Anche Napoli ha il suo miracolo di Sant’Antonio. Nel 1623, infatti, durante il governo del Viceré spagnolo Antonio Álvarez de Toledo, Duca d’Alba, Napoli fu sconvolta dalla scoperta di una banda di falsari, che producevano monete false. Questi criminali furono processati sommariamente e condannati alla forca. Il Viceré, infatti, ordinò che nessuno entrasse nel palazzo per implorare clemenza.
Un innocente condannato per errore
Tra i condannati, vi era un giovane padre di famiglia, accusato ingiustamente. La moglie, con speranza e determinazione, preparò una memoria difensiva, grazie all’aiuto di un avvocato. Tuttavia, il Viceré, fermo nella sua decisione, rigettò la richiesta di grazia. Disperata, la donna continuò a nutrire un senso di fiducia, e depose la memoria ai piedi di un quadro di Sant’Antonio, affidando al Santo la sorte del marito.
Il giorno seguente, con grande sorpresa, la donna scoprì che la memoria era stata firmata dal Viceré e che il marito era stato liberato. A quel punto sorse spontanea la domanda su cosa avesse spinto il Viceré a concedere eccezionalmente la grazia. Don Antonio spiegò che la sera, un giovane frate, di straordinaria bellezza e cultura, gli aveva consegnato la memoria, persuadendolo dell’innocenza del giovane padre.
Sant’Antonio nel Convento di San Lorenzo Maggiore
Il Viceré non sapeva chi fosse il frate, così si recò personalmente presso il Convento di San Lorenzo Maggiore per incontrare il guardiano. Mentre attraversava un corridoio, il regnante riconobbe con grande stupore il giovane frate nel dipinto di Sant’Antonio, lo stesso oggi esposto nel Cappellone omonimo. Il frate avrebbe superato guardie e porte chiuse per presentargli la memoria.
Il Cappellone di Sant’Antonio fu commissionato dalla Confraternita di Sant’Antonio da Padova nel XVII secolo. Essa rappresenta un trionfo di arte e devozione.
Al centro troneggia la tavola di Leonardo da Besozzo o, secondo alcuni studi, Colantonio Del Fiore, raffigurante Sant’Antonio con Angeli, impreziosita da un successivo intervento del Maestro di San Giovanni da Capestrano. Ai lati dell’altare, completano la scena, due dipinti di Francesco Di Maria: l’Ascensione di Cristo e l’Assunzione della Madonna.
Il Cappellone di Sant’Antonio a San Lorenzo Maggiore
L’architettura del Cappellone è opera di Cosimo Fanzago, nella quale è possibile cogliere un’eco del pronao della Certosa di San Martino a Napoli. La tipica serliana dell’architetto, con un arco a tutto sesto, incornicia l’altare, creando uno spazio armonioso e, al tempo stesso, solenne. Le decorazioni con marmi policromi, provenienti dal cantiere di San Martino, donano a questo Cappellone un’eleganza regale, barocca, in contrasto con lo stile gotico di San Lorenzo.
Gli studi confermano la realizzazione a Padova
Secondo il De Lellis, storico originario di Chieti, il volto di Sant’Antonio sarebbe stato dipinto a Padova. Grazie alle moderne tecniche del 3D si è scoperto che la ricostruzione del santo corrisponde esattamente con le sembianze del quadro. La figura di Sant’Antonio, incorniciata da sei angeli in devoto raccoglimento, si staglia perfettamente su un fondo oro damascato.
Per la sua storia e per l’alto valore storico-artistico, il Cappellone di Sant’Antonio non è solo un luogo di culto, ma una vera opera d’arte. Un perfetto connubio tra architettura, pittura e scultura che testimonia la maestria degli artisti napoletani del Seicento. Un gioiello da scoprire e ammirare e, al contempo, un luogo dove fede e arte si incontrano, originando un vero e proprio miracolo di fede e di bellezza.
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