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Il gioco del lotto è una delle attività che a Napoli ha sempre avuto due volti: da un lato c’è quell’aspetto folkloristico e divertente, dalla smorfia alle macchiette di Troisi e Totò, senza dimenticare il piacere della giocata settimanale e della gioia di una terna o quaterna ben piazzata, dall’altro lato si nasconde nell’ombra una storia di vizi e disperazione di un popolo poverissimo.

Si creò infatti, sul finire del secolo XIX, un vortice nero fatto di speranze di una vita migliore che ogni settimana venivano risucchiate nel nulla fra banchi truccati, strozzini, criminalità e una condizione di miseria dalla quale parte del popolo napoletano non sapeva come uscire, di cui la passione per il Lotto era semplicemente un sintomo.

estrazione lotto fine 800
Una estrazione di fine XIX secolo

Il gioco praticato da tutte le classi sociali.

A Napoli il gioco del lotto era praticato da ogni cittadino, dal più ricco al più povero. Presso il popolo, per giunta, giocare al lotto era però diventato una vera e propria abitudine che sembrava quasi sacra: la giocata aveva infatti una sua ritualità, delle sue leggi, addirittura un suo codice che era la Smorfia Napoletana. Ogni singola attività quotidiana, avvenimento, sogno o notizia poteva essere lo spunto perfetto per suggerire il numero vincente: le estrazioni si svolgevano di sabato alle quattro del pomeriggio e, quando cominciavano, l’intera città si fermava per ascoltare i numeri.

Bancolotto napoli
Un bancolotto

Le estrazioni: un momento sacro

Il gioco, per tradizione, si dice sia nato ai Quartieri Spagnoli, in Via Bonafficciata Vecchia. Nell’800 i numeri si estraevano a Castel Capuano poi, date le frequenti irregolarità, si procedette allo spostamento della sede al Palazzo delle Finanze, sotto ispezione di un funzionario della Corte dei Conti, alla presenza di un sacerdote che benediceva i bussolotti con i numeri ed un bambino che, bendato, estraeva uno dopo l’altro i numeri che venivano comunicati da uno strillone posizionato sulla finestra che affacciava sulla piazza popolata da una immensa folla trepidante.

Quando l’ufficiale esclamava “la mano è libera!“, cominciavano i brividi. Al bambino si urlava di tutto: insulti, imprecazioni, consigli, preghiere di estrarre il numero giusto.
Si girava una gabbia di metallo con all’interno i bussolotti, poi si procedeva all’estrazione del numero di stoffa. E di nuovo si ripeteva la scena infinite volte, ogni sabato, davanti a quel teatro di emozioni.

“I napoletani non rinuncerebbero mai a giocare al lotto, nemmeno nel giorno del giudizio universale!”

Vittorio De Sica

Quelle poche monetine (solitamente due lire) per assicurarsi un foglietto del Lotto con quei numeri erano un ipotetico biglietto per il riscatto sociale, la possibilità di vincita che, al di fuori della strada criminale, poteva garantire la fortuna per sempre.
Le grandi vincite, racconta Matilde Serao nel “Ventre di Napoli”, arrivavano assai raramente. Nella sua opera dedicò gran parte dei suoi sforzi nella descrizione e denuncia giornalistica del vizio del gioco, senza però toccare la questione dell’infiltrazione della Bella Società all’interno di questo storico costume del popolo napoletano.

Estrazione del lotto Napoli
L’estrazione del Lotto, anni ’60

Un business perfetto per la Camorra

Il problema sorgeva nel momento in cui il popolano non poteva giocare: ecco che si apriva la prima finestra per l’intervento della Camorra: l’usura.
Spesso, pur di giocare quel biglietto che poteva garantire la speranza, puntualmente disattesa, di una vincita, gli uomini del popolo impegnavano presso banchi dei pegni mobili, vestiti e qualunque cosa potesse essere economicamente valutabile. Non contenti, dinanzi alla necessità immediata, erano assai frequenti i prestiti fatti da usurai affiliati alla Bella Società, che poi, dinanzi all’impossibilità di poterli saldare, procedevano alla riduzione in schiavitù dell’indebitato se non era stata scelta la strada della violenza e del pestaggio.

De Sica Giudizio universale
Il film “Il Giudizio Universale” di De Sica

Gli “assistiti”

Altre figure non direttamente affiliate alla Camorra si perdevano nell’infinito sottobosco degli assistiti, personaggi del folklore napoletano che sono sopravvissute anche alla modernità: erano infatti dei finti veggenti che si prendevano una provvigione in cambio della rivelazione di numeri vincenti. Si trattava di maghi, indovini, preti, zingari, pazzi, mistici ed interpreti della complessissima numerologia della Smorfia che, dietro pagamento, fornivano la via della salvezza al disperato giocatore. Molto spesso queste persone erano caldeggiate dal proprio “protettore” che, in cambio di una provvigione, proteggeva gli affari del veggente.

Anche Luciano De Crescenzo ne parla, in modo ben più bonario, in “Così Parlò Bellavista“, nella figura del mitico Don Gaetano.

Assisito luciano de crescenzo
“le volevano comprare una bella lampadina, che la madonna non sapeva come leggere…”

Le ruote illegali del lotto

La seconda finestra nella quale la criminalità prosperava era quella del lotto illegale: la lotteria era infatti una attività soggetta al monopolio di Stato, ma sorgevano in tutto il territorio di Napoli e provincia numerosissimi banchi del lotto illegali che offrivano i propri servizi con costi nettamente inferiori rispetto al gioco ufficiale.
Tutti questi banchi erano controllati da camorristi o da affiliati alla Società, che esercitavano il “diritto di camorra” tanto sulle giocate quanto sulle vincite. Questo modo di dire che nacque nelle sale da gioco in cui si giocava la morra,

Alcuni banchi del lotto illegali accettavano gli stessi numeri estratti ufficiali, mentre invece altri provvedevano alle proprie estrazioni parallele.
Anche qui la legge era uguale per tutti: la “tassa sulla fortuna” della Camorra era di un decimo della vincita, anche se la letteratura racconta numerose storie di personaggi tormentati dalla malavita dopo laute vincite: quando il vincitore si recava dal banco lotto, era automaticamente accompagnato da un camorrista che prelevava la sua parte del premio.

Il fenomeno delle lotterie illegali, che prosperò fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, durò fino agli anni ’60. Lo Stato si impegnò infatti moltissimo nella sanzione di

-Federico Quagliuolo

Riferimenti:
Matilde Serao, Il Ventre di Napoli
Abele De Blasio, Usi e costumi dei camorristi
Cesare Lombroso, L’uomo delinquente
Ernesto Serao, Le origini della Camorra
Francesco Barbagallo, La storia della Camorra
Eugenio De Cosa, Camorra e malavita a Napoli

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