Nella chiesa di San Carlo all’Arena, in una nicchia, c’è la statua del “Cristo rotto”. È adagiata su un tappeto di velluto rosso, con il marmo segnato da migliaia di fratture e con il volto che, in quella posizione, sembra paradossalmente quello di un uomo che dorme con uno sguardo dolce, ormai rilassato
Si tratta di una statua che racconta una piccola storia d’amore e di fede.
Un “Cristo rotto” pregiato e sfortunato
Originariamente la statua non era ovviamente soprannominata “Cristo Rotto”. Anzi, era un’opera d’arte di gran valore. Fu realizzata da Michelangelo Naccherino, uno scultore fiorentino fra i più famosi e quotati del suo secolo. Lavorò per buona parte della sua carriera nel Regno di Napoli ed ha firmato tantissime opere d’arte, come la Fontana del Gigante che oggi si trova sul lungomare. L’opera risale al 1599, in piena epoca vicereale, e sparì dalla chiesa durante i lavori di restauro settecenteschi. Questa statua fu infatti ritrovata per puro caso in un ripostiglio, nel 1835. E fu rimessa nella sua chiesa, almeno per un secolo.
L’incendio del 1926
La chiesa di San Carlo all’Arena ebbe una assidua frequentazione nel corso dei secoli e il buon Gesù ha guardato dall’alto decine e decine di generazioni che si sono avvicendate sotto i suoi piedi. Almeno fino ad un disastroso incendio nel 1926, che distrusse la chiesa e bruciò il crocifisso di legno che per secoli aveva retto la statua di marmo.
Il crollo fu disastroso: il crocifisso si distrusse in mille pezzi, spargendo schegge sul pavimento della chiesa. La statua era ormai compromessa, ridotta a un cumulo di macerie informi che di certo non aveva più alcun uso.
Fu qui che avvenne un miracolo.
Un gruppo di anonimi fedeli, addolorato per i danni subiti dalla chiesa, decise di riunirsi per salvare il salvabile. E lentamente cominciò la raccolta dei frammenti della statua, un po’ come un puzzle sacro da dover ricomporre. Poi ci fu la ricostruzione, che farebbe imbufalire qualsiasi restauratore professionista: il Cristo rotto di San Carlo all’Arena fu infatti ricomposto dagli stessi fedeli con strumenti di fortuna: colla e amore.
Non furono trovate le braccia durante le operazioni di restauro ed ancora oggi la statua è monca. Per il resto, il corpo ricostruito alla buona fu adagiato sull’attuale altare: da allora è oggetto di venerazione da parte dei fedeli.
Ed adesso ci racconta la storia di un tempo in cui le cose rotte venivano aggiustate con amore e non frettolosamente buttate.
-Roberta Montesano e Federico Quagliuolo
La storia è dedicata a Giovanna Esposito per la sua generosa donazione. Sostieni anche tu Storie di Napoli!