Marechiaro è un piccolo borgo che si raccoglie intorno alla chiesetta di Santa Maria del Faro, dalla quale anticamente prendeva anche il nome. Situato nel quartiere Posillipo, è uno dei luoghi più incantevoli e famosi della nostra città.
Marechiaro: le origini del nome
Sembrerebbe immediato risalire all’etimologia del nome di questo piccolo incanto incastrato sulle coste di Posillipo, aiutandosi anche con il ricordo delle sue acque terse e cangianti tra il verde e l’azzurro. Eppure, l’aggettivo chiaro non ha a che fare con la trasparenza delle acque di Marechiaro, ma si riferisce alla loro quietezza, al loro sciabordio tranquillo contro gli scogli, che culla i gozzi verniciati d’azzurro come una madre e allo stesso tempo li stuzzica e li tozzolea con malizia.
La derivazione del nome, infatti, è diretta dal latino: da planum, piano, tradotto nel nostro dialetto in mare chiaru.
La Chiesa di Santa Maria del Faro
La piccola chiesetta gialla che si erge nei pressi della Calata del Ponticello a Marechiaro, la Chiesa di Santa Maria del Faro, svetta sul piccolo porticciolo del borgo ed è in stile barocco. A navata unica, è ricordata da alcuni documenti già nel XIII secolo ed è abbellita da antichi resti romani, che popolano numerosi l’intera zona di Posillipo. Alcuni documenti attestano addirittura l’esistenza di un tempio di Iside nel luogo dove ora sorge la chiesa.
“La chiesetta di Marechiaro. Si presenta elevata sul villaggio, piccola e pulita e col suo alto campanile, che si scorge da tutti i dintorni. […] Che in questo sito fosse surto un faro antico è riportato e confermato da Isidoro di Spagna e da vari altri scrittori e dal Giordano; la sua luce dirigeva le navi, che approdavano in questo luogo allora porto; indi demolito surse su d’esso la chiesetta, che s’intitolò S. Maria del Faro”.
F. Alvino, La Collina di Posillipo.
La Fenestrella
La Fenestrella di Marechiaro è forse uno dei luoghi più famosi del piccolo borgo. Secondo la leggenda, il poeta e scrittore napoletano Salvatore di Giacomo avrebbe visto la piccola finestra, incastrata quasi per caso in un palazzo traballante sopra il mare.
Sul davanzale c’era un garofano rosso, che spiccava nel contorno d’azzurro del cielo e del mare. A partire da questa piccola, apparentemente banale immagine, il poeta avrebbe trovato l’ispirazione per scrivere la celeberrima Marechiare.
La finestra esiste tutt’oggi, e sotto di essa è stata affissa una lapide in marmo con lo spartito della canzone e il nome del suo autore. Qualcuno si premura ancora di mettere sul davanzale, ogni giorno, un garofano rosso.
Marechiaro è stata uno dei simboli della dolce vita napoletana negli anni ’60. Ancora oggi, in effetti, è ricca di ville lussuose e frequentata spesso da personaggi famosi che cercano ai tavoli dei suo ristorantini la discrezione e l’incanto di un panorama unico.
Tuttavia la gente vera di Marechiaro è gente di mare, non gente di lusso. Con l’abitudine a camminare sugli scogli da quando si è bambini, lo sguardo abituato a cercare come punto di riferimento nella notte la Chiesa gialla, l’odore della salsedine nella pelle, la naturalezza tra le reti e le barche, il delicato profumo dei fiori di glicine lungo la strada.
Un piccolo mondo a sé nel caos della città, a pochi passi dalla nostra vivace rumorosa frenetica Napoli.
Un rifugio per l’anima.
Beatrice Morra
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