La Tomba del Tuffatore è un reperto ritrovato a 2 km a sud di Paestum nel 1968. Il suo nome deriva dall’affresco del Tuffatore, che si trova sul lato interno della lastra di copertura della tomba, raffigurante un giovane nudo che si tuffa nel mare. Le pareti della tomba sono a loro volta decorate attraverso scene di un banchetto.

Il manufatto, che risale circa al 475 a.C., rappresenta l’unica testimonianza della pittura greca a grandi dimensioni, non vascolare, prima del IV secolo a.C. Attualmente è esposto al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

Il Parco Archeologico di Paestum.

La pittura greca e l’arte funeraria etrusca

Gabriel Zuchtriegel, che è stato Direttore del Parco Archeologico di Paestum, ha dichiarato al Salerno Letteratura Festival 2021 come l’affresco presenti gli stessi caratteri di incomprensibilità di un libro scritto in una lingua mai utilizzata altrove. Una lingua non decifrabile in alcun modo, non comparabile con l’utilizzo che se ne è fatto in altri testi e il cui significato è destinato a restare non del tutto desumibile dal semplice contesto storico.

Il Tuffatore è infatti un’opera singolare, raro esemplare di pittura greca e unica nel suo genere se si considera il periodo a cui viene fatta risalire. La consuetudine di dipingere l’interno delle tombe non era all’epoca diffusa nel mondo greco, mentre era una pratica già utilizzata dagli Etruschi. Stesso dicasi per il tema trattato sulla lastra di copertura: il tuffo. Se il tema del banchetto, rappresentato sulle pareti laterali, è molto comune nel mondo greco, in quanto apparso su vasi che facevano parte di corredi funebri, la scena del tuffo risulta un’eccezione difficile catalogare. Né il nuoto né il tuffo, inoltre, erano considerati dai Greci delle attività sportive. L’enigma si complica se si considera che gli Etruschi, che già dipingevano l’interno delle tombe, lasciavano di solito priva di decorazione la lastra di copertura.

Il Tuffatore esposto al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

L’Immagine Invisibile

La sua eccezionalità nel contesto sia greco che etrusco ha portato alla formulazione di diverse ipotesi sul significato dell’immagine della Tomba del Tuffatore. Ogni teoria si scontra inevitabilmente con un paradosso insito nel manufatto stesso: l’invisibilità di quanto è in esso raffigurato. “L’Immagine Invisibile” è infatti il titolo della mostra organizzata nel 2018 presso il Parco Archeologico di Paestum dedicata alla Tomba del Tuffatore. Una pittura che è essa stessa la rappresentazione di un ossimoro, in quanto realizzata per non essere guardata, destinata a restare nel buio della tomba per l’eternità. Un canone di bellezza che può risultare incomprensibile se analizzato attraverso i nostri occhi contemporanei.

Se volessimo esporre l’opera nel modo più autentico e fedele, allora non potremmo guardarla neanche per un attimo. Non si può descrivere la Tomba del Tuffatore realmente, per il suo vero significato, in quanto ciò implicherebbe non averla vista.

Le tante ipotesi sulla Tomba del Tuffatore

L’ipotesi più comune è quella basata sul tuffo inteso come metafora del passaggio dalla vita alla morte. La visione tradizionale dei Greci sull’aldilà era molto negativa, ma in quel periodo si diffondevano nuove idee, più legate alla sopravvivenza dopo la morte. Tale ipotesi viene però criticata sulla base dell’assenza di utilizzo, all’epoca, dell’immagine come metafora per veicolare significati che vanno oltre ciò che viene effettivamente raffigurato.

L’opera è inoltre considerata come un elemento dell’arte greca comunque influenzata da contatti con la tradizione etrusca. Potrebbe essere il simbolo di una cultura coloniale e ibrida, come quella della Magna Grecia, dove il popolo colonizzatore si sente comunque un po’ diverso da quello della madrepatria. Un popolo che vuole enfatizzare la propria grecità, pur mescolandosi con gli usi e i costumi locali, quasi a voler dimostrare di essere “più Greci dei Greci”. La cultura magno greca dimostrerebbe di esser parte integrante del mondo greco, manifestando al contempo una propria unicità di carattere.

Zuchtriegel riporta poi la teoria di Tonio Hölscher, secondo cui il tuffo rappresenterebbe una prova di coraggio, rito chiave nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta. All’epoca infatti i giovani si spostavano nelle zone periferiche per svolgere una sorta di periodo militare, al termine del quale erano pronti per affrontare la vita da adulto. Questa ipotesi permetterebbe di non leggere l’immagine del tuffo attraverso metafore o elementi astratti, ma solo attraverso quanto effettivamente raffigurato, se si considera la presenza di alberi che potrebbero rappresentare il Cilento, regione densa di colline lungo la costa. Il giovane ha inoltre gli occhi aperti e vede a cosa va incontro, in quanto il suo obiettivo è superare con consapevolezza una prova di coraggio, raggiungendo il mare.

Affascinante è infine l’ipotesi magica, che ritiene la pittura semplicemente non fatta per essere ammirata ma per restare nascosta. Il senso della Tomba del Tuffatore sarebbe quindi non nell’immagine in sé, ma nel suo valore rituale. Un affresco semplice, realizzato con essenzialità e velocità, in quanto doveva essere pronto in tempo per la sepoltura. Arte e estetica che passano quindi in secondo piano, rispetto forse all’importanza di un rito dal suo specifico significato.

Fantasia ciclica

Nel 1951 il fotografo Nino Migliori ritrae sul molo di Rimini uno dei suoi soggetti più noti, “Il Tuffatore“, precedendo di quasi vent’anni il ritrovamento del reperto di Paestum. Nella foto il tuffatore è completamente orizzontale, ma l’opera ha comunque molte similitudini con l’antico manufatto della Magna Grecia.

La scena, quella del tuffo, ispirò sia Migliori che lo sconosciuto artista che si occupò della lastra di copertura della tomba. Un curioso esempio della ciclicità della storia, o se vogliamo della fantasia, seppur nel corso di una lunghissima evoluzione di significati che passa dalla pittura alla fotografia. Per ogni epoca un tuffo può rappresentare un diverso elemento narrativo, metaforico o estetico. Siamo quindi liberi di ritrarlo nel modo che più ci affascina o di trovare in esso i più utopici significati, senza paura di descriverlo e lasciarlo vivere in un modo ancora tutto da inventare.

Riferimenti:

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