Di Sabato sera, fra il fumo e le lattine di birra che girano a Piazza Bellini, difficilmente qualcuno guarda una targa bianca anonima e sbiadita, inchiodata sulla facciata di un elegantissimo palazzo giallo del 1600. Eppure, si tratta dell’ultima memoria di un gerarca fascista che fu padre della Corte Costituzionale, la testimonianza di uno degli uomini dalla vita più controversa ed interessante della storia d’Italia, probabilmente il miglior esempio di trasformismo italiano di sempre.

Targa Gaetano Azzariti
La targa di Gaetano Azzariti, oggi non esiste più. Foto di Federico Quagliuolo

Chi fu allora Gaetano Azzariti?

Nato nel 1881 proprio nel bellissimo palazzo che affacciava su Via Costantinopoli, era l’ultimo rampollo di una delle antichissime famiglie che a Napoli dedicarono la propria vita alla Legge, come quella dei Rocco: il padre era un severissimo magistrato, il fratello diventò presto un avvocato e Gaetano, come tanti ragazzi dal cognome troppo pesante, fu subito lanciato nel mondo della giurisprudenza con il destino, forse l’obbligo, di onorare l’illustre passato della famiglia Azzariti all’interno dei tribunali.

Così, appena ventenne, un anonimo studente di giurisprudenza chiamato Gaetano Azzariti attraversava inconsapevole il vicolo del porto che un giorno avrebbe portato il suo nome, per giungere ai saloni del gigantesco palazzo di Corso Umberto. Durante lo studio, si appassionò al diritto penale, tanto da essere considerato un vero e proprio genio dai suoi professori: si laureò con il massimo dei voti e gli auguri di un futuro brillantissimo.
Laurea alla mano e sogni nella testa, quando uscì per l’ultima volta dall’Università, come tutti i ragazzi tentò mille strade per arrivare al successo: prima, durante e dopo la Grande Guerra frequentò tribunali, uffici di avvocati ed uffici ministeriali, ma la Corte di Cassazione fu nel suo destino. Fu infatti assegnato all’ufficio del massimario della Cassazione.

Una rapida carriera: Presidente del Tribunale della Razza

Dopo aver anche intrapreso la carriera politica, entrò fra le fila del fascismo e, grazie alla sua brillantezza ed alla sua capacità di leggere e scrivere il Diritto come pochi in Italia, fu subito apprezzato dagli alti gerarchi, che lo vollero per ben vent’anni a Roma. In particolare il ministero di grazia e giustizia (com’era allora chiamato), ancora oggi, si fonda sull’organizzazione interna che riuscì a dare Azzariti.
Non pago del suo lavoro, riuscì a contribuire alla stesura del Codice Penale e di Procedura Penale assieme ad un altro importantissimo giurista napoletano, Alfredo Rocco, che poi diede il nome al testo di legge.

Ma arrivarono tempi bui ed il governo introdusse in Italia le leggi razziali, con la conseguente firma del Manifesto della Razza.
Così, improvvisamente , la stessa legge da lui studiata, scritta ed amata, lo trasformò nel padre dei carnefici, il magistrato più potente, il Presidente del Tribunale della Razza.
Con una scientificità perversa e crudele, il compito di Azzariti e dei suoi sottoposti era quello di decidere l’”arianità dei ricorrenti con decisioni “immotivate ed insindacabili“, fra corruzione, soldi, intimidazioni ed amicizie potenti che alteravano delle sentenze assai dubbie.

L’amnistia e l’assemblea costituente

Ma la guerra finì e, fra le macerie, a Napoli già si cantava “Scurdammoce ‘o passato!”: lo stesso Azzariti, dopo essere stato indagato per i suoi crimini, non fu giudicato perché sparirono misteriosamente tutte le sentenze del Tribunale della Razza e gli imputati si difesero spiegando che il loro compito era quello di “dichiarare non ebree” le persone, in modo da “salvarle“: il passato fu dimenticato. 
Un colpo di teatro, un ribaltamento magistrale degno del miglior film di James Bond: Azzariti, dopo essere stato capo del Tribunale della Razza, si dichiarò antifascista. Anzi, le sue competenze furono importanti per la scrittura della Costituzione del 1948.

Gaetano Azzariti
Gaetano Azzariti in versione repubblicana

Presidente della Corte Costituzionale

Dopo una vita passata per tribunali, processi e sentenze, arrivò l’ultimo colpo di scena: Gaetano azzeriti fu nominato capo della Corte Costituzionale, nel 1957.

Da gerarca fascista ad antifascista: con le stesse mani che firmarono sentenze di condanna sulla razza, firmò anche la carta della Costituzione e, poi, le sentenze della Corte Costituzionale. Un genio della legge con due facce.

La piccola lapide che ricordava Gaetano Azzariti è stata tolta su indicazione dell’Amministrazione De Magistris in ottica di defascistizzazione” della città.
Un provvedimento che, al netto di opinioni politiche, cancella il racconto di una vita controversa, sparita fra le risate e le birre di un sabato sera a Piazza Bellini.

-Federico Quagliuolo

Curiosità:

La Corte Costituzionale è una vera e propria “colonia napoletana”. da Enrico De Nicola ad Azzariti, passando per Bonifacio, Sandulli, Gallo, Caianiello, Tesauro, Criscuolo, Bile, Amirante, Quaranta, Tesauro, Criscuolo: la Federico II ha prodotto i più importanti giuristi d’Italia.

Curiosità 2:
Un vecchio vicolo del porto, uno dei tanti “Vico Orefici”, fu dedicato nel 1970 a Gaetano Azzariti dall’allora sindaco Giovanni Principe. Nel 2014 la giunta De Magistris ha deciso di cambiare nome alla strada, dedicandola a Luciana Pacifici, la più giovane vittima delle leggi razziali: concittadina proprio di Azzariti, fu uccisa a soli 7 mesi di vita, assieme ai suoi genitori.

Per approfondire, il nipote ha scritto un interessante articolo sul Corriere della Sera: https://www.corriere.it/cronache/15_aprile_06/gaetano-azzariti-errori-ma-non-infamie-5b95ed9a-dc7d-11e4-83c6-bcc83638beb8.shtml
https://www.treccani.it/enciclopedia/gaetano-azzariti_(Dizionario-Biografico)/

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