Alle spalle dell’affollata piazza di Montesanto, c’è una stradina dedicata a Giovanni Ninni. Un nome che a molti non evocherà nessun ricordo, eppure si tratta di uno dei padri della cardiochirurgia in Italia, che operava al Pellegrini.
Nacque pochi mesi prima dell’Unità a Venosa, un paese fra i monti della Lucania. Era destinato, come ogni ragazzo di buona famiglia, ad una vita tranquilla, una laurea ed un sereno lavoro proprio come il padre, che aveva intenzione di fargli ereditare il suo studio medico.
Quei monti gli stavano però stretti, quella vita non poteva soddisfare le ambizioni di un ragazzo che, nel suo futuro, non voleva vivere nell’ombra del padre: Ninni voleva essere uno scienziato, non un dottore di provincia.
E così studiò con intensità, passione, amore per la scienza, tanto da laurearsi in anticipo in medicina con il massimo dei voti, a soli 24 anni.
Chiamato dal padre, con parole dure si rifiutò di tornare nel suo paese, abbandonando i volti amichevoli dei compaesani e la promessa di una vita lunga e tranquilla.
Era un nuovo secolo, c’erano nuovi entusiasmi nel campo della medicina, sulla scia delle nuove tecnologie e delle nuove scoperte scientifiche: proprio a Napoli Ninni ebbe modo di conoscere di persona Cardarelli, Moscati, Armanni e tutti i maggiori medici e chirurghi del secolo.
Girò l’Italia per conoscere i più grandi luminari e solo a 27 anni scrisse un trattato di chirurgia, che diventò presto famoso. Ma fu il romano Guido Farina a colpire la sua fantasia.
Il cuore, un tempo intoccabile sede dell’anima, fu infatti finalmente scoperto ed operato a Roma dallo scienziato capitolino: Ninni replicò l’intervento a Napoli l’anno seguente, diventando di diritto uno dei padri della cardiochirurgia.
Nel 1900, poi, fu il primo medico in Europa ad effettuare una operazione di sutura al pancreas.
La vita fu però crudele: nel 1922, durante un intervento, contrasse una infezione mortale ed in pochi giorni morì proprio in questa strada, che oggi porta il suo nome.
-Federico Quagliuolo
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