polidoro da caravaggio
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Il Museo di Capodimonte accoglie una notevole quantità di capolavori artistici e dietro a ognuno di essi si cela una storia avvincente. Polidoro da Caravaggio ci scaraventa con violenza al’interno di una scena tragica. La sua Salita al Calvario non è solo il racconto della passione di Cristo reso con pathos, ma è anche uno specchio in cui si riflette la sofferenza di un pittore profondamente tormentato.

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Caravaggio: città di illustri pittori

La città di Caravaggio può fregiarsi di aver dato origine a due importanti pittori. Senza dubbio il più celebre è Michelangelo Merisi (appunto soprannominato “Caravaggio”) che in realtà nacque a Milano, ma i cui genitori erano originari della città nell’attuale provincia di Bergamo. Ma prima di lui fu Polidoro Caldara a vedere la luce nella città che poi fu affiancata per sempre al suo primo nome.

Polidoro da Caravaggio nacque agli inizi del XVI secolo ma si formò prevalentemente a Roma nella bottega del sommo Raffaello. Collaborò alla realizzazione delle Logge Vaticane per poi dedicarsi con l’amico Maturino da Firenze alla decorazione esterna di diversi palazzi della città.

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Logge Vaticane

Il sacco di Roma del 1527 costrinse Polidoro da Caravaggio a rifugiarsi a Napoli per un breve periodo prima di spostarsi in Sicilia, in un singolare viaggio che presenta non poche somiglianze con quello che, decenni dopo, avrebbe compiuto Michelangelo Merisi. Questo continuo stato di incertezza e pericolo influenza molto il suo stato d’animo, ripercuotendosi inevitabilmente sulla sua produzione pittorica.

Il rapporto tra Polidoro da Caravaggio e Napoli è di tipo osmotico: la sua formazione raffaellesca contribuisce all’aggiornamento della pittura nel Regno di Sicilia ma al contempo la cultura partenopea, tesa al patetismo e alla drammatizzazione delle scene, influenza il modo di concepire la pittura dell’artista. A Napoli riceve meno committenze altolocate, lavorando per realtà come la Confraternita dei venditori di pesce.

“Avvenne che stando egli in Napoli, e veggendo poco stimata la sua virtù, deliberò partire da colore, che più conto tenevano d’un cavallo che saltasse: che di chi facesse con le mani le figure dipinte parer vive”

Così Vasari giustifica la partenza di Polidoro da Caravaggio da Napoli. Si trasferì quindi a Messina, dove rimase fino alla morte sopravvenuta negli anni Quaranta del ‘500. Nella città siciliana dipinge numerose opere tra le quali la Salita al Calvario. E dietro a questo dipinto ci sono interessanti storie da approfondire.

La storia della “Salita al Calvario” di Polidoro da Caravaggio

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Polidoro da Caravaggio, Salita al Calvario, 1530-4, olio su tavola, cm 310×247, Napoli, Museo di Capodimonte

Ci serviamo ancora della parole di Vasari che descrive così la Salita al Calvario di Polidoro da Caravaggio:

“…vi fece per ultimo una tavola d’un Christo, che porta la croce, lavorata a olio, di bontà, e di colorito vaghissimo. Nella quale fece un numero di figure, che accompagnano Christo alla morte, soldati, farisei, cavagli, donne, putti, e i ladroni innanzi, col tenere ferma l’intenzione, come poteva essere ordinata una Giustizia simile: che ben pareva, che la Natura si fusse sforzata a far l’ultime pruove sue in questa opera veramente eccellentissima”

L’olio su tavola fu realizzato tra il 1530 e il 1534 da Polidoro per la chiesa dell’Annunziata dei Catalani a Messina. I committenti chiesero al pittore lombardo di realizzare un’opera in tutto e per tutto simile a quella di Raffaello, suo maestro. Trattasi dello Spasimo di Sicilia dipinto tredici anni prima per la chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo e oggi conservato al Prado di Madrid.

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Raffaello, Spasimo di Sicilia, 1517, olio su tavola, cm 318×229, Madrid, Museo del Prado

Il sacerdote messinese Colagiacomo d’Alibrando pubblica nel 1534 un poemetto in ottava dedicato alla Salita al Calvario di Polidoro da Caravaggio. In questo interessante documento si narra addirittura la cerimonia del trasporto della tavola dalla bottega del pittore alla chiesa, al seguito di una folla di fedeli che richiama la turba di protagonisti che popolano lo stesso dipinto.

Analisi del dipinto

Come visto, la Salita al Calvario ha come modello di riferimento lo Spasimo di Sicilia di Raffaello. E in effetti le due opere hanno in comune la distribuzione dei protagonisti nello spazio, il punto di vista lievemente rialzato, lo sfondo e alcuni elementi geometrici che danno movimento alla composizione.

Nell’opera di Polidoro è però presente un più accentuato tono espressionistico che si percepisce nei volti caricaturali dei soggetti e nei loro gesti, che richiamano un’atmosfera nordica. È il riflesso dell’animo tormentato e inquieto di Polidoro, maturato a partire dall’abbandono di Roma. Siamo molto lontani dall’equilibrio di Raffaello, ma non per questo la Salita al Calvario deve essere sottovalutata, anzi!

Il dipinto sembra maggiormente coinvolgere lo spettatore, introducendolo nella tragica scena. Cristo è rappresentato in un momento di profonda sofferenza che lo costringe a cedere sotto il peso opprimente della croce. Tutto intorno si distribuiscono i personaggi: la Vergine che sviene dal dolore, Maria Maddalena orante, i cavalli dei soldati, gli aguzzini e curiosi che si arrampicano fin sopra gli alberi per assistere alla scena.

Polidoro da Caravaggio: un inquieto al servizio dell’arte

L’analisi condotta dal Museo di Capodimonte sulla Salita al Calvario di Polidoro ha fatto emergere una serie di studi, ripensamenti e correzioni del dipinto che prima erano nascosti dallo strato pittorico superficiale. Sono la prova di un animo turbato, complesso e sfaccettato.

Questa aspetto è riscontrabile anche in un altro dipinto dello stesso soggetto, conservato anch’esso a Capodimonte ma molto più piccolo e meno rifinito. È uno studio preliminare della grande tavola, così come lo sono altri due oli su tavola: uno ai Musei Vaticani e uno alla National Gallery di Londra.

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Polidoro da Caravaggio, Andata al Calvario, olio su tavola, cm 71×54, Napoli, Museo di Capodimonte

La Salita al Calvario giunge nella collezione del Museo di Capodimonte per opera di Ferdinando di Borbone il quale, dopo il terremoto di Messina del 1783, lo colloca nel 1788 nella sua reggia. E da quel momento in poi è possibile ammirare in tutta la sua tragicità un capolavoro che offre sempre nuovi spunti di riflessione.

Fonti

  • P. De Vecchi – E. Cerchiari, Arte nel tempo. Dalla crisi della Maniera al Rococò, Bompiani, 2004.
  • Corriere della Sera, I capolavori dell’arteMusei del mondo. Museo di Capodimonte, 2016.
  • G. Vasari, Vite de’ piu’ eccellenti pittori, scultori e architetti, Società tipografica de’ classici italiani, Milano 1811.
  • A. Cerasuolo, L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… l’Andata al Calvario di Polidoro da Caravaggio, pubblicato su museocapodimonte.beniculturali.it, 9 maggio 2020.

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