell’uomo che la portava in giro per le tournée teatrali in tutt’Italia, per vederlo da dietro le quinte mentre faceva appassionare e ridere i suoi spettatori.
Un giorno, però, Diana non poté più guardare Totò affacciata alla prima quinta durante lo show. Lui voleva che lei fosse rinchiusa a chiave nel camerino affinché nessun uomo potesse avvicinarsi a lei, come, invece, era avvenuto fino ad allora. Totò si scoprì ammalato di una forma di gelosia morbosa e ossessiva che gli sarebbe costata cara.
Diana e la piccola Liliana: la gelosia
La figlia di Totò, nata nel maggio del 1933 e battezzata col nome di quella femme fatale la cui morte aveva tanto fatto soffrire il nostro artista, ha lasciato testimonianze riguardo il comportamento geloso del padre.
Infatti, Totò, di temperamento tanto ossessivo, non volle neppure che la figlia frequentasse la scuola: la piccola Liliana studiò da privatista, chiusa in casa.
Avvenne addirittura che Totò, preoccupato che la moglie stesse con lui solo perché costretta dal sacro vincolo del matrimonio, decise di divorziare presso un tribunale ungherese. Ciò doveva servire a Totò per assicurarsi che, se la moglie rimaneva al suo fianco, era unicamente in nome dell’amore che provava per lui. Diana “superò la prova” ma, in cambio, non volendo più spostarsi continuamente di città in città, fece comprare all’ex marito una casa in via Parioli, a Roma (1938). Lì vissero per anni anche insieme ai genitori di Totò.
Nel 1940 Liliana fu iscritta in un collegio dal quale Totò, ben presto, venuto a conoscenza dell’infelicità della figlia, la portò via. Totò, allora, propose un patto alla sua ex moglie: restare ufficialmente insieme fin quando Liliana non avesse trovato marito. Una volta sposatasi, i due non avrebbero dovuto più badare a lei e sarebbe iniziata la loro vita da separati. Diana accettò, anche se Totò si sentì già allora autorizzato alla vita di uno scapolo padre.
I racconti riguardo gli ultimi dieci anni di vita insieme dei coniugi sono contrastanti: altre fonti riportano che i due erano una coppia affiatata, sempre unita, Diana pronta a seguirlo in qualsiasi tournée, innamorata di Totò come il primo giorno e, allo stesso modo, lui di lei.
Totò abbandonato
Col passare del tempo la gelosia di Totò si trasformò in semplice rassegnazione: rassegnato a una Diana ormai indipendente e libera, lui si consolava con la dolce compagnia di attrici incontrate sui set cinematografici. Alcune diventano le sue “fiamme”, a cui donava lo stesso identico gioiello, altre, invece, non cedevano alle sue galanterie, come Silvana Pampanini. Quest’ultima, incontrata sul set di “47 morto che parla”, venne a lungo e insistentemente corteggiata dal nostro Don Giovanni. A detta dell’attrice, lei non ricambiò mai le attenzioni ricevute. Comunque andò, Diana non ne poteva più.
Non sopportando più il ruolo di moglie a mezzo servizio, Diana si lasciò trascinare dal desiderio di un altro uomo, l’avvocato Tufaroli, un professionista noto nell’ambiente dello spettacolo che prese a farle la corte. Un giorno, l’avvocato decise con coraggio di fare la proposta di matrimonio. Diana, o per debolezza o per ripicca nei confronti di un uomo che l’aveva privata di tante, troppe, cose, accettò.
Totò, abbandonato dalla sua compagna di vita, le rimproverò di non aver tenuto fede al patto. Infatti, i due avrebbero dovuto allontanarsi solo dopo l’eventuale matrimonio della figlia, il quale, a dirla tutta, non sarebbe tardato ad arrivare. Infatti, Liliana, dopo quattro anni di fidanzamento con Gianni Buffardi (il figlioccio di un regista, Carlo Ludovico Bragaglia, con cui Totò aveva anche lavorato), decise di sposarlo, senza il consenso del proprio padre.
Fu così che Totò si ritrovò abbandonato per la seconda volta in poco tempo dall’altra donna della sua vita, sua figlia. Il matrimonio fra Liliana e Gianni, come anche quello fra Diana e l’avvocato, terminò dopo non molto tempo. Totò mantenne le distanze dalle due donne fin quando non seppe che la figlia era in dolce attesa: fu allora che si riconciliarono.
Franca, l’ultimo amore
Franca Faldini, giornalista, scrittrice e attrice, fu l’ultima compagna di Totò, colei che gli restò accanto per quindici anni, fino alla morte dell’artista. La Faldini, nata nel 1931 in una famiglia ebraica, aveva solo ventuno anni quando Totò la adocchiò sulla copertina di un settimanale e si decise a conoscerla e corteggiarla.
Franca era una donna diversa da quelle che Totò aveva frequentato in precedenza: indipendente, determinata, libera, una donna con una personalità tutta sua, ben diversa da quella del compagno. Eppure, Totò, all’età di 54 anni, trovò in lei la persona con cui condividere il resto dei suoi giorni.
Agli occhi della massa, loro due non erano altro che “pubblici concubini” e fu proprio per metterla a tacere che simularono un matrimonio all’estero. Grazie a lei, Totò visse il suo ultimo quindicennio di vita felice e sereno: aveva raggiunto finalmente il successo, non solo nel cinema, ma anche nella vita sentimentale.
Franca scrisse un libro, “Totò: l’uomo e la maschera”, dopo la morte del compagno, forse per rivolgergli delle parole che non era mai riuscita a dirgli, o forse per portare il pubblico alla conoscenza di chi era stato realmente Totò o, almeno, di chi era stato con lei e per lei.
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