Le battaglie, le conquiste, le vittorie della società che ancora oggi si combattono, furono in larga parte immaginate ed ipotizzate da pensatori che, ormai, sono bicentenari: anche il nostro secolo è figlio dell’800 e della pesantissima eredità che lasciò ai posteri col suo sangue, con i suoi ideali, con le sue scoperte.
Proprio nel 1800 c’era una Napoli capitale di un regno ricchissimo e pieno di contraddizioni che, mentre stava ancora riprendendosi dopo le conquiste napoleoniche, fu trascinata di nuovo nelle guerre e nel sangue del 1821 e nel 1848.
L’aria era di guerra, ma gli animi dei napoletani erano eccitati, vivi, in pieno fermento: Napoli diventò un vero e proprio laboratorio delle idee che avrebbero segnato il futuro della città, dell’Italia, del mondo intero: mentre Nicola Rocco immaginava per primo un diritto internazionale che avrebbe governato su tutti gli Stati del mondo; mentre Pitloo disegnava i panorami immortali di Napoli con la sua Scuola di Posillipo; mentre esplodeva la canzone classica napoletana e mentre Ferdinando Palasciano fondava la Croce Rossa, proprio in quegli anni nasceva Salvatore Morelli, un illustre sconosciuto.
Figlio di un impiegato dell’amministrazione locale, Morelli nacque in un paesino in provincia di Brindisi pochi mesi prima della morte di Ferdinando I: sin da giovane gli era stretta quella piccola realtà pugliese, quell’educazione fatta di preti, di rituali antichi, di tradizioni: era un irrequieto, voleva cambiare il mondo e chiese ai genitori uno sforzo economico: pagargli un costosissimo viaggio a Napoli, per laurearsi in Giurisprudenza nell’università più prestigiosa d’Italia e diventare giornalista.
Già all’università ebbe modo di conoscere gli spiriti riottosi, sognatori di tempi nuovi e liberi, di diritti ed ideali che neanche erano immaginabili pochi anni prima: a metà ‘800 si parlava di Italia unita, si sognava l’uguaglianza dei popoli, si elaboravano teorie, si pensava che la Scienza avrebbe raggiunto un giorno lo Spazio. L’Umanità era appena entrata nel secolo che avrebbe gettato le basi dei tempi moderni e Morelli voleva essere protagonista dei suoi tempi.
Le lotte politiche, però, non vedevano solo l’unità del Paese, ma anche conquiste ordinarie: la parità di trattamento fra uomo e donna.
Morelli, però, non fu affatto visto di buon occhio da Ferdinando II che, dopo aver visto bruciare un suo ritratto per mano dell’intellettuale pugliese, ne ordinò l’incarcerazione ed una finta fucilazione.
Di lì, passò dieci anni fra una prigione e l’altra, accusato di essere padre di attività sovversive contro il governo.
Ed ancora, l’ultima guerra che bagnò di sangue Napoli fu datata 1861. Morelli fu liberato dalla prigionia ad Ischia e, da condannato a morte, diventò parlamentare dell’Italia unita: forte dell’appoggio dei più importanti intellettuali del Secolo, per primo sperava, sognava di poter realizzare gli ideali per i quali aveva lottato.
Pubblicò proprio allora il libro “La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale“, anticipando di 8 anni il libro di Stuart Mill sui diritti della donna, che oggi è la bibbia del femminismo.
Nel 1867, primo in Europa e nel Mondo, presentò al parlamento una proposta di legge che definisse, per la prima volta nella Storia, “i diritti della donna pari a quelli dell’uomo“: si trattava di una risposta fortissima al Codice Civile del 1865, che non concedeva alla donna nemmeno la capacità giuridica. Anzi, qualunque attività della donna doveva essere autorizzata dal padre di famiglia.
Addirittura, nella legge erano previste onorificenze pubbliche e vitalizi per le donne più meritevoli, madri di intellettuali ed altre persone che avessero contribuito al “miglioramento della razza umana come eroi, pensatori e produttori di opere distinte“.
Non contento, propose numerosi altri progetti di legge, dalla protezione delle prostitute al finanziamento di scuole, ferrovie ed infrastrutture in tutto il Sud Italia. Tutti bocciati. Riuscì solo ad ottenere la costruzione dell’attuale ferrovia Formia-Sessa Aurunca e la costruzione di un Liceo, sempre a Sessa Aurunca.
Arrivò ad immaginare addirittura una Società delle Nazioni, un organismo sovranazionale che riuscisse a garantire la pace fra gli Stati d’Europa: un progetto che anticipava di cent’anni le idee americane ed i trattati europei!
Non contento, fondò nel 1872 un giornale, “Il Pensiero”, con cui criticava apertamente la politica borghese e maschilista del governo: per simili critiche, Re Umberto ordinò il sequestro del giornale ed affibbiò numerose multe indirizzate a Morelli, mandandolo in rovina.
Come tutti i visionari ed i geni, morì ridotto in miseria e schernito dalla società borghese italiana, figlio di un secolo troppo immaturo per i suoi sogni, ma padre degli ideali che solo ottant’anni dopo sarebbero stati la conquista del secolo seguente: l’uguaglianza fra gli esseri umani, oggi principio fondamentale della Costituzione italiana.
E la sua vita fu dimenticata per 150 anni.
-Federico Quagliuolo
P.S.
Dopo quasi due secoli di anonimato, il Comune di Napoli ha deciso nel 2015 di dedicargli una strada, cancellando il vecchio nome di Vittorio Emanuele III per nominare “Via Salvatore Morelli” il tratto che va dal San Carlo a Piazza del Municipio.
(Attenzione: a Napoli esiste un’altra Via Morelli, ma si tratta del pittore Domenico Morelli!)
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