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C’è tanta Procida in Algeria. Precisamente in due città: Mers El Kebir e Philippeville, oggi Skikda: due luoghi che per oltre cent’anni furono abitati da isolani che portarono sulle coste africane tradizioni, famiglie e dialetti. E ancora oggi, fra uomini che parlano lingue straniere, sono frequentissimi i cognomi Scotto, Mazzella, Esposito e Di Meglio.

La prima ad inaugurare la diaspora fu probabilmente la piccola Procida che, con la sua storia di navigatori famosi in tutto il mondo, ha unito tre coste del Mediterraneo nel nome di San Michele: l’Algeria, la Francia e Procida. L’8 maggio, infatti, ogni procidano è moralmente obbligato a partecipare ad una processione in onore del patrono dell’Isola. Ovunque si trovi, cercherà di raggiungere la propria patria. Si aggiunse sul finire dell’800 anche Ischia che, nel borgo di pescatori di Sant’Angelo, non a caso condivide il patrono di Procida.

In merito anche un bellissimo libro scritto da Francois Succoia: Mers-el-Kebir: Procida come amore. Ci sono anche diverse associazioni che hanno lo scopo di mantenere forti i legami identitari con le origini italiane dei residenti francesi e algerini: “Ischia Family” E “Procida Family”.

Skikda
Il mare magnifico di Skikda

A caccia di coralli fra territori in crisi

La storia cominciò all’inizio del XIX secolo. Le isole napoletane furono da sempre produttrici di navigatori straordinari che spesso lavoravano sui bastimenti francesi, con base nel porto di Marsiglia. Fu così che ischitani e procidani vennero a conoscenza delle straordinarie ricchezze di cui godeva l’Algeria, al tempo impegnata nelle sanguinose guerre di colonizzazione della Francia: il porto di Algeri era uno dei mercati di coralli più fiorenti del Mediterraneo e molti navigatori napoletani frequentavano la zona già in tempo borbonico, spinti dallo sviluppo di Torre del Greco e della sua scuola di corallo.

Dopo l’apertura del Porto di Ischia, però, Procida cominciò a soffrire terribilmente la concorrenza della sua vicina di casa che nel 1854 fu dotata di un porto moderno e ampio. L’Isola Verde era infatti una meta amata da Ferdinando II, che ereditò la passione dal nonno Ferdinando I.

I navigatori procidani, che non si sono mai persi d’animo, decisero quindi di inserirsi sulle rotte commerciali francesi e cominciarono a cercare lavoro come pescatori o cacciatori di coralli. È databile verso la metà dell’800 il primo stanziamento fisso di procidani a Mers El Kebir che affaccia sulla costa spagnola: prima si trasferirono i navigatori poi, trovandosi bene fra la vegetazione verdissima e il clima delicato, portarono anche le famiglie.

Mers El Kebir Procida come amore
Il libro di Francois Succoia: Mers El Kebir Procida come amore

La tragedia di Ischia e la seconda fuga dalle isole

Il tempo della diaspora arrivò anche per gli ischitani, che furono flagellati da una tragedia grande quanto il terremoto di Casamicciola del 1883, che distrusse completamente l’Isola Verde e costrinse alla fuga sulla terraferma quasi tutti gli abitanti dell’isola. I disastri per Napoli erano però solo cominciati: nel 1884 arrivò il colera e poi il Risanamento. I guai dell’Isola Verde passarono in secondo piano e gli ischitani, in un territorio in crisi, senza casa e senza prospettive, furono costretti a cercare fortune affidandosi all’unica costante della loro vita: il mare.

Molti andarono in America o addirittura sulle rotte australi. Altri invece si trasferirono in massa trovando lavoro e casa a Philippeville (oggi Skikda), che si trova a 900 chilometri dai Procidani di Mers El Kebir, nel lato opposto del vasto stato algerino. Ed ecco che ancora oggi prosperano i Di Meglio, Mazzella e Mennella sulle spiagge incantevoli e sulle rive dal colore verde smeraldo del Nord Africa.

In quel periodo ci fu un tale scambio culturale e commerciale fra Procida\Ischia e l’Algeria che sul finire del XIX secolo furono attivate linee di trasporto fisse da Sant’Angelo d’Ischia e dal porto di Procida verso Algeri.

Mers el Kebir Skikda Procida Ischia
La distanza fra Mers el Kebir e Skikda. Le stelline sulla mappa sono i capoluoghi di provincia campani, che ci possono aiutare a capire la distanza con le coste algerine

La cacciata degli europei

Il popolo algerino fu per cent’anni colonia francese e subì un’influenza tale sulla propria cultura che ancora oggi possiamo notare le conseguenze di questo mix storico e culturale. Addirittura fu concessa la cittadinanza francese per tutti gli algerini, di fatto unificando i territori.
Nessuno sul suolo africano aveva però dimenticato il bagno di sangue portato dalla Francia nelle guerre di conquista del XIX secolo, dove morì circa un terzo della popolazione autoctona.

La reazione di odio e vendetta covata nel cuore di movimenti indipendentisti arrivò con una delle guerre più clamorose e sanguinose giunte subito dopo la II Guerra Mondiale: il conflitto di Algeria che finì nel 1962: il paese africano diventò indipendente ad un costo elevatissimo e, come prevedibile, i movimenti antifrancesi presto resero la vita impossibile agli ex coloni.

Fu così che moltissimi francoalgerini furono costretti a tornare in patria e ciò avvenne anche per i discendenti di ischitani e procidani, che però mancavano dall’Italia da più di cent’anni, molti di questi erano nati sul suolo algerino. Così, senza nemmeno saper più parlare napoletano o italiano e senza più legami familiari in Italia, elessero come nuova destinazione Marsiglia. Precisamente a La Ciotat, sul finire della Costa Azzura.

San Michele Arcangelo
San Michele Arcangelo, un culto che unisce il mediterraneo. Questa la sua statua di Procida

San Michele Arcangelo unisce Francia, Procida e Algeria

I tempi sono cambiati, i secoli sono passati, ma i conflitti in Africa purtroppo non si sono sedati. Questa storia, però, sopravvive nella folla di emigranti che torna a casa da ogni parte del mondo della processione dell’8 maggio a Procida.

In quest’occasione si venera San Michele Arcangelo, protettore di Procida, con canti popolari conosciuti a memoria da tutti gli isolani. Eppure, se si guarda bene fra i tanti volti lavorati dal mare, tipici dei navigatori dell’isola, ci sono ancora oggi alcune persone dai tratti nordafricani che omaggiano il santo in comune con lontane parole francesi.

De Procida ton ile aimée
Noble et glorieux protecteur
Tu l’as en tout temps consolée
Dans la tristesse et el malheur

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Bibliografia presente su Procida Family
https://www.abbaziasanmicheleprocida.it/ita/
Francois Succoia, Mers el Kebir, Procida come amore, Napoli, 1986

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