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Le patate a Napoli sono più di una tradizione: rappresentano uno stile di vita senza tempo. Le troviamo nell’impasto delle graffe e nella pasta e patate con la provola, arrivando alla più recente moda delle patatinerie che invase la città nei primi anni del 2010.

Il merito del matrimonio fra Napoli e il tubero americano, in realtà, è da dividere fra Vincenzo Corrado, il primo a scrivere un trattato sulla cucina delle patate, e Ferdinando IV di Borbone, che decise di importarle nel Regno di Napoli.

Panzerotti di patate a Napoli
Panzerotti napoletani. Fotografia di Sara Carluccio

La patata e la rivincita dei poveri

Le patate erano conosciute già da 300 anni quando Ferdinando IV di Borbone regnava a Napoli. Inizialmente furono soprannominate “Tartufi americani” per la strana somiglianza con il preziosissimo alimento, poi si capì che era stato preso un abbaglio grande quanto un continente: il sapore del tubero crudo era pessimo, il suo aspetto era oltremodo brutto e l’unica soluzione per i raffinati cuochi del ‘600 fu quella di darlo ai maiali da macellare. Nel Nord Europa, invece, si scoprì abbastanza presto la qualità delle patate, che furono soprannominate “carne dei poveri” perché erano economiche, nutrienti e saporite. Arrivarono poco dopo anche le prime colture in Italia, ma si trattava di alimenti di nicchia.

Pasta e patate
La pasta e patate di Officina del Gusto

Arrivano le patate a Napoli

Il primo testo in cui si parla bene delle patate fu realizzato nel 1781 da Vincenzo Corrado, uno dei cuochi più famosi nella Napoli del ‘700. che scrisse un trattato sulla cucina vegetariana. Volle infatti dire basta una volta e per tutte alla pazza cucina del Rinascimento, fatta di pietanze pesantissime e carni di ogni tipo.

Fra i vari vegetali trattati compaiono due protagonisti della futura cucina napoletana che, grazie all’opera del cuoco, diventarono i principi della dieta mediterranea: patata e pomodoro, proposti in numerosissime ricette ancora oggi note, come il gattò di patate. La cultura popolare era ormai pronta a fare il grande passo verso i prodotti americani: fu probabilmente la prima colonizzazione statunitense della cultura occidentale!

La patata a Napoli arrivò però più per necessità che per piacere: dopo la rivoluzione del 1799, infatti, ci fu una grandissima carestia e Ferdinando IV, ritornato sul trono di Napoli, si preoccupò di trovare una soluzione alla fame del popolo, che altrimenti avrebbe inevitabilmente portato a una sommossa in città. La soluzione fu proprio quella di ordinare l’importazione di un ingente carico di patate a Napoli, probabilmente anche grazie alla forte influenza austriaca che nel Regno era presente da un centinaio di anni. Nel Nord Europa, con i suoi terreni inospitali e con climi inadatti all’agricoltura, le patate avevano salvato la vita di intere popolazioni. Era il tempo di incontrare anche la cultura mediterranea.

Gattò di patate a Napoli
Il Gattò di patate. Fotografia di Sara Carluccio

La patata ricciona che salvò i napoletani

Dopo l’introduzione della patata in Campania per la coltivazione intensiva, Ferdinando IV di Borbone ordinò lo studio del tubero e delle migliori tecniche di coltivazione nella Reggia di Portici, che oggi è la facoltà di Agraria. Fu così che furono anche individuati i migliori luoghi per la coltivazione, che sono l’agro nolano, la zona Nocerino-sarnese, l’Aversano e i Monti Lattari.

Nacque così anche la variante napoletana della patata, la “riccia di Napoli”, che era diffusissima fino agli anni 70 del secolo scorso, quando poi fu sostituita dalle tantissime varietà d’importazione.

Nel frattempo, le patate fecero anche un secondo miracolo: grazie alla loro facilità di coltivazione, durante la II Guerra Mondiale furono coltivate praticamente ovunque in città.

Patate a Napoli venditrice
Una venditrice di patate a Napoli nel 1946

Ricette con le patate a Napoli

Buona parte delle ricette indicate da Vincenzo Corrado sono ancora oggi famose nella cucina tradizionale partenopea. Vediamo alcuni suggerimenti:

-Gnocchi di patate
-Gattò di Patate
-Panzerotti
-Zuppa accio e baccalà
-Pasta e patate

Non dimentichiamo anche le graffe, che però hanno una storia più antica: furono infatti importate dagli austriaci ad inizio XVIII secolo.

Ed oggi, fra le patatine fritte immancabili nelle paninoteche del sabato sera e l’immortale pasta e patate con la provola, dare un morso a una patata napoletana avrà un sapore ancora migliore: quello dell’orgoglio di un prodotto inizialmente maltrattato che, con la galanteria del Tempo, ha saputo attendere il momento giusto per dimostrare al mondo tutte le sue qualità.

-Federico Quagliuolo

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Riferimenti:
Vincenzo Corrado, Del Cibo Pitagorico ovvero erbaceo seguito dal trattato delle patate, Donzelli Editore, Roma, 2001
https://www.colturaecultura.it/capitolo/patata-campania
http://www.agricoltura.regione.campania.it/tipici/tradizionali/patata-ricciona.html
https://www.saperesapori.it/blog/antico/rinascimentale-moderno/trattato-delle-patate-v-corrado-1736-1836/

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