La statua del dio Nilo è un’opera artistica presente nel cuore del centro storico di Napoli.
L’opera nel cuore di Napoli
Essa rappresenta un uomo anziano seminudo disteso che mantiene una cornucopia nella mano destra mentre si poggia con i piedi sulla testa di un coccodrillo, non più presente, e con il braccio sinistro su una Sfinge.
La scultura è posta su un basamento del 1657 e su di questo vi è un’incisione in latino, la cui traduzione italiana è:
Gli edili dell’anno 1667 provvidero a restaurare e ad installare l’antichissima statua del Nilo, già eretta (secondo la tradizione) dagli Alessandrini residenti nel circondario come ad onorare una divinità patria, poi successivamente rovinata dalle ingiurie del tempo e decapitata, affinché non restasse nell’abbandono una statua che ha dato la fama a questo quartiere.
Gli edili dell’anno 1734 provvidero invece a consolidarla e a corredarla di una nuova epigrafe, sotto il patronato del principe Placido Dentice.
Matteo Egizio, colui che diede le parole a questa targa si rese conto dell’evidente errore riguardo la differenza di un decennio tra la realtà e ciò che venne scritto e si corresse nelle sue opere facendo presente la questione.
Il Dio Nilo
Secondo la mitologia greca, il dio Nilo è uno dei 100 figli di Oceano e Teti, madre anche del famosissimo Achille, il che lo rende un potamoi: un dio del fiume, in questo caso appunto il fiume egizio.
Nonostante l’importanza strategica e civile del Nilo, il dio ha avuto, nella letteratura dei testi greci, un ruolo marginale.
Il dio Nilo a Napoli
Durante la fase storica greco-romana, Napoli era approdo fertile per coloni di altre terre.
Molti abitanti egiziani infatri decisero di stabilirsi nella città partenopea e queste comunità vennero definite “nilesi”, per identificare la loro origine.
I coloni decisero che un modo per onorare la propria terra natale fosse quello di scolpire un monumento al dio Nilo, verso il quale provavano devozione, con la speranza che fosse presente per garantire prosperità anche alle comunità emigrate esattamente come il fiume omonimo aveva garantito in Egitto.
Secoli dopo, intorno al 1100, come riportano Antonio Summonte e Camillo Tutino, la statua fu rinvenuta ma senza testa.
Tra il 1549 e il 1581, a causa della nuova struttura acefala della statua del dio Nilo, il soggetto dell’opera venne attrubuita a una figura femminile dal momento che i putti presenti vennero interpretati come poppanti.
Il nome “cuorpo ‘e Napule“, il corpo di Napoli, infatti deriva proprio da questa interpretazione.
La stessa definizione si usa per identificare il luogo in cui la statua risiede.
È molto probabile, stando alle ricostruzioni di diversi autori, che l’opera ricadde nel dimenticatoio almeno fino al 1476, secondo Bartolommeo Capasso, storico e archivista napoletano, infatti solo grazie a lavori di edilizia che portarono alla distruzione del “seggio di Nilo“.
Nel 1657 la statua del dio Nilo fu restaurata e posta sul basamento.
La ristrutturazione, ad opera dello scultore Bartolomeo Mori, portò delle modifiche all’opera originale, già gravata da incuria.
Innanzitutto venne posta la testa di un uomo barbuto, il coccodrillo e la cornucopia, sul finire del XVIII secolo e inizio XIX tuttavia l’artista Angelo Viva apportò ulteriori migliorie dato che, come lui stesso dichiarò, l’intera opera si era ridotta a un “monco di busto“.
Nemmeno quest’ultima fase concesse pace alla statua del dio, che subì, durante i difficili anni della Seconda Guerra mondiale, il furto di due dei tre putti i quali sarebbero stati poi venduti al mercato nero, fenomeno dilagante in quel periodo e della Sfinge, ritrovata dal Nucleo Tutela del patrimonio artistico dei Carabinieri nel 2013 in Austria.
Il 15 novembre 2014 invece, dopo l’ultimo restauro, finalmente il dio Nilo venne presentato alla città di Napoli.
Ad oggi dunque, nonostante l’imperiosità dell’opera, solo il busto, la spalla e il braccio sinistro e gli arti inferiori appartengono alla statua originale.
Fonti:
Descrittione dei Luoghi Antichi di Napoli, e del suo amenissimo distretto